24 giugno 2021

Lo spiaggione sul Po, il mare dei poveri di sessant'anni fa. Ora che è balneabile perché non pensarci come fanno a Mantova?

C’era una volta il Po, il mare dei poveri, dove si faceva il bagno senza pensarci tanto. Non sappiamo se le sue acque erano meno inquinate rispetto ad oggi, perché a cavallo degli anni 50 e 70, quando il fiume diventò per migliaia di cremonesi l’unica vacanza, di depuratori ancora non si parlava. La famosa foto di Giuseppe Faliva, con la selva di biciclette rigorosamente allineate all’ombra dei pioppi al riparo dalla calura estiva, è l’emblema di quel periodo. Quando si andava a prendere il sole e fare il bagno nella lanca de Lissandroon, appena oltre le Colonie Padane e lungo lo spiaggione che, sulla sponda cremonese, giungeva fino alla Capannina. La lanca prendeva il nome dalla trattoria che si trovava sulla strada sterrata (oggi Lungo Po Europa) gestita da Lisandeer, detto Lissandroon per via della stazza. Era un uomo del Po, rude come lo era la razza dei ghiaiaioli e dei barcaioli. C’era un amico che lo aiutava nel disbrigo delle faccende dell’osteria, si chiamava Callisto e in sella al suo Galletto andava e veniva dalla città per fare spese. All'ombra delle piante, ad  una certa ora, si faceva merenda. Pane e salame, un bicchiere di vino bianco, oppure la classica gassosa nella bottiglietta di vetro. Al pomeriggio si faceva il bagno nella lanca, in acque non proprio limpide ma fresche. Negli anni successivi lo spiaggione alla fine del pennello delle ex Colonie Padane divenne la meta estiva dei cremonesi. La lunga striscia bianca, che quando il Po era basso arrivava sino a Brancere, al pomeriggio si affollava di gente, che lì poteva arrivare solo in bicicletta. All'inizio bastavano solo un salviettone e un costume di ricambio, poi arrivarono gli obrelloni e sulla sponda piacentina quei curiosi teli a righe simili a vele attaccate ad un bastone rotante su un unico palo e qualche lettino sdraio. Non c'erano creme abbronzanti o contro le scottature da sole, si coprivano le parti più a rischio con fazzoletti o asciugamani. Il bagno si faceva subito dopo la punta del pennello. Prima in acque libere, poi per decreto comunale venne allestito un ring (proprio come quelli del pugilato) dal quale non si poteva uscire. A far rispettare il divieto bagnini dotati di fischietto. Oltre la corrente, con i suoi mulinelli, c'era pericolo.

Erano gli anni del Po da vacanza, con intere famiglie a riversarsi in quel tratto di fiume vicino alla città sino a che il sole non scompariva dietro le piante della sponda piacentina. C’era anche una grande zattera ancorata lungo la sponda destra del pennello, chiamata ”Sirenella", con  un bar, i bagni e qualche cabina per cambiarsi il costume. Venne spazzata via da una piena del fiume, sbriciolata dalla violenza delle acque. In spiaggia l'unico servizio bar era invece fornito da Livrin, che gestiva la struttura prima dell'inizio del pennello. Arrivava con un carrettino di legno e vendeva granite di vari gusti. Il ghiaccio era tagliato grosso con una macchina di ferro a pressione, il succo di frutta che veniva versato da una bottiglia con un beccuccio sul tappo a malapena colorava il contenuto del bicchierone di carta. Lo spiaggione di Cremona ad un certo momento passò di moda, come tutte le cose. E la gente si riversò sulla sponda piacentina, al Ponticello, sulla spiaggia che si affacciava sulla sponda opposta alla Mac, dove i servizi erano più efficienti, si potevano noleggiare sdraio e ombrelloni, c'erano le docce, un altoparlante diffondeva musica sulla spiaggia. Le canzoni degli anni Settanta facevano da sottofondo alla giornata fatta di sole, divertimento e bagni. Anche lì venne realizzato un ring per evitare che la gente si avventurasse sino in mezzo al fiume. Chi usciva con la barca dalle nostre Canottieri risaliva il fiume sino a Po Nuovo, quello creato dalla alluvione del 1951, si tuffava in acqua nella zona del Manola a Spinadesco. In effetti quel tratto di fiume si presentava più limpido e trasparente. Adesso che le sue acque sono tornate balneabili speriamo che il nostro fiume diventi ancora il mare dei poveri. Per farlo ci vorrebbe un impegno degli Enti Locali, dei privati e di chi pensa che anche a Cremona potrebbe nascere un turismo fluviale. A Mantova lo hanno fatto: il sindaco del comune virgiliano ha raggiunto un accordo con la Regione per la balneabilità dei laghi con un progetto da 18,6 milioni ed entro il 2023 coronerà un sogno cullato per 50 anni.


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