Luca Fanfoni, violinista al Filo, riscopre D'Alay, il virtuoso che fece fortuna con uno Stradivari
Mauro D’Alay, oggi pressoché dimenticato da tutti, fu uno dei musicisti più famosi del suo tempo. Apprezzato da Antonio Vivaldi, amico di Farinelli, il celebre cantante castrato, amante della “Callas” dell’epoca, la mezzosoprano italiano Faustina Bordoni. Ma D’Alay, nato a Parma attorio al 1687, deve la sua fortuna soprattutto al violino costruito da Antonio Stradivari che lo accompagnò da una corte all’altra, da Londra alla Germania e alla Spagna, dove dal 1739 al 1747, fu “primer violin de Camara de sua Majestad” di re Filippo V. Ora, a rinverdirne i fasti, è un altro violinista parmigiano, Luca Fanfoni, insegnante di violino alla scuola del Filo di Cremona. Insieme a tutta la sua famiglia, con alcuni altri musicisti, durante il primo lockdown ha studiato il repertorio di D’Alay dando alla luce per l’etichetta Dynamic un doppio cd con i 12 Concerti per violino op.1 recuperando gli spartiti, pubblicati ad Amsterdam nel 1725, nella biblioteca del Conservatorio di Venezia, dove ne esiste una copia. L’ensemble degli esecutori è composto da Luca Fanfoni e Daniele Fanfoni (violini solisti), Antonella Tanetti (primo violino, insegnante, come Luca, ai corsi del Filo), Dimitri Sillato (secondo violino), Benedetta Fanfoni (viola), Massimiliano Fanfoni (violoncello), Angelo Antonino Aliberti (organo), Camilla Famfoni (tamburo francese).
Tutto è nato da un’esecuzione dal vivo di David Garrett con il violino “San Lorenzo” costruito da Stradivari nel 1718. “Ho così scoperto che questo strumento, ora di proprietà di un’associazione giapponese, fu probabilmente commissionato a Stradivari da Elisabetta Farnese, principessa di Parma e Piacenza, come regalo di nozze per Mauro D’Alay, che era il suo violinista preferito - racconta Luca Fanfoni alla Gazzetta di Parma - A Parma la carriera del ‘Maurini’ (così veniva chiamato)ebbe inizio nelle cerimonie che si tenevano nella Cattedrale e nella Basilica di Santa Maria della Steccata. Quando Elisabetta andò in sposa a Filippo V, D’Ala la seguì a Madrid”. “Si tratta di musica particolare - spiega Fanfoni - che ha solide basi nello stile settecentesco italiano, ma che non si può definire proprio vivaldiana. Si potrebbe dire, in un certo senso, che il suo stile è prettamente parmigiano, e che è il punto di partenza di un percorso che arriva ad Alessandro Rolla e a Niccolò Paganini. Questi concerti si caratterizzano per il timbro (D’Alay indica di usare l’organo anziché il clavicembalo), per una scrittura severa nei primi movimenti, per magnifici e lunghi adagi, per alcuni richiami allo stile francese, per l’introduzione di assoli in cui il violino è lasciato completamente senza accompagnamento. Il suo è un virtuosismo calcolato e ben calibrato sullo Stradivari che suonava”.
Quando D’Alay morì a Parma nel 1757 il suo violino fu venduto ad una famiglia parmigiana ed in seguito fu suonato da Giovanni Battista Diotti.
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