1 dicembre 2022

Monsignor Frisina in seminario per il convegno con gli animatori liturgici. Oltre duecento persone presenti

Oltre duecento persone, nel pomeriggio di giovedì 30 novembre, hanno riempito l’Auditorium Bonomelli del Seminario vescovile di Cremona per l’ultima delle quattro assemblee diocesane, dedicata agli animatori del canto e della liturgia. L’incontro intitolato “Continuiamo a stupirci per la bellezza della liturgia!”, ha posto al centro della riflessione le attuali urgenze della pastorale liturgica alla luce della lettere Desiderio desideravi di Papa Francesco. Ad introdurre la serata è stato il vescovo Antonio Napolioni, con un momento di preghiera e una riflessione che ha introdotto la relazione tenuta dal compositore e biblista mons. Marco Frisina, ospite della serata.

«Tutti hanno detto che è stata una bellissima celebrazione, perché si è percepito un popolo in preghiera – ha detto il vescovo Napolioni nell’introduzione, riferendosi all’animazione liturgica della Dedicazione del nuovo altare della Cattedrale, avvenuta lo scorso 6 novembre –, si è percepito un popolo in cammino di unità, un popolo umile e fiero nello stesso tempo». «Condivido con voi quella gioia, quella grazia, che ci è stata data dentro periodi difficili, dopo anni duri, con tutte le nostre preoccupazioni, che in una serata come questa ci fa capire il bisogno di orientarci insieme».

«Quello della liturgia è un mistero d’amore, che non dipende da noi, ma che ci viene offerto da Dio stesso». Ha quindi preso la parola mons. Frisina, che ha così proseguito: «Il Vangelo è bellissimo. Quando Marco racconta la guarigione dei malati, racconta di Gesù assalito da queste persone». Racconta di una frenesia, una smania nel voler toccare quel corpo che salva, quel corpo di Gesù che «porta in sé la potenza di Dio creatore». E poi c’è il Vangelo di Giovanni, che dice “Chi non mastica il mio corpo e non beve il mio sangue, non avrà la vita eterna”. «Gesù vuole dirci che solo entrando in relazione con lui attraverso l’Eucaristia, possiamo ottenere la vita eterna – ha spiegato Frisina –. E l’Eucaristia è il culmine dell’esperienza cristiana e della nostra preghiera». L’Eucaristia deriva da un sacrificio, da questa parola che significa proprio “rendere sacro”. Da questa sacralità arriva dunque il monito del biblista: «La liturgia non è un rito, ma un mistero che noi viviamo. Il motivo per cui viviamo questa relazione con Dio è perché Gesù si è fatto cibo per noi».

Una liturgia che dunque va animata, esaltata, cantata. Ma cosa significa cantare durante la liturgia? «La musica non ha bisogno di traduzioni, è diretta. La musica dice più delle parole», ha detto Frisina. Il canto è un segno d’amore, anche dell’amore per Dio: «L’essere umano quando ama è felice, fiorisce – ha proseguito –. Il canto e la musica esprimono tutto questo». «Quando noi cantiamo durante la liturgia, diamo sfogo a questo incontro d’amore. È un diritto, ma anche un dovere, per ogni battezzato, cantare il proprio amore per Dio».

Dopo un discorso generale, mons. Frisina si è poi rivolto, nello specifico, ai cori, ai cantori, ai responsabili e agli animatori della liturgia. «Il canto non è un abbellimento, ma una parte integrante della liturgia. Senza canto, mancherebbe quell’anima vibrante. Ma per fare tutto ciò bisogna formarsi, prepararsi, studiare. Un responsabile deve essere formato, perché poi possa a sua volta, in parrocchia, formare  i cantori». Una formazione musicale, dunque, ma anche liturgica e spirituale.

Un ulteriore appello ha riguardato i criteri per la scelta dei canti: «Non basta la piacevolezza del canto – ha spiegato Frisina –. Ci deve essere una finalità di lode. Il canto non è intrattenimento». E i criteri per la corretta scelta ed esecuzione dei canti arrivano dalle origini del Canto gregoriano. Innanzitutto l’utilizzo esclusivo di testi biblici o di liturgia e teologia spirituale; tutti gli elementi della liturgia, poi, vanno messi in musica: il canto accompagna la processione, e quando essa finisce, anche il canto si conclude; un altro aspetto fondamentale è il valore della melodia, che «orienta la persona che canta e quella che ascolta verso una direzione, donando emotività alla liturgia»; infine l’aspetto dell’eseguibilità, poiché «il canto deve essere facile da eseguire, deve aiutare l’assemblea nella preghiera».

Ma tutti questi elementi vanno trasmessi e insegnati. La necessità di arricchire e perfezionare il proprio repertorio è infatti da accompagnare – ha proseguito il biblista – «con strategia, senza voler tutto e subito, trasmettendo al popolo di Dio la voglia di cantare». Sarebbe opportuno, secondo il relatore, imparare un nuovo canto ogni anno, ripassando costantemente quelli imparati negli anni precedenti. Un ulteriore mezzo per arricchire i repertori dei cori parrocchiali potrebbe essere la creazione e l’utilizzo di un coro diocesano: «I membri, appartenenti a diverse parrocchie, quando imparano un canto, lo trasmettono poi per osmosi nelle loro parrocchie».

Infine l’augurio di mons. Frisina: «Siamo in Avvento, un tempo bellissimo in cui imparare a cantare col cuore e con l’anima. È il tempo delle profezie, di Giovanni Battista, e arriveremo a Natale a cantare davanti al presepe. Vi auguro di cantare sempre più con il cuore, perché la gente se ne accorgerà e avrà voglia di cantare con voi». Ha così chiuso la sua relazione: «La liturgia è di tutti. C’è spazio per le diversità. Si può dare spazio a tutto, a tutti gli strumenti, ma con un’armonizzazione generale, secondo i criteri e i canoni decisi, per una liturgia varia e bella».

L’incontro si è concluso, dopo la cena, con i lavori di gruppo che hanno coinvolto direttamente tutti i partecipanti in un momento di condivisione e confronto, per dare concretezza e una direzione a quanto emerso dall’assemblea.


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