Negli ultimi dieci anni a Cremona 123 esercizi chiusi nel decennio. Soffre sia centro storico (-30%) che periferia (-24%). Badioni: “Troppi spazi dal Comune alla grande distribuzione"
L’Osservatorio sulla demografia d’impresa nelle città italiane è un’analisi dell'Ufficio Studi di Confcommercio sui cambiamenti del commercio e delle imprese nelle città italiane negli ultimi dieci anni, con particolare riguardo ai centri storici.
L'analisi riporta i dati aggiornati sull'evoluzione commerciale nelle città dal 2012 ad oggi e riguarda i dati dei 120 comuni medio grandi italiani (regione per regione), di cui 110 capoluoghi di provincia.
Tra il 2012 e il 2023, in Italia, sono spariti oltre 111mila negozi al dettaglio e 24mila attività di commercio ambulante; sono cresciute solo le attività di alloggio e ristorazione (+9.800).
Secondo la rilevazione dall'Ufficio Studi di Confcommercio, realizzata, in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne, nei centri storici chiudono più negozi che nelle periferie, si riducono le attività tradizionali e aumentano i servizi:
I DATI NAZIONALI: Centri storici 2012-2023
Carburanti -40,7%
Libri e giocattoli -35,8%
Mobili, ferramenta -33,9%
Abbigliamento -25,5%
Alloggio +42%
Farmacie +12,4%
Computer-telefonia +11,8%
Ristorazione +2,3%
Il preoccupante calo delle attività di commercio al dettaglio nei centri storici riguarda anche la città di Cremona dove le imprese di commercio al dettaglio sono passate dalle 404 del 2012 alle 281 del giugno 2023. (-30%)
Il calo delle imprese riguarda anche le attività al di fuori del centro storico ma in percentuale minore. Anche nella nostra città fanno eccezione solo ristorazione e ITC che segnano percentuali positive.
Nel decennio il settore food e somministrazione bevande è in generale cresciuto dell'1% in città e ha perso 9 punti percentuali nelle periferie. Nel dettaglio a soffrire sono i bar che in centro storico sono il 16% in meno, e in periferia ben 32% in meno. A riportare l'ago della bilancia al centro c'è il boom della ristorazione con un 26% in più di esercizi in centro storico e un 22% in più in periferia.
Commento di ANDREA BADIONI (Confcommercio Provincia di Cremona)
"E’ un quadro estremamente preoccupante. Nel corso dell’ultimo decennio, l’amministrazione ha investito molto sul concedere spazi di media e grande distribuzione e pochissimo o nulla su progettualità per il commercio di vicinato. Da un lato abbiamo un serbatoio di media e grande distribuzione che si riempie, dall’altro il serbatoio di commercio di vicinato che si svuota, e non c’è, ad oggi, un progetto di rilancio del commercio di vicinato. Siamo spesso stati tranchant sulle licenze alla media e grande distribuzione semplicemente perché, di contro, non c’è un progetto equo per il commercio locale. Non servono soldi per il commercio locale ma servono idee e progetti che devono essere sviluppati in sinergia tra tutti i soggetti coinvolti dal problema. Uno dei grandi “errori”, ad esempio, è l’abbandono della nostra città: il non valorizzare il nostro meraviglioso salotto cittadino. Si è preferito investire sul nuovo e all’esterno della città dimenticando le potenzialità e le bellezze del nostro centro. Auspico che gli amministratori prendano coscienza di questo problema e si possa progettare tutti assieme, ascoltandoci a vicenda, un reale progetto di rilancio del commercio locale: dal piano parcheggi ad una adeguata manutenzione del centro cittadino sino ad iniziative concrete per favorire l’insediamento, il passaggio generazionale e l’apertura di nuove realtà commerciali. Le sinergie possono essere molte ma vanno sviluppate e concretizzate con celerità per evitare un ulteriore peggioramento."
Commento di Eugenio Marchesi (Presidente di Botteghe del Centro – Confcommercio Provincia di Cremona)
"Contrastare il fenomeno della desertificazione commerciale deve essere uno degli obiettivi su cui investire immediatamente per salvare il futuro delle nostre città. Il trend negativo è in atto da qualche anno e peggiora sempre di più: occorre uno sforzo comune per riqualificare e rigenerare i centri urbani e sostenere le economie di prossimità. C'è anche l'aspetto di un mercato che cambia, sicuramente internet sta cambiando le abitudini dei consumatori e alcuni articoli non si cercano più nei negozi, per cui le attività dovrebbero sempre più specializzarsi. I commercianti delle Botteghe del Centro, attraverso numerose iniziative e progetti di promozione del commercio cittadino, sono costantemente in prima linea compiendo uno sforzo corale per tutelare, promuovere e sostenere il settore, non solo come imprenditori ma anche come cittadini. Un commercio vivo e presente è veicolo di benessere economico, moltiplicatore di opportunità di lavoro ma anche di relazioni di prossimità che alleviano la tensione sociale e generano senso di sicurezza e accoglienza. "
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commenti
Manuel
8 febbraio 2024 12:12
Ooh, finalmente! I dati forniti dall’ufficio studi di Confcommercio, non fanno che confermare ciò che sospettavo da molto tempo (e non bisognava essere geni): la situazione commerciale delle città italiane si conforma a tutte le latitudini e longitudini. Mancano i dati sulla piccola distribuzione alimentare, artigianale e commerciale (trasformatori, pizzicagnoli e generici), altrimenti sarebbe ancora più vistosa la contrazione. Mi piacerebbe conoscere l’evoluzione dei dati per gli ultimi quarant’anni.
Ergo: la classe politica tutta ha lavorato per trasformare il modello di società! Si poteva fermare l’avanzata della grande distribuzione? Secondo me, no. Si potevano adottare misure, studi per assorbire meglio il cambiamento? Probabilmente sì. L’eccitazione per i soldi offerti dalle urbanizzazioni (e le stecche?) ha velocemente dissipato dubbi e strettoie burocratiche.
Da un certo punto di vista ne ha guadagnato il cittadino comune, che ha potuto arrabattarsi nonostante il continuo svilimento il potere di acquisto.
In più c’è l’eterno problema delle tasse, che in Italia nessuno vuol pagare, ma che alla fine qualcuno dovrà elargire (il doppio) anche per i riluttanti.
Insomma, tra maghi della finanza, dell’economia, tra categorie che devono mantenere alto il livello di competitività, uomini straordinari che scendono in campo per salvare il Paese e far tutti ricchi, ci siamo trovati “che e pezze ar culo“ (come si dice nella capitale).
La mentalità italica cambierà a breve? Speriamo, ma la vedo difficile.
Si griderà “Armiamoci!”, ma io, annuendo, suggerirò “partite prima voi, che poi arrivo!”.
PS: a proposito degli agricoltori in piazza, che hanno torti e ragioni e che da mo’ sono stati sacrificati (in primis dai loro rappresentanti e dai politici più ammiccanti), quel poco denaro che riusciranno a recuperare, verrà tolto ad altre categorie e settori o forse (sarebbe meglio) all’Ucraina, ma se non verranno accompagnati verso una rivoluzione organizzativa, tante di quelle aziende soccomberanno sotto una montagna di debiti... che qualcuno ha consigliato di contrarre.
Guido
8 febbraio 2024 16:39
Se si costruiscono dei grossi centri commerciali oppure dei supermercati dove ti vende dalla frutta ai pantaloni oppure il mobile per la cucina va bene così. Nella mia città ci sono anche 2 mega supermercati uno di fronte all'altro.