Quindici anni fa se ne andava Erminio Favalli, il più grigiorosso, il più innamorato della Cremonese
Il 18 aprile 2008, quindici anni fa, se ne andava Erminio Favalli e il vuoto che ha lasciato ancora si fa sentire in chi ama i colori grigiorossi. Era morto di venerdì, proprio quando comincia ad andare in circolo l’adrenalina della partita della domenica. E quella di Foligno era una partita davvero importante. Erminio l’aspettava con ansia. Era una partita decisiva per riportare su, in serie B, quella sua Cremonese per la quale aveva tanto gioito durante i trionfi ma anche pianto per quei cinque anni inspiegabilmente lontano dallo Zini. Della Cremonese era il primo tifoso, il più innamorato. I grigiorossi entravano in tutti i suoi discorsi, nelle sue telefonate, nei suoi ragionamenti.
Per ricordare ai più giovanni chi fosse Erminio e la sua importanza per chi tifa grgiorosso, ecco la lettera che quel giorno scrissero i suoi calciatori partendo da una vecchia canzone di Adriano Celentano che Erminio amava molto:
“Ciao ragazzi ciao, forse, ne avessi avuto l'occasione, ci avresti salutato così, cantando. Il nostro grazie è soprattutto per l'esempio che ci lasci nell'approccio alla vita. In particolare per quei momenti di maggiore tensione che sapevi esorcizzare entrando nello spogliatoio ballando, tra le facce incredule di tutti, strappando inevitabilmente forti risate. E questo riuscivi a farlo nonostante, come le chiameresti tu, delle "turbolenze" personali. Una persona unica nel nostro mondo, sicuramente fuori dagli schemi, priva di formalismi e incurante di esibire un'immagine di facciata. Porteremo con noi i tuoi modi di dire, le tue metafore con le quali amavi risolvere i problemi, la tua immensa disponibilità. Ognuno di noi si è rivolto a te almeno una volta per risolvere un problema.
E' facile capire quanto fossi apprezzato, a chi parlava di te nasceva un sorriso spontaneo e un ricordo simpatico, del resto è inevitabile per chi come te è stato sempre se stesso, dal Presidente all'ultimo tifoso.
La tua dedizione alla causa ci spingerà a lottare fino all'ultimo per regalarti un'ultima gioia, e regalarla soprattutto a quella parte del mondo del calcio a cui tu hai dato più importanza: la gente, i tifosi (e come diresti tu "per i colori grigiorossi").
Un abbraccio dalla tua squadra
E il giornalista Paolo Loda, allora prima firma della Cremonese su "La Cronaca" e attuale addetto stampa della società grgiorossa, aveva aggiunto commosso queste parole a quelle dei calciatori:
"Ci hanno preso ancora una volta i tuoi ragazzi, Erminio. Quella colonna sonora sembra scritta proprio da te. “Perché non ridete più, ora son qui con voi”. E giù a fischiettare “Ciao ragazzi ciao”. A noi lascia solo lo spazio per qualche lacrima, è l’unica testimonianza d’affetto che possiamo offrire in palmo di mano ai tuoi familiari, colpiti a tradimento dal dolore. Il tuo ricordo appartiene a loro, per intero. Noi ci consoliamo andando a caccia delle tue frasi celebri che oggi si negano ad una memoria ghigliottinata dallo sconcerto. Ci sono invece le immagini, molte e disposte in modo confuso. C’è il Favalli che fissa la Cremo senz’anima di Novara con un volto cupo che forse sta guardando altrove. E quello tirato a lucido nel giorno della svolta, il primo dell’era Arvedi. C’è l’Erminio in versione nonno che corre a festeggiare Alessandro, il terzo nipotino e il direttore sportivo che si aggira indaffa- rato nei giorni torridi del calciomercato con la lista della spesa stretta in pugno e la clessidra del tempo a farsi corta come un mozzicone. C’è soprattutto l’immagine dell’uomo che afferra il telefono dopo aver letto una sua intervista, l’ultima rilasciata a questo quotidiano, alla fine di gennaio, per dire: “Grazie”. Uno stile di vita racchiuso in sei lettere. Quel senso di gratitudine che adesso invade la nostra testa in perenne ritardo. Grazie Erminio, punto di riferimento insostituibile per chi scrive di Cremonese. E che lo faccia da un giorno piuttosto che da una vita non ha mai fatto differenza ai tuoi occhi. Contano, piuttosto, l’intensità della remata e la direzione, che deve essere la stessa per tutti, perché una volta salpata, la scialuppa grigiorossa a bordo non ammette più distinzioni fra ammiraglio e mozzo. A distinguerti dall’uomo qualunque era questo senso della realtà, intriso di umiltà e passione per la Cremo. Genuina. Ci mancheranno le metafore con le quali dribblavi il piattume del calcio moderno, i racconti acrobatici dove mandavi in gol Dezotti e Chiorri, gli aneddoti che sembravano usciti dalla penna di Soriano con arbitri sempre troppo simili al figlio di Butch Cassidy e portieri allampanati come el Gato Diaz. Meglio fermarsi qui, Erminio, perché il rischio di confondere il calore del ricordo con due pen- nellate di melassa infilate nel barattolo della retorica è troppo forte. Ripenseremo in silenzio alle tue parole, ultimo rifugio dei romantici del pallone. Fischiettando “Ciao Erminio ciao”.
Paolo Loda
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