Ricorre quest'anno il 600esimo anniversario dalla morte di Cabrino Fondulo, signore di Cremona. Seconda la leggenda riecheggiano ancora oggi le grida delle sue vittime nel maniero di Maccastorna
Seicento anni fa moriva, decapitato nella piazza dei Mercanti di Milano, il celebre condottiero di ventura Cabrino Fondulo, uomo d’arme e capitano al servizio dei Visconti. Conte di Soncino e marchese di Castelleone, fu Signore di Cremona, Soresina, Robecco d’Oglio, Piadena, San Giovanni in Croce, Castelnuovo Bocca d’Adda, Maccastorna, Fidenza, Pizzighettone, Casalmaggiore, Castelleone e Gabbioneta.
Nacque a Soncino il 28 matzo 1370 da Venturino ed Agnese Covo; rampollo di una famiglia di tradizione guerriera appartenente alla piccola nobiltà di Soncino, dopo la morte di Gian Galeazzo Visconti e gli sconvolgimenti che segnarono il ducato di Milano, passò sotto la bandiera di Ugolino e Carlo Cavalcabò che sostenne nella loro ascesa alla signoria di Cremona guadagnandone fiducia incondizionata. Fiducia che fu mal riposta. Infatti dopo avere assassinato Carlo Cavalcabò a tradimento durante un banchetto nel castello lodigiano di Maccastorna, occupò Cremona diventandone signore e reggendola dal 1406 al 1420 quando, accerchiato dalle truppe di Filippo Maria Visconti, fu costretto a cedere la città per denaro e a ritirarsi nel piccolo feudo di Castelleone.
Dopo cinque anni però, sospettato di tramare contro il duca, fu arrestato con l’inganno dall’amico Oldrado Lampugnano, accusato di tradimento e condannato a morte. A Castelleone fu accolto come un imperatore e da marchese plenipotenziario fortificò il borgo, rinforzò ed alzò le mura, costruì casematte, baluardi, strade sotterranee, sistemò i fossati, ampliò i ponti stradali e quelli levatoi per facilitare il transito dei carri ed edificò un maestoso castello punteggiato da una fungaia di torri.
Fece anche fondere un concerto di nuove campane e approntò una sua zecca per battere moneta: per produrre denaro utilizzò metallo spurio sul quale era stampata la frase: “Cabrino Fondulo Marchese e Signore 1420-1424”. In quegli anni Castelleone diventò una piccola signoria perché Fondulo richiamava, nel suo immenso palazzo (che occupava un quarto di Castelleone), artisti e mercanti di fama. Nel 1423, due anni prima della sua morte, fece affrescare la camera della sua seconda moglie, la marchesa Pomina Gavazzi della Somaglia da Onorata Rodiani, pittrice cremonese nel suo palazzo castelleonese (poi divenuto Vertua Galeotti).
Fu nel maggio 1424 che per Cabrino Fondulo le cose inziarono a mettersi male; infatti il duca di Milano, Filippo Maria Visconti, per il timore che potesse allearsi con Cremona e sferrargli un attacco, gli tese un’imboscata facendolo catturare, portandolo prima ad Annicco con la moglie Pomina ed i figli, per poi rinchiuderlo nelle segrete delle galere di Pavia. Nel il 1425, Cabrimo Fondulo fu trasportato su un carro a Milano e decapitato nella piazza dei Mercanti in data 12 febbraio. Lo storico condottiero, che avviò anche i lavori di costruzione della magnifica Villa Medici del Vascello di San Giovanni in Croce trova, nell’imponente castello lodigiano di Maccastorna, una delle testimonianze che maggiormente lo ricordano, a causa di una storia profondamente intrisa di sangue.
Il castello, conosciuto anche col nome di Belpavone, fu edificato a pianta quadrangolare ma irregolare nel XIII secolo dai ghibellini cacciati da Cremona in prossimità della riva destra dell'Adda. Nel 1371 venne acquisito dalla nobile famiglia Vismara da Gian Galeazzo Visconti signore di Milano che nel 1385 lo regalò, assieme al feudo, a Guglielmo Bevilacqua in segno di riconoscimento dell'aiuto per essersi sbarazzato di Bernabò Visconti. Nel XV secolo la struttura, assieme al feudo di Maccastorna, passò proprio nelle mani di Cabrino Fondulo, condottiero al servizio dei cremonesi Cavalcabò, signori di Cremona.
Costui si stabilì nel maniero (dove per altro morì la sua prima moglie, Giustina Rossi di Parma, sembra per una violenta forma febbrile) ed apportò importanti modifiche edificando le mura di cinta, il fossato con il suo ponte levatoio e le prigioni. Il 24 luglio 1406 diede ospitalità nel castello a Carlo Cavalcabò, cugino di Ugolino Cavalcabò e signore di Cremona, al suo seguito di ritorno da Milano dopo una visita ai Visconti. Cabrino Fondulo, aiutato dai suoi sgherri, dopo la cena sgozzò gli ospiti e ne buttò i corpi nel pozzo delle taglie. Da allora si narra che nelle sale del castello riecheggino ancora le grida dei morti e, in particolare, le leggenda vuole che l’imponente maniero sia abitato da settanta fantasmi che vagano senza pace.
Sempre secondo l’affascinante leggenda si dice che nella notte della strage il castello si animerebbe con urla, porte che sbattono, colpi, rumori di spade. Una figura importante, quella del Fondulo, che a seicento anni dalla drammatica morte, avvenuta appunto per decapitazione a Milano, merita di essere ricordato in quelle terre di cui, nel bene e nel male, ha fatto la storia.
Eremita del Po
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti