Villa Obizza è irrimediabilmente perduta: la facciata della sontuosa costruzione sita a Bottaiano, nel Comune di Ricengo e residenza di campagna della famiglia Obizzi, è crollata alla fine del 2019. Nell’inverno del 1988, a causa del maltempo, il tetto crollò rovinando il timpano e il salone principale. Poi è stato un degrado continuo e una sconfitta per chi credeva nel suo recupero. Restano purtroppo i ricordi, i rimpianti e un cumulo di macerie.
Il crollo della facciata della splendida Villa Obizza di Bottaiano di Ricengo avvenuto il 12 dicembre 2019 che ha determinato l’impossibilità di recuperare quel caratteristico esempio di villa veneta in Lombardia (non dimentichiamo che la famiglia Obizzi era originaria del padovano e s’era stabilita nel cremasco durante la dominazione veneta) mi porta a ricordare la figura di colui che fu l’ultimo discendente della famiglia Monticelli Obizzi, il marchese Luigi, “il più forte marchese del mondo”, come lo di definiva la stampa sportiva agli inizi del secolo scorso, personaggio affascinante e conosciuto non solo nel mondo dell’atletica pesante.
L’atletica pesante in genere, ed il sollevamento pesi in particolare, non hanno mai avuto grande diffusione nell’ambito del territorio cremonese, se non verso la fine del XIX secolo, quando l’attività sportiva era ancora abbastanza limitata e ridotta a poche discipline e proprio il nostro personaggio ne fu protagonista al massimo livello. Imperavano scherma e ginnastica, si affacciava l’atletica leggera, soprattutto la corsa, e stava trovando nuovi adepti il ciclismo. Erano tempi in cui
“Ginnastica” era quasi sinonimo di “sport”: comprendeva, in pratica, tutte le altre discipline che da essa provenivano ed alle quali forniva i principi dell’allenamento, della preparazione: la lotta e il sollevamento pesi, che ancora non erano stati codificati ne facevano parte integrante.
La pesistica era conosciuta e considerata quasi esclusivamente come mezzo attraverso il quale aumentare la forza e la resistenza, tonificare la muscolatura in vista della pratica di altre e differenti discipline. Come tale era nota e considerata sin dall’antichità. La praticarono specialmente greci ed ebrei che la diffusero poi tra i romani.
Solo a fine Ottocento, si cominciò a considerare il sollevamento pesi in modo diverso e autonomo, agonistico nel vero senso della parola.
Questa tendenza s’era sviluppata soprattutto in Francia grazie ad un certo Hyppolite Fryat, un apostolo dell’educazione fisica e vero e proprio pioniere di molti sport. Fu il primo, nel 1839, a farsi costruire un pesante manubrio (84 Kg.) che risultò poi essere difettoso in quanto una delle due sfere pesava ben sette chili più dell’altra ed era quindi assai difficile, se non impossibile, da usare in modo adeguato. Era l’unico al mondo, a quanto pare, in grado di sollevare quell'arnese con un solo braccio.
Tutto questo, come sempre avveniva, fu naturalmente contestato da inglesi (soprattutto!) russi, tedeschi e austriaci che si attribuirono lo stesso primato, il che dimostra, ad onor del vero, che la pesistica si stava diffondendo in tutta Europa.
Il primo grande club fu il Wiener Atheleten di Vienna, un ambiente assolutamente esclusivo i cui membri, stregati dalle prestazioni degli atleti di una formazione di sollevatori francesi in tournée nella capitale austriaca, decisero di dedicarsi in modo esclusivo a questa disciplina fondando quello che sarebbe poi diventato il famoso Ester Wiener Athleten Club. Era il 1880.
In Italia non erano mancati i cultori che si erano dedicati alla disciplina, ma i confini erano rimasti a lungo indefiniti, molto vicini a quelli di una certa pratica circense, al punto che i più bravi e fantasiosi avevano finito per trasformarsi in veri e propri professionisti che si esibivano nei più noti circhi equestri. Sollevavano di tutto, dalle locomotive agli elefanti, a gruppi di persone ingannando spesso gli spettatori con l’uso di bilancieri praticamente vuoti.
A porre le prime regole e a trasformare la pesistica in uno sport vero e proprio, fu proprio il Marchese Luigi Monticelli Obizzi quando, nel 1890, creò il Club Atletico Milanese, il primo in Italia esclusivamente dedito al sollevamento pesi. Contemporaneamente, in Germania, già si organizzava il primo campionato nazionale.
Bussava alle porte la prima Olimpiade moderna e l’entusiasmo era grande. Il Club Atletico Milanese (la prima sede si trovava in Via Maddalena) fu subito la più rinomata società pesistica italiana. Non esisteva ancora una Federazione e allora Monticelli Obizzi iscrisse il suo club a quella tedesca, la DeutscheAthleten Verband.
Il Marchese stesso scriveva, vent’anni più tardi: “In quell’ambiente di amici era esiliata la musoneria o l’esagerata emulazione che in gran parte inquina oggi le associazioni atletiche o sportive d’ogni genere. Si facevano gli esercizi di alzata quasi in famiglia, mettendo ciascuno a profitto le proprie cognizioni e lavorando soprattutto per il progresso del nostro club.” (Lo Sport Illustrato, 30 aprile 1914).
Monticelli Obizzi era di Crema. Qui era nato l’8 luglio del 1863. Giovanissimo, si era dedicato alla scherma, al nuoto e alla ginnastica, quindi aveva scoperto la boxe francese che al tempo andava di gran moda soprattutto tra i nobili: la savate che era il contraltare transalpino alla boxe inglese.
Luigi era l’ultimo discendente alla nobile famiglia Monticelli la quale aveva ottenuto il titolo marchionale grazie al matrimonio del nonno di Luigi, Carlo, che aveva sposato Maria Obizzi, ultima rappresentante della casata di cui Luigi aveva anche voluto assumere il cognome.
Aveva cominciato ad esercitarsi con i pesi a Genova mentre frequentava gli studi navali diventando Capitano di Lungo Corso e durante i suoi lunghi viaggi aveva fatto anche conoscenza con il pugilato inglese.
Fu tra i primi del club da lui fondato, a confrontarsi in competizioni anche internazionali, così il 5-6 aprile 1896, «cedendo alle insistenze degli amici», il marchese partecipò, classificandosi secondo, al Concorso Internazionale di Amsterdam (organizzato dall’Amsterdamsche Athleten Club Hollandia) alle spalle del tedesco Johannes Schneider, che pesava 42 chili più di lui. Le sue prestazioni: distensione 100 kg., slancio 110 kg. e, nella prova di resistenza, distensione 75 kg. per 9 volte.
Considerato unanimemente uno degli uomini più forti del mondo, tanto da potersi classificare al terzo posto nel primo Campionato italiano assoluto da lui steso organizzato nel 1897, si distinse soprattutto in campo dirigenziale.
L’Annuario Sportivo 1905 lo definiva: “munifico protettore di tutte le manifestazioni atletiche” e proseguiva: “ha avuto sin da bambino una grande predisposizione per ogni sport; e per questo osserviamo in lui quella bella armoniosità nelle linee del corpo, che lo rendono esteticamente uno dei migliori nostri atleti. Non ha nessun regime speciale di alimentazione e segue un metodo di vita molto regolato. Particolarità notevole nel suo allenamento è quella di non aver mai adoperato pesi piccoli; si allena con pesi inferiori ai suoi massimi di 10 Kg. (alzate con un braccio) e di 20 Kg. /alzate a due braccia). le sue misure: altezza 172 cm. per 76 Kg. di peso. Torace normale 106 cm., dopo un’inspirazione cm. 113. Collo cm. 43, giro di spalla 53 cm.. Bicipite cm. 40.Avambraccio cm. 33. Coscia 56 cm.; polpaccio 39 cm.”
Pietro Locatelli, segretario e poi presidente della Federazione nel suo libro “Atletica”, pubblicato nel 1933, sottolinea che “il marchese da 42 anni ininterrottamente presiede il Club Atletica Milanese e che la sua grande competenza tecnica è tuttora altamente apprezzata in campo internazionale. A 69 anni alza ancora di forza 70 Kg. con due braccia e ne strappa 40 con un braccio. Inoltre, salta in altezza un metro a piedi giunti.”
Affermava, intanto, la Gazzetta dello Sport: “Le prime competizioni in Italia si devono al suo mecenatismo ed al suo esempio.”
Un aneddoto curioso ricorreva spesso nei suoi racconti di sport: durante i moti del maggio 1898, i manubri che i soci del Circolo lasciavano cadere a terra durante gli allenamenti, finivano per essere scambiati dai vicini per le cannonate di Bava Beccaria contro gli insorti milanesi!
Fu grazie ad una sua iniziativa se nel 1897 presso la Società degli Artisti e Patriottica, in Via San Giuseppe, divenuta poi via Giuseppe Verdi (qui il Club aveva trasferito la sua sede), si disputò il primo Campionato italiano con categoria unica di peso. Vinse, o meglio dominò, il pavese Enrico Scuri, un vero e proprio colosso che si impose in cinque edizioni su sei anni, superato solo dal romano Stanislao Ruggeri nel 1900.
In occasione del primo campionato, Monticelli fu costretto ad accontentarsi del secondo posto, ma si trattava di un regolamento che penalizzava gli atleti più leggeri come lui che regalava a Scuri ben trenta chili di differenza. Secondo, alla pari col marchese, s’era classificato lo sfortunato milanese Aldo Rocca, famoso perché usava allenarsi portando un sacco di 50 chili su per le scale di casa, Fu per tre volte secondo alle spalle di Scuri, prima di morire suicida a soli 28 anni.
Enrico Scuri gareggiava per la gloriosa Società Ginnastica Pavese. Brocca e Monticelli per il Club Atletico Milanese. Fu indetta anche una gara a squadre che vide il successo dei milanesi che, oltre a Monticelli, schieravano Brocca, Muggiani e Bianchi.
Nel 1902 la grande svolta nella carriera del marchese che, insieme a Muggiani, l’amico ed avversario di sempre, fondò, staccandosi dalla Federazione Ginnastica, la Federazione Atletica Italiana comprendente le discipline della lotta grecoromana e del sollevamento pesi di cui fu presidente sino al 1911 per poi diventarne presidente onorario.
A Duisburg, nel giugno 1905, fu tra i fondatori della Amateur Athleten Weltunion, embrione della futura federazione europea entrando a far parte del Comitato Direttivo che bera composto da sette membri, ma senza un presidente.
A questo comitato aderirono inizialmente Italia, Germania Danimarca e Olanda, poco più tardi Austria, Svizzera e Svezia. Questo abbozzo di federazione internazionale ebbe però una vita piuttosto breve a causa soprattutto della rigidità pretesa proprio da Monticelli Obizzi nella applicazione dei regolamenti.
Un’altra perla della sua infaticabile attività: Dal 27 al 29 ottobre 1906 al Teatro della Commenda, riuscì a mandare in scena il Campionato Internazionale di Milano, un torneo che aveva valenza di un vero e proprio Campionato del Mondo.
Nella lotta si registrarono i successi del tedesco Thomas Bieler, del danese Carl Jensen e nella categoria di leggeri, la più piccola, del giovanissimo Enrico Porro, il lottatore lodigiano che sarebbe salito agli onori delle cronache due anni più tardi alle Olimpiadi di Londra conquistando la prima medaglia d’oro olimpica dello sport italiano. Grandissimo onore alla Federazione per quella conquista che venne onorata persino dal Re Vittorio Emanuele che si recò personalmente a La Spezia, ove Porro stava terminando il servizio di leva in Marina ad offrirgli una pesante medaglia d’oro (e non poteva fare altrimenti, visto che il campione olimpico era alto, o meglio piccolo quanto lui).
Nella pesisitica il successo arrise invece ad Enrico Romano ed ai tedeschi Korn ed Heinrich Scneidereither. Per la prima volta si era passati da una a tre categorie di peso.
Per garantire la massima regolarità della manifestazione, Monticelli in persona agì da presidente della giuria tecnica. Una volta discioltasi l’Amateur nel 1907Athleten e mutati i vertici dirigenziali della FAI il marchese tornò a concentrare tutte le sue attività ed attenzioni sul Club Atletico Milanese, naturalmente la sua creatura prediletta-
Eccellente divulgatore, scrisse molti saggi su quotidiani italiani ed anche tedeschi. Tra gli articoli di carattere tecnico, particolarmente importante fu quello apparso su “La Gazzetta dello Sport" del 9 marzo 1920 che andava contro l’esclusione della distensione alle Olimpiadi di Anversa (le prime dopo la conclusione del primo conflitto mondiale) ed un altro di carattere puramente tecnico, sugli esercizi da introdurre definitivamente nelle gare di pesistica definendo, tra l’altro, le caratteristiche degli attrezzi (Lo Sport Illustrato, 4 settembre 1921).
Arbitro e giudice nelle principali manifestazione europee di sollevamento pesi, vice presidente onorario dell’Halterophile Club de France, Presidente Onorario della Federazione Pugilistica Italiana, nel maggio del 1925 fu nominato delegato della FAI nella Federation International Halversheid, della quale divenne vicepresidente nel 1928; un riconoscimento più che meritato per quel gentiluomo che passava con disinvoltura dal mareggio di pesanti bilancieri alla stesura di complessi regolamenti tecnici.
Notevoli furono anche molte sue prestazioni in pedana: dopo il secondo posto nel Campionato Italiano alle spalle di Scuri, fu ancora terzo nel 1900 e tre anni più tardi, a quarant’anni suonati, si permetteva ancora di vincere il Campionato Milanese. Abbiamo già ricordato le sue prestazioni di altissimo livello nei momenti del maggior rendimento atletico, ma veramente eccezionale è il sollevamento di 110 Kg.nella impegnativa distensione alla francese, ossia con una sola sosta all’altezza del petto dopo lo stacco da terra e prima dell’alzata oltre la testa mantenendo il busto eretto (spesso i regolamenti italiani imponevano addirittura la posizione sull’attenti), mentre la scuola mitteleuropea consentiva almeno un’altra sosta all’altezza della vita, quando addirittura non si arrivava ad un vero e proprio “rotolamento” dell’attrezzo all’addome) oltre a permettere la divaricazione delle gambe ed anche l’inclinazione accentuata del busto.
A riprova della prestazione in valore assoluto di Monticelli Obizzi, basta considerare i primati mondiali riconosciuti dall’IWF.
Nella categoria fino a 75 Kg. il record di distensione a due braccia parte dagli 86 Kg. del russo Jan Sparre nel 1918 ed arriva ai 110 del tedesco Rudolf Ismair nel 1935. Aggiungiamo che in questa categoria il nostro più forte pesista, Carlo Galimberti stabilì il primato mondiale nel 1924 con Kg. 97,5, migliorandolo nel 1929 con 105 Kg.
Sempre secondo i dati dell’IWF, il primo a raggiungere i 110 Kg. nella categoria superiore, cioè tra i mediomassimi al limite di Kg. 82,5 , fu il cecoslovacco Vaclav Pseicka nel 1928.
Non sono male neppure i 75 Kg. sollevati di strappo con il braccio destro. Risultato tanto più interessante (ottenuto al Campionato Italiano del 1902) quando si pensi che il peso massimo Scuri, vincitore assoluto del campionato, si fermò a 65 Kg.
Nei pesi medi il primato fu superato solo vent’anni dopo dall’austriaco Rudolf Kammer, senza dimenticare che Monticelli Obizzi lo stabili quando già aveva ben 39 anni.
Purtroppo la situazione economica del marchese, florida un tempo, andò via via peggiorando con il passare degli anni.
Nel 1927 fu costretto a vendere la monumentale Villa Obizza di Bottaiano attualmente in completa rovina, quindi nel 1929 anche quella di Ripalta Guerina che era stata la residenza della famiglia Monticelli e che fu poi acquistata nel 1935 dal Maestro Arturo Toscanini (oggi è trasformata in ristorante).
Ridotto in miseria, Luigi Monticelli Obizzi tornò a Ripalta, ospite per qualche tempo degli amici Conti Bonzi, per poi finire miseramente i suoi giorni nell’Ospedale dei Poveri di Crema. Si spense il 23 aprile del 1946.
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