29 gennaio 2025

Bombacci, da segretario della Camera del Lavoro di Crema a consulente di Mussolini

L’incendio

Scalpore ha suscitato l’intervista rilasciata alla piattaforma X dalla leader del partito di estrema destra tedesco (AFD), in particolare laddove Alice Weidel definisce Hitler “comunista”.
Comunista Hitler?
Una cosa è certa: arcinota è la genesi “socialista” del fascismo di Mussolini, a lungo modello di Hitler.

Ce lo ricorda l’ultimo numero della rivista del Museo di Crema Insula Fulcheria che (a firma di Natalia Gaboardi) ricostruisce “la parabola politica e intellettuale” di un socialista, segretario per alcuni mesi della Camera del Lavoro di Crema, Nicola Bombacci, diventato consulente ascoltato dal Duce durante la Repubblica di Salò e fucilato come lui a Dongo il 28 aprile 1945.

Bombacci, chi è?
In estrema sintesi. Nasce nel 1879 a Civitella di Romagna. Studia in seminario (come molti intellettuali dell’epoca provenienti da famiglie non abbienti). Diventa maestro elementare. A 23 anni aderisce al Partito socialista, ciò che gli prospetta un nuovo orizzonte perché vede nella figura del maestro la leva del cambiamento, della maturazione culturale, cioè, delle classi sociali più povere.
Presto però si trova di fronte al primo ostacolo: viene ammonito per avere aperto un asilo laico e comunale (in un’epoca, durata fino a tempi recenti, in cui gli asili erano appannaggio delle parrocchie).
L’anno dopo abbandona l’insegnamento per intraprendere la carriera di sindacalista, un ruolo nuovo ma che assume con lo spesso spirito “missionario” del maestro: fare del sindacato uno strumento di coscientizzazione delle masse popolari.
Nell’ottobre dello stesso anno riceve l’incarico di segretario della Camera del Lavoro di Crema (la sede: all’interno del cortile del complesso del San Domenico).
Qui trova un terreno tutt’altro che fertile perché le masse contadine sono largamente influenzate e organizzate dalle leghe bianche che si ispirano al leader carismatico Guido Miglioli.
Ma anche in un territorio ostile riesce a lasciare un segno: convinto che l’attivismo dei cattolici non sia finalizzato al riscatto delle masse e all’avanzamento dei diritti dei lavoratori, ma funzionale solo al controllo della società da parte della Chiesa cattolica, gioca tutte le sue carte (anche con i suoi interventi sulle colonne di “Libera Parola”) al fine di risvegliare i contadini dal loro torpore, per persuaderli che uniti possono avere una forza straordinaria e liberarsi dalle loro condizione di “buoi”.
Un socialismo, il suo, decisamente anticlericale: egli dipinge la Chiesa come una “vecchia volpe” e considera la religione come una “superstizione” da cui abbiamo il dovere di emanciparci.
Ma Bombacci non è solo un predicatore del Sol dell’avvenire: riesce a strappare ai capimastri del territorio (ad eccezione di uno: Giovanni Crivelli), in seguito a un lungo sciopero, tariffe più dignitose per la categoria dei muratori.
Al suo attivo, poi, c’è l’apertura di un circolo ricreativo per i lavoratori.
La sua permanenza a Crema, come già anticipato, è breve: dopo la stagione di maestro, dopo la stagione di sindacalista, è la volta di dirigente socialista nel ruolo di segretario della Federazione socialista di Cesena. Un socialista che come tanti altri del suo partito crede che il popolo sia una “massa inerte” e che non abbia le capacità di risollevarsi da sola: di qui la necessità dell’attivismo dei militanti, del loro lavoro di propaganda, della loro determinazione nel seminare in un “terreno brullo” gli ideali socialisti.
Fa bene l’autrice del saggio su Insula Fulcheria, Natalia Gaboardi, a sottolineare con forza il suo “ergersi su uno scranno e illuminare le masse”, un atteggiamento “tipico di quanti ritengono di avere in tasca la verità”. Una convinzione, questa, di sicuro diffusa non solo nel partito socialista, ma anche e ancora di più nel mondo cattolico (dove, addirittura, la Verità è fondata su Dio).
Una convinzione forse ancora più presente nel neo partito comunista d’Italia di cui Bombacci è un co- fondatore.
Ma la sua parabola non finisce qui. Lo ritroviamo tra i fondatori della Repubblica sociale di Salò: è a lui che si attribuisce il progetto di una presenza delle organizzazioni sindacali all’interno delle aziende statali e private tesa a cooperare “intimamente” all’equa fissazione dei salari, nonché all’equa ripartizione degli utili. Un tradimento dei suoi ideali socialisti?
Forse no: il suo progetto per la Repubblica di Salò è coerente col programma di San Sepolcro che prevedeva proprio la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori al funzionamento tecnico dell’industria e l’affidamento alla stesse organizzazioni proletarie della gestione di industrie e servizi pubblici.

Di sicuro non è stato, il suo, un salto sul carro del vincitore: il fascismo, dopo il 25 luglio 1943, era di fatto agonizzante.
Ciò che qui mi interessa è sottolineare una continuità della Repubblica di Salò e la componente socialista del fascismo di Mussolini.

E Hitler?
Comunista non è mai stato: è stato, anzi, un feroce anti-comunista, anti-marxista (oltre che anti-liberale e anti-democratico).
E non è mai stato socialista: il nome del partito “Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei” non dovrebbe ingannare.
Nei suoi 25 punti che presenta al partito il 24 febbraio 1920 Hitler dimostra di avere non poche affinità col programma di San Sepolcro: l’anti-capitalismo (la soppressione della rendita fondiaria, la confisca dei profitti di guerra...) e il nazionalismo.
Ed è proprio il nazionalismo la miccia che incendierà l’Europa e il mondo intero, un incendio che brucerà oltre 60 milioni di persone e, letteralmente, milioni e milioni di ebrei (con la complicità, questi ultimi – riconosciuta anche dalla premier italiana Giorgia Meloni – del fascismo).

Il Duce del XXI secolo

Il fascismo sta tornando?
Non è qui, su un giornale locale, il caso di affrontare un quesito di dimensione mondiale (la crociata del premier argentino Milei docet). Mi limito a qualche riflessione a margine.
Il rischio che il fascismo, sotto altre forme, magari tecnologiche, ritorni non è solo un’ipotesi meramente astratta. Un rischio che possiamo scongiurare solo rimuovendo le sue possibili cause, a partire dalla questione mai risolta dei flussi migranti: finché questa non troverà una soluzione “equilibrata”, tenendo conto di tutti i diritti in campo, l’opinione pubblica si sposterà sempre più a destra.
Una soluzione che potrà essere trovata (a livello europeo, naturalmente) solo se ci libereremo dagli opposti manicheismi, se ciascuno degli schieramenti politici saprà ascoltare le ragioni degli altri, se verrà ascoltata la stessa opinione pubblica (piaccia o non piaccia alle anime belle, il consenso è alla base della democrazia), se si abbandonerà la disputa astratta sui principi (accoglienza, sicurezza...) e si affronterà il problema con pragmatismo: un approccio che, ahimè, non vedo all’orizzonte.
La prospettiva dei dazi, poi, è destinata a dare un’ulteriore spinta al nazionalismo, un rischio che potrà essere evitato in Europa solo se, a fronte della politica del divide et impera di Trump, sarà l’Unione europea a trattare, avendo questa (27 paesi uniti) un potere contrattuale decisamente superiore a quello delle singole “nazioni”.
Non dobbiamo, infine, sottovalutare il pericolo dell’IA: se non la guideremo con intelligenza, sarà ad essa che affideremo progressivamente la soluzione di problemi eminentemente politici e, di conseguenza, sarà proprio l’IA, con i suoi algoritmi capaci di risolvere tutti i problemi, il nuovo Duce del XXI secolo, di gran lunga più efficiente dei parlamenti.

Piero Carelli


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