Teatro in visibilio per il concerto finale del Monteverdi Festival 2024. Per Cecilia Bartoli, in forma strepitosa, pubblico in piedi e lancio di rose bianche sul palco
Un grande viaggio dal barocco al primo classicismo, quello proposto da Cecilia Bartoli nel sensazionale concerto di gala in chiusura di uno scoppiettante Monteverdi Festival 2024. In apertura di serata l’immancabile benvenuto del sovrintendente del Teatro Ponchielli Andrea Cigni che nell’augurare buon concerto alla sala sold out ha annunciato accolte dagli applausi le due produzioni del prossimo anno: Il Ritorno di Ulisse in Patria di Claudio Monteverdi e l’Ercole amante di Francesco Cavalli.
Il vero e proprio “La” è risuonato dallo sfarzoso suono de Les Musiciens du Prince diretti da Gianluca Capuano.
Il Concerto grosso in re maggiore op.6 n.4 di Arcangelo Corelli ha immediatamente mostrato lo spirito elegante della compagine strumentale che mostra una prassi attenta e dettagliata. Divertente l’uscita del flautista Jean-Marc Goujon per la parte solistica di Augelletti che cantate dal Rinaldo di Georg Friedrich Händel eseguita passeggiando in proscenio fino al punto, accolto da un’atmosfera di crescente palpabile emozione, di Cecilia Bartoli. Dalle prime note vocali del mezzosoprano sono subito apparse le mille sfaccettature incredibili che Lascia la spina, cogli la rosa potesse svelare. Una vera lezione di stile, con un uso talmente misurato del suono da sembrare una passeggiata. Tutta la ripresa del brano eseguita in tinte di piano e pianissimo unita ai respiri (e che respiri!) densi di attesa, ha mandato in visibilio il pubblico che si è immediatamente prodotto in un’ovazione a scena aperta con gridi di “brava!” da ogni parte della sala. Ancora un momento strumentale con il concerto grosso in la minore di Händel per poi approdare finalmente al Divin Claudio con Sì dolce è ‘l tormento tratto da “Quarto Scherzo delle ariose Vaghezze”. Il brano, annunciato dallo stesso Capuano, è stato preceduto da un “medley delle composizioni più celebri di Monteverdi”. Ed ecco subito risuonare il bellissimo incipit di Orfeo che insieme alle altre “citazioni” ha preso per mano il pubblico accompagnandolo sino agli “affetti” proposti da Cecilia Bartoli che ancora una volta sottolinea l’importanza della parola, però mai fine a se stessa, bensì sostenuta dal puntuale accompagnamento. Il celebre tema della “follia” ha tentato molti compositori fra cui Francesco Geminiani di cui l’orchestra ha proposto il celebre concerto grosso in re minore, costruito proprio sulle variazioni dell’enigmatica sequenza melodica. Les Musiciens du Prince hanno proposto la partitura con grande virtuosismo e con il suono sontuoso a cui hanno abituato i palati del pubblico in sala. Tanti gli effetti scaturiti dalla ricerca dinamica del gruppo, giungendo perfino ad un’intera variazione basata sugli armonici degli archi. Tinte tenui e intime in Sol da te, mio dolce amore dall’Orlando Furioso di Vivaldi subito travolta dalle scoppiettanti danze tratte da “Ariodante” di Händel. In un sol fiato il collegamento a Desteró dell’empia Dite da “Amadigi di Gaula” che ha visto la cantante coinvolta in una “battaglia” all’ultimo trillo con l’oboe di Pier Luigi Fabretti e la tromba di Thibauld Robinne. Sala tutta in piedi, rose bianche a piovere dal cielo, grida di “brava” e “bis”: il degno grazie ad un concerto indimenticabile.
Acclamati a gran voce i bis, ecco tornare in scena Cecilia Bartoli per un’appassionata esecuzione di Piangerò la sorte mia dal Giulio Cesare di Händel. E ancora un bis di Agostino Steffani con un travolgente A facile vittoria divenuto poi un’improvvisazione in pieno stile jazz club su Summertime che ha mandando, ancora una volta, il pubblico in visibilio. Les Musiciens du Prince, orchestra fondata peraltro da un'idea della stessa Bartoli con musicisti internazionali, propone un '600 che profuma di settecento, di suono, di colori, di sfarzo. "La Santa", come ama definirla l'istrionico giornalista Alberto Mattioli, mostra una forma vocale di inarrivabile compiutezza, unita alla "solita" impeccabile ricerca del suono perfetto, del significato, della parola, della sfumatura. Non serve a nulla ricordare i 37 anni di carriera nell'Olimpo dei grandi, e neppure gli oltre 12 milioni di dischi venduti. Cecilia Bartoli è e rimane un fenomeno di bravura, della professionalità di chi continua a dare il meglio senza sedersi sugli allori e all'umiltà di chi, pur avendo primeggiato, prende ancora per mano gli altri colleghi e chiede che il primo applauso vada a loro. Applausi, applausi e ancora applausi per un finale di festival oltre ogni previsione, che lascerà nei cuori degli appassionati il segno indelebile di una città, oggi più che mai, capitale internazionale della Musica.
foto Gianpaolo Guarneri/Studio B12
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