Trent'anni fa, con la vendita della motonave Stradivari, finiva il sogno fluviale cremonese di tornare ad essere la capitale del Po, durato meno di vent'anni
Nel marzo 1993 finiva l’avventura della motonave Stradivari, mettendo fine alla rinata epopea fluviale cremonese durata poco meno di vent’anni. Eppure era stata una grande giornata, quella del 18 marzo 1975: doveva essere solo un varo tecnico, per verificarne il galleggiamento, ed invece alla Navalcantieri si presentarono centinaia di cremonesi per ammirare la nuova “ammiraglia del Po”, la motonave Antonio Stradivari, la prima progettata e costruita interamente a Cremona. Era la dimostrazione di come la giovane industria cantieristica, nata qualche anno prima, sarebbe stata in grado di concretizzare l'aspirazione secolare a navigare il fiume, se solo, come chiedeva a gran voce il presidente Edo Piacenza, si fosse realizzata quell'avanconca che avrebbe garantito di superare i diversi livelli di abbassamento del fiume. Fu in quell'occasione che il presidente della Società di Navigazione Interna, l'armatrice della motonave, Martino Manfredi sottolineò l'importanza dello sfruttamento turistico del Po, “tutto da scoprire, ricco di fascino, di stupendi squarci di natura e di centri artistici posti sulle sue sponde: ed è questo un tesoro che non deve appartenere a pochi privilegiati ma essere aperto alla massa attraverso particolari forme di turismo”. Non mancò neppure la tradizionale bottiglia di spumante, lanciata dalla madrina Piera de Bernardis Manfredi. L'orgoglio era legittimo. Era la seconda nave fluviale costruita dalla Navalcantieri nel giro di due anni e tutto lasciava presagire, in quel momento di pesante crisi economica, che la navigazione potesse diventare la chiave di volta dello sviluppo. Due anni prima, dagli stessi cantieri, era uscita la prima motonave “Andes”, realizzata per conto degli armatori mantovani Negrini, che ancora oggi la gestiscono sui laghi del Mincio. Era lunga poco più di trenta metri e larga cinque e mezzo, con una stazza di 60 tonnellate, spinta da due motori marini Fiat 682 N da novanta cavalli che consentivano una velocità di 15 nodi, con un pescaggio di soli 90 centimetri, che poteva trasportare circa duecento passeggeri. Il viaggio inaugurale era stato il 7 maggio 1973, alla presenza di tutte le autorità cittadine. Si trattava, però, di un'iniziativa imprenditoriale mantovana. Il successo e le speranze contribuirono a mettere in cantiere la prima motonave cremonese. Una novità che non mancò di destare l'attenzione anche di un grande cantore del Po quale era Cesare Zavattini, che inserì la fotografia della Stradivari in costruzione nel grande capannone delle Navalcantieri nel primo dei quattro volumi dedicati alla “Padania”. Ci si pensava già un paio di mesi dopo: un “vera” nave che potesse navigare sia sul fiume che in mare. Grande almeno tre volte la piccola Andes. Già se l'immaginava, il direttore della Navalcantieri Cauzzi: “Sarà dotata di bar ristorante, di un grande salone, e si ispira alle navi che percorrono il Reno. Una imbarcazione, insomma, per lunghe crociere fluviali, anche se non risolve il problema dell'alloggio per la notte. Se la cosa andrà in porto, si tratterà della più grande nave passeggeri che abbia mai solcato le acque del Po”.
Il battesimo ufficiale avvenne il 7 giugno 1975. La nave aveva una lunghezza di 61,80 metri, larga 9,50, a pieno carico disloca 300 tonnellate, con un'immersione di 90 centimetri e una velocità di crociera di 15 nodi. “Si trattava innanzi tutto di dimostrare che il Po è navigabile – aveva spiegato il presidente della Sni Martino Manfredi – cosa che fu puntualmente fatta puntando inizialmente sul trasporto merci. Ora questa attività, per quanto ancora agli inizi, sembra aver messo radici abbastanza solide, ed allora la Sni ha ritenuto maturo il momento per affrontare il discorso del trasporto passeggeri a fini turistici, anche nel quadro delle nuove prospettive aperte, in proposito, dall'avvento della Regione. In sostanza si vuole offrire ad una massa di cittadini una alternativa di svago e di tempo libero, dato che i luoghi tradizionali del turismo di massa sembrano ormai saturi e non possono dunque offrire quella possibilità di pace che invece si possono ancora ritrovare lungo i fiumi, che sono tutti da scoprire”. Speriamo, aveva aggiunto il presidente, che l'iniziativa abbia successo, ma ciò potrà avvenire con maggior facilità se l'idea della navigazione interna entrerà a far parte del bagaglio culturale del nostro Paese che in questo settore è all'ultimo posto in Europa. La Sni, aveva aggiunto Manfredi, ha deciso di non aspettare le richieste spontanee di questo o di quel gruppo, ma di seguire una politica di navigazione permanente. Erano già stati stesi in linea di massima due programmi: uno prevedeva partenze da Cremona a Venezia il mercoledì e il sabato, ed uno da Venezia per Cremona il lunedì e il giovedì. La linea di navigazione, per avvicinarsi il più possibile alle esigenze dei cittadini, si sarebbe appoggiata regolarmente alle agenzie turistiche. Il prezzo del biglietto di viaggio era stato calcolato tra le 15 e le 17 mila lire. Secondo il presidente vi sarebbero state anche le possibilità di inserirsi nei grandi flussi turistici internazionali, specialmente tedeschi, da tempo presenti sul Garda e sull'Adriatico. Erano gli anni in cui si pensava che fosse possibile realizzare navi zavorrate che potessero solcare il mare e poi, scaricata la zavorra, entrare nel Po. “Noi avevamo cominciato a studiare il problema – aveva spiegato il direttore della Navalcantieri Cauzzi - anche se ultimamente lo abbiamo lasciato andare perchè non si vede nessuna seria prospettiva di sviluppo dell'idrovia; ed eravamo giunti alla convinzione che il sistema migliore sia costituito da una nave-madre posa chiatte. Questa nave (nave da mare, intendo) ha la facoltà di zavorrarsi con acqua e di accogliere nel suo capace ventre, una serie di chiatte; quindi toglie la zavorra, si richiude e comincia a navigare. Una volta giunta alla foce del fiume si riapre, libera le chiatte, che, a mezzo di spintori, possono risalire il fiume senza alcun trasbordo. Questa nave potrebbe portare chiatte non molto grosse, perchè le caratteristiche del Po consentono una navigazione tranquilla anche ad un convoglio piuttosto lungo, dell'ordine di un centinaio di metri. Questo sistema, a nostro avviso, è il più pratico ed economico, anche perchè può essre realizzato in assoluta tranquillità, anche con le attrezzature esistenti ora, senza bisogno di realizzare costose conche speciali, fondali più profondi, eccetera”.
Nel marzo del 1993 la Stradivari venne ceduta alla Ge.ri.bar di Mantova, che aveva offerto 231 milioni per l'acquisto dell'imbarcazione, un valore pari alla stima, con rinuncia a sedici milioni di lire di spese straordinarie. Con i duecento milioni, però, ben difficilmente di sarebbe riuscito a soddisfare le esigenze dei creditori della SNI, il cui passivo si aggirava intorno al mezzo miliardo di lire. D'altronde, se non fosse intervenuto d'ufficio il Tribunale con l'avvio della procedura di fallimento, sarebbe stata la stessa assemblea dei soci azionisti a mettere con le spalle al muro l'amministratore unico della società, Stefano Vulcano, dopo che l'anno prima ne aveva già respinto le dimissioni. La gestione privata della motonave Stradivari, era durata in tutto circa dieci mesi nel corso del 1992. La nave, quando la Provincia aveva deciso di alienare l'89.8% delle quote della Società di Navigazione Interna di cui era proprietaria, valeva circa 350/400 milioni di lire, con debiti societari che si aggiravano intorno ai 600. In seguito ad un nuovo passivo di 198 milioni che, accumulatosi ai precedenti 292 milioni di indebitamento relativo alle stagioni precedenti, aveva posto la Sni nelle condizioni di disporre di un capitale sociale inferiore al minimo di legge consentito, non erano rimaste che due alternative. O immettere capitale fresco, oppure, nell'impossibilità di farlo, dichiarare il fallimento. Cosa che avvenne nell'aprile del 1992, dopo che nel corso dell'udienza pre-fallimentare si era preso atto della grave situazione debitoria. Nel frattempo, però, l'amministratore unico della Sni, Stefano Vulcano, aveva affittato fin dall'ottobre del 1991 la motonave Stradivari alla Ge.ri.bar.H snc con un contratto stipulato per sei anni ad un canone di affitto di cinquanta milioni all''anno. Una cifra che, secondo la Provincia, non sarebbe bastata nemmeno a coprire le quote di ammortamento tecniche e finanziarie, sarebbe invece servita a Stefano Vulcano per ottenere e pagare un mutuo bancario che, a detta del suo legale Della Luna, sarebbe stato sufficiente a saldate i creditori per il 60% della cifra vantata. Il risultato fu comunque quello di svalutare ulteriormente l'ex ammiraglia del Po. Certo, la società avrebbe provveduto a rimodernarla, dotandola di un nuovo motore, cercando in qualche modo di rivalutarne l'immagine ed il valore. In effetti al curatore fallimentare si poneva il problema se mantenere l'affitto della nave, oppure se, vista l'incongruità del prezzo pagato, annullare il contratto consentendo in pratica la rivalutazione del bene. Alla fine si decise per la prima soluzione. Stefano Vulcano tentò fino all'ultimo di difendere il proprio operato. Nei primi mesi della stagione 1991 si sarebbe realizzato un incasso di 232 milioni di lire, contro spese correnti di 121, mentre nei nove mesi di gestione pubblica precedente gli incassi sarebbero stati di 337 milioni a fronte di un passivo di 396. La storia dei debiti collezionati dalla “Stradivari” aveva origini antiche. Già all'inizio si ricorse all'indebitamento bancario dal momento che non si riuscirono a coprire interamente i costi del varo. La motonave, di fronte ad un preventivo di 400 milioni era venuta in realtà a costarne 600, provocando la continua ricerca di improbabili finanziatori da parte dell'ente pubblico. Fu così che nel 1986, a dieci anni dal varo, i debiti assommavano già a 157 milioni, a cui se ne aggiunsero altri 277 nel corso dell'anno successivo, 85 nel 1988 e circa duecento nel 1989. In totale circa un miliardo e duecento milioni di lire dall'inaugurazione dei primi viaggi al 1990, quando sidecise di alienare le quote della Sni.
La vicenda del fallimento della Sni e della vendita della motonave Stradivari, che segnò di fatto la fine delle velleità turistiche cremonesi, riservò anche episodi gustosi. Di fatto l'istanza di fallimento era stata presentata da due fornitori di carburante che lamentavano il fatto di non essere mai stati pagati dall'amministratore unico Stefano Vulcano per le forniture fatte tra l'aprile ed il maggio del 1990, nonostante fossero passati ormai due anni dalla naturale scadenza dei trenta e sessanta giorni. C'era poi la risolvere, aspetto più grave, un contenzioso con l'Inps, che aveva accertato un debito societario di 1200 milioni di lire accumulatosi durante la gestione pubblica della motonave. Vulcano, per onorare gli impegni aveva proposto ai creditori di viaggiare gratis sulla Stradvari in tutte le occasione che avessero voluto! Dopo aver concordato con gli stessi una scaletta di pagamenti che prevedeva una serie di rate dall'agosto del 1991 fino a marzo del 1992, aveva fatto perdere le proprie tracce. Le notizie arrivarono invece dai giornali. Alla fine dell'agosto del 1991a Chioggia l'imprenditore era stato accusato di avere impedito per alcune ore lo sbarco a terra di una comitiva, come forma di ricatto per non essere stato pagato dagli organizzatori della gita. In realtà, dietro questa vicenda vi sarebbe stata una sorta di boicottaggio organizzato dagli imprenditori chioggiotti che avrebbero di fatto cercato di impedire con tutti i mezzi e le pressioni possibili la navigazione della motonave “Stradivari” in quella zona. Scendendo ad un compromesso, allora, Vulcano avrebbe locato la motonave, di cui la Sni restava al momento proprietaria a tutti gli effetti, ad una società veneta la “Marco Polo srl” per il periodo di un anno, eventualmente prorogabile a tre. Rassicurava ancora l'avvocato Marco Della Luna: “La questione di Chioggia ha reso di fatto impossibile la navigazione in quella zona. Gli imprenditori veneziani hanno cercato di far capire a Vulcano che avrebbero preferito la presenza di una società locale. Per questo motivo ci si è rivolti a imprenditori veneziani. La 'Marco Polo srl' si è assunta il compito di rimodernare la nave e rifare il motore. Questi interventi hanno richiesto spese considerevoli. Gli uffici competenti, d'altronde, ci avevamo già fatto obiezioni sullo stato della nave, inidoneo alla navigazione. La 'Stradivari' è stata di conseguenza rimodernata: ora ha anche un motore più potente e l'azienda è salva, qualunque sia il destino della Sni. La gestione privata si è dimostrata competitiva e la stagione è stata favorevole. Abbiamo allo studio anche la possibilità di un rilancio sul corso superiore del Po. Anche dopo il fallimento della Sni la motonave continuerà ad operare”. In questo Marco Della Luna fu profetico: la motonave Stradivari dopo molte vicissitudini è stata acquistata da 2 società reggiane. Dopo un importante e accurato restyling è attualmente gestita dalla Altobordo Srl con sede in Boretto.
Nelle foto di Ezio Quiresi del 6 giugno 1975, il viaggio di prova della Stradivari ad Isola Pescaroli, poi la motonave alla Navalcantieri prima del varo, l'uscita dalla conca, il passagio nelle conche e la costruzione nell'hangar della Navalcantieri
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti
L'innominato
14 marzo 2023 18:03
Una nave troppo grande per il Po.
Molto spesso non.poteva navigare perché non passva sotto i ponti