Trieste ha accolto il vescovo Trevisi: con il vescovo Napolioni anche 250 cremonesi per l’insediamento. La solenne celebrazione di ingresso in Diocesi nella Cattedrale di San Giusto
Una Chiesa “famiglia di famiglie”, capace di ascolto e corresponsabilità, e insieme complicità e pazienza. Una Chiesa capace di annunciare la novità del Vangelo. Una Chiesa che prega per la pace e le vittime di ogni violenza. Sono stati questi alcuni dei principali passaggi dell’omelia del vescovo Enrico Trevisi nella Messa di ingresso in Diocesi di Trieste, celebrata nel pomeriggio di domenica 23 aprile nella Cattedrale di San Giusto.
L’affidamento al Santuario di Monte Grisa
Un insediamento iniziato al Santuario mariano “Maria Madre e Regina” di Monte Grisa che il vescovo cremonese ha raggiunto alle 14.45. Una preghiera a Maria e la benedizione su Trieste, impartita dal piazzale del santuario e rivolto verso il mare, sono stati i suoi primi gesti ufficiali del vescovo Trevisi che, subito dopo, all’interno del santuario, davanti alla statua della Madonna di Fatima, ha recitato la preghiera di affidamento a Maria, per mettere sotto la sua materna protezione l’inizio del proprio ministero episcopale.
Tante le famiglie, con i bambini e ragazzi, che hanno gremito il Santuario rispondendo all’invito del Servizio per la Pastorale della famiglia della Diocesi di Trieste. Insieme alle famiglie monsignor Trevisi ha voluto pregare perché la Chiesa diventi una «famiglia di famiglie», contagiata dal «quel sano stile familiare che trasuda di complicità, di pazienza, di reciproco ascolto, di corresponsabilità, pur dentro le fatiche, le stanchezze, le inadempienze che tutti ci portiamo appresso». E non è mancata l’invocazione per la pace.
Poi il breve ma intenso momento di incontro con le famiglie: «Chiediamo di imparare da Maria – ha detto ai presenti – per compiere quello che il Signore ci chiede. Farlo oggi e ogni giorno, nelle nostre famiglie e nel mondo». Quindi rivolto ai bambini ha ribadito la necessità «che la Chiesa diventi una grande famiglia di famiglie, imparando dalle nostre famiglie». Alle famiglie il vescovo Trevisi ha chiesto di «contagiare la chiesa». Una domanda cui tutti i presenti hanno risposto con un forte «sì». «Mi ricorderò che la prima cosa che ho sentito a Trieste è stato questo sì», ha detto Trevisi, che poi, sottolineando come tante parrocchie tergestine siano intitolate a Maria, ha affermato: «Che bello che ovunque troviamo la Madonna che ci indica di seguire Gesù». E ancora: «Dove c’è Maria c’è casa, c’è famiglia. Dove c’è Maria noi pensiamo che ci sia questo legame con Gesù. Impariamo a sentire questi legami come qualcosa di prezioso che ci rende sicuri nel percorrere le strade differenti della vita». Quindi l’augurio: «Buon cammino, restiamo uniti».
L’accoglienza a San Giusto
Con la scorta d’onore della Polizia locale di Trieste, monsignor Trevisi ha quindi raggiunto la Cattedrale di San Giusto, dove è arrivato poco prima delle 15.40. Ad accoglierlo anche il grande manifesto che sino a poche ore prima era esposto sulla facciata della chiesa parrocchiale di Cristo Re e che i suoi ex parrocchiani hanno voluto portare sino a Trieste.
Salutate le autorità civili e militari, sulla piazza davanti a San Giusto il vescovo Trevisi ha passato in rassegna il picchetto militare interforze, entrando subito dopo in Cattedrale dove il suo predecessore, l’arcivescovo Giampaolo Crepaldi, l’ha accolto insieme canonici del Capitolo della Cattedrale. Dopo il bacio del crocifisso e l’aspersione dei fedeli, monsignor Trevisi si è avvianto verso l’altare maggiore per recarsi nel battistero di San Giovanni e indossare i paramenti per la celebrazione.
I cremonesi a Trieste
Circa 250 i cremonesi che hanno accompagnato il vescovo Enrico Trevisi a Trieste in occasione del suo ingresso in Diocesi. A guidare la delegazione della Chiesa cremonese il vescovo Antonio Napolioni, che ha raggiunto Trieste già nella tarda mattinata insieme al gruppo del Seminario di Cremona e alcuni altri sacerdoti.
Numerosi i fedeli giunti dalle diverse zone pastorali e tra loro tanti che hanno conosciuto monsignor Trevisi negli anni di servizio in Seminario, come rettore e insegnante del liceo Vida. Tanti hanno raggiunto Trieste con i propri mezzi. Un pullman è stato organizzato dall’agenzia ProfiloTours e un altro dalla parrocchia di Cristo Re. Proprio questo gruppo ha avuto la possibilità di accedere alla Cattedrale, in rappresentata dell’intera diocesi; gli altri fedeli hanno preso posto, invece, in piazza, dove erano stati preparati 400 posti a sedere e un maxischermo per seguire la Messa.
Una ventina i sacerdoti cremonesi presenti, tra loro il vicario parrocchiale di Cristo Re, don Pierluigi Fontana, e alcuni dei compagni di Messa di monsignor Trevisi: don Giovanni Nava e don Luigi Mantia. Presenti anche i quattro diaconi cremonesi che a giugno saranno ordinati sacerdoti: tra questi don Jacopo Mariotti, proprio della parrocchia di Cristo Re.
Nella Cattedrale di San Giusto anche i famigliari di monsignor Trevisi, insieme alle autorità del territorio triestino, anche il sindaco di Pieve San Giacomo (comunità di origine di Trevisi) Maurizio Morandi e il consigliere del Comune di Cremona Enrico Manfredini che all’ultimo ha sostituito il sindaco Galimberti, con la presenza anche del cav. Giovanni Arvedi con la moglie Luciana e Mario Caldonazzo. A legare la Chiesa di Trieste e Cremona anche la presenza delle Suore della Beata Vergine che hanno loro casa madre a Cremona in via Cavallotti e una delle loro scuole proprio a Trieste.
La Messa di ingresso in Diocesi e i saluti iniziali
Una decina i vescovi che hanno concelebrato l’Eucaristia e tra loro, oltre all’arcivescovo Crepaldi e al vescovo Napolioni, anche il nunzio apostolico in Slovenia Jean Marie Speich, l’arcivescovo metropolita di Gorizia Carlo Roberto Maria Redaelli e il Patriarca di Venezia Francesco Moraglia. Folta la rappresentanza dei vescovi del Trivento e del territorio slavo. Presente anche il vescovo di Terme per la Chiesa Greco Orientale Athenagoras e i pastori delle comunità ortodosse e cristiane presenti a Trieste.
All’inizio della celebrazione il saluto dell’arcivescovo Crepaldi. «Ora siamo invitati tutti – sacerdoti, diaconi, consacrati e consacrate, fedeli laici – a stringerci con affetto e nell’obbedienza al nuovo vescovo assicurandogli la nostra fervorosa preghiera – ha detto l’ormai vescovo emerito di Trieste – perché possa espletare con fedele generosità il suo ministero». Citando quindi l’omelia di san Giovanni Paolo II alla sua ordinazione episcopale, Crepaldi ha sottolineato l’importanza della preghiera del popolo di Dio per il vescovo, ma anche quella del vescovo per la sua gente, ricordando che «il ministero episcopale è ministero d’amore».
Dopo la lettura della bolla di nomina da parte del cancelliere vescovile don Luigi Tonon, il metropolita Redaelli ha letto la formula di rito: «Fratelli e sorelle in Cristo, per grazia di Dio e designazione della Sede Apostolica, da questo momento il vescovo Enrico Trevisi è pastore della santa Chiesa di Trieste». Quindi, salutato da un caloroso applauso, il vescovo Trevisi, indossata la mitra e con il pastorale, ha raggiunto la cattedra e sedendosi ha ufficialmente preso possesso della Diocesi di Trieste.
Hanno quindi fatto seguito i saluti ufficiali. Anzitutto del preposito del Capitolo della Cattedrale, mons. Giampaolo Muggia, che ha voluto sottolineare il legame tra Cremona e Trieste, tra la casa di sant’Omobono e quella di san Giusto, entrambe sotto la protezione della Madonna, Assunta e Immacolata, «richiamo all’umiltà e all’operosità di Maria, e sostegno per un pastore che, come richiama Papa Francesco, sa camminare davanti, in mezzo e dietro il suo gregge». «Nello spendersi per il bene di Dio non si è mai soli», ha ricordato il canonico, rimarcando quindi la «necessità di camminare insieme nella comunione».
Subito dopo il patriarca Moraglia, salutando Trevisi a nome dei vescovi del Triveneto, ha voluto sottolineare che «quando un vescovo succede a un altro e inizia il suo ministero episcopale, allora, si tocca con mano come la Chiesa sia una realtà che ci precede, che è prima di noi, è con noi e rimarrà dopo di noi. I vescovi passano, le Chiese rimangono! – ha affermato – La Chiesa, quindi, è quel noi, quel soggetto comunitario, che viene prima dei singoli “io”». Dopo aver sottolineato il solido legame del binomio Vescovo-Chiesa ha aggiunto: «Non basta stare di fronte alla realtà, ossia alle situazioni di sofferenza e crisi del nostro tempo; una Chiesa deve starvi “dentro”, abitarle con passione e simpatia, nell’amore e nella verità, sapendo che solo tenendo insieme verità ed amore sull’uomo si trasmette la redenzione, il dono pasquale di Cristo».
Da ultimo il saluto del sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, a nome della Città e dei Comuni del territorio della diocesi (Monrupino, San Dorligo-Dolina e Muggia), ha voluto testimoniare «la forte volontà e l’impegno di una terra segnata dalle ferite del confine e dai drammi del ‘900, rappresentati nella tragedie delle leggi razziali, dall’orrore delle rappresaglie, dall’ingiustizia dell’esodo e dall’asprezza della diffidenza». E il pensiero è andato in particolare ai monumenti nazionali della Risiera di San Sabba e della foiba di Basovizza, «moniti perenni» delle tragedie vissute. Parole che hanno tracciato una strada fatta di dialogo e collaborazione per «il dovere di costruire una società più giusta».
La Celebrazione, animata dalla Cappella Civica di Trieste, è stata caratterizzata dalle letture proposte in italiano e sloveno.
L’omelia del vescovo Enrico Trevisi
Dalla cattedra, in piedi, il vescovo Trevisi ha proposto la propria riflessione, con tante citazione di don Primo Mazzalari, parroco di Bozzolo e “d’Italia”, di cui è in corso il processo di beatificazione.
«Anch’io, oggi qui, da questa Cattedrale, a voce alta – ha detto Trevisi – vi annuncio: “Il Signore Gesù è risorto”. Impariamo a guardare a Lui, ammirati, per ritrovare ragioni di speranza e dunque cammini di fraternità. Lui cammina con noi».
L’immagine dei discepoli di Emmaus, in cammino tristi, ha portato il vescovo Trevisi ad affidare a Dio «le vittime della Risiera di San Sabba e delle foibe di Basovizza e tutte le altre vittime che ci portano a gridare: Mai più! Mai più! E invece con tristezza guardiamo al mondo di oggi ancora insanguinato da tante guerre fratricide, da tanti massacri, da tanta miseria che genera profughi, che alimenta disperazione».
Poi una prima indicazione chiara rivolta alla Chiesa tergestina: «Siamo chiamati a ritornare a un ascolto sincero e appassionato del Signore che si accosta a noi. E ci parla, sia nelle Scritture che nei fratelli, soprattutto quelli feriti, che ci aiutano a comprenderle. Domandiamoci: nelle nostre priorità abbiamo il metterci in sintonia con la voce di Cristo? Quale spazio diamo ogni giorno al Vangelo vivo, lampada per i nostri passi?».
Da qui l’invito alla missione, riprendendo le parole del Papa delle scorse settimane. Concetti ribaditi con forza anche nell’ultima Messa a Cristo Re, lo scorso 16 aprile. «Non c’è annuncio senza movimento, senza “uscita”, senza iniziativa… Non c’è annuncio senza movimento, senza cammino – ha detto citando Papa Francesco –. Non si annuncia il Vangelo da fermi, chiusi in un ufficio, alla scrivania o al computer facendo polemiche come “leoni da tastiera” e surrogando la creatività dell’annuncio con il copia-incolla di idee prese qua e là. Il Vangelo si annuncia muovendosi, camminando, andando». E ancora: «Un annunciatore è pronto a partire, e sa che il Signore passa in modo sorprendente; deve quindi essere libero da schemi e predisposto a un’azione inaspettata e nuova: preparato per le sorprese. Chi annuncia il Vangelo non può essere fossilizzato in gabbie di plausibilità o nel “si è sempre fatto così”, ma è pronto a seguire una sapienza che non è di questo mondo». «Ecco, fratelli e sorelle – ha proseguito il vescovo Trevisi citando ancora Papa Francesco –: è importante avere questa prontezza alla novità del Vangelo, questo atteggiamento che è uno slancio, un prendere l’iniziativa, un andare per primo. È un non lasciarsi sfuggire le occasioni per promulgare l’annuncio del Vangelo di pace, quella pace che Cristo sa dare più e meglio di come la dà il mondo. E per questo vi esorto a essere evangelizzatori che si muovono, senza paura, che vanno avanti, per portare la bellezza di Gesù, per portare la novità di Gesù che cambia tutto».
«Questo slancio, questo prendere l’iniziativa, questo andare verso gli altri e con una missione che riceviamo da Dio ci appartiene a tutti – ha chiarito con forza Trevisi –. A tutti. Preti, religiosi e laici, giovani e anziani. C’è del bello nel saperci pensati da Dio per una missione. Lasciamoci sorprendere dal Signore. Lui si fida di noi! Lui ci viene incontro. Guardiamo a Lui con meraviglia. Teniamo fissi gli occhi su di Lui». Quindi un’altra citazione mazzolariana: «Nessuno è mai così fuori dalla chiesa da non potervi un giorno tornare come operaio inconfondibile: nessuno è mai così nemico della chiesa da non lavorare inconsapevolmente per essa».
«Questa sera prima di andare a dormire – ha quindi concluso Trevisi –, datti ancora un minuto per sintonizzarti sul Signore. Metterti in ascolto di lui. Ringrazialo per la vita; ringrazialo perché hai una missione in nome di Dio e per il bene di questa umanità ferita. Lasciati toccare dal suo amore, per lasciarti entusiasmare per una missione insieme a Lui. Ci sono dei fratelli, magari rinchiusi nelle loro paure, come gli apostoli rinserrati nel cenacolo, che aspettano la gioia della tua presenza, la condivisione della tua speranza, la testimonianza della tua: di chi si è lasciato incontrare dall’amore del Risorto, che ci ha rintracciati sulle nostre strambe strade e ci ha inviati ai fratelli».
Il saluto
Al termine della solenne celebrazione il vescovo Trevisi ha preso nuovamente la parola per i ringraziamenti, con «un saluto caro e una benedizione speciale ai parrocchiani di Cristo Re e agli amici venuti da Cremona. Il tempo è superiore allo spazio, alle distanze geografiche. L’amicizia continua».
Al termine del suo saluto una richiesta precisa: « Devo imparare a fare il vescovo. Confido sulla vostra misericordia – e chiedo scusa fin da ora per i miei limiti – e sul vostro sostegno generoso e intelligente, perché impari a cogliere l’aiuto di Dio che viene incessantemente, non solo per la sua grazia che illumina il cuore, ma anche per la testimonianza di questo santo popolo di Dio».
Alla fine della Messa l’abbraccio dei fedeli. Dei triestini e dei cremonesi. Il culmine di una giornata di festa, caratterizzata dal sole e dal clima mite, in una Trieste affollata di turisti e di due Chiese sorelle che per una seconda volta nella storia – come già accaduto nel XVI secolo – sono accomunate da un vescovo originario della terra cremonese. (www.diocesidicremona.it)
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