5 dicembre 2024

Tubetti di pomodoro concentrato cinese spacciato per italiano. Il rischio è quello dell'invasione del mercato europeo. Coldiretti Cremona: "È nostro dovere denunciare e contrastare"

L’indagine sulle confezioni di tubetti di concentrato venduti come italiani ma contenenti prodotto cinese, realizzata dalla Bbc, evidenzia l’urgenza di arrivare all’etichettatura obbligatoria dell’origine per tutelare il vero prodotto italiano, considerato anche che il gigante asiatico ha aumentato del 38% nell’ultimo anno la produzione di pomodoro, con il quale potrebbe invadere i mercati europei. E’ quanto affermano Coldiretti e Filiera Italia nel commentare il caso scoppiato in Gran Bretagna dopo che un’inchiesta della televisione inglese ha accusato alcune delle maggiori catene di supermercati di vendere alimenti con indicazioni di provenienza non veritiere. Tra questi, figurano confezioni di concentrato di pomodoro presentate come d'origine "italiana", ma che in realtà conterrebbero tracce di pomodori cinesi: coltivati in particolare nello Xinjiang, territorio sottoposto a sanzioni in Occidente.

La Cina – denunciano Coldiretti/Filiera Italia – potrebbe diventare quest’anno il maggior produttore mondiale di pomodoro da industria, superando gli Stati Uniti. Le previsioni di agosto davano infatti una crescita a 11 milioni di tonnellate (erano 8 nel 2023 e 6,2 nel 2022). Considerando che i cinesi consumano appena 1 kg pro-capite all’anno di derivati del pomodoro (contro i 22 kg degli europei) l’aumento di produzione è destinato a riversarsi proprio sui mercati occidentali. 

“Siamo nella culla del pomodoro da industria, ingrediente fondamentale della dieta Mediterranea e della vera cucina italiana, ed è nostro dovere denunciare e contrastare una situazione che rischia di portare sempre più pomodoro cinese, spacciato per italiano, sulle tavole dei cittadini europei – sottolinea Coldiretti Cremona –.  A rischio c’è un settore, vanto del made in Italy, che in Lombardia produce circa 600 milioni di chili di prodotto ogni anno, coltivato su circa 8 mila ettari concentrati per oltre il 70% nelle province di Cremona e Mantova”.

A livello nazionale la filiera impegna circa 7mila imprese agricole, oltre 100 imprese di trasformazione e occupa 10mila addetti, per un fatturato totale che ha raggiunto 4,4 miliardi di euro.

“Coldiretti ha lanciato una raccolta di firme per una proposta di legge di iniziativa popolare – evidenzia Coldiretti Cremona –. In Italia vige peraltro già l’etichetta con l’indicazione della provenienza sui derivati del pomodoro. Ma occorre anche portare in Europa il divieto oggi vigente nel nostro Paese, grazie a Coldiretti e Filiera Italia, di utilizzare il concentrato per la produzione di passata, per estendere le garanzie dei consumatori italiani a quelli europei e dei Paesi terzi”. Un impegno al centro dell’intesa sottoscritta da Coldiretti e Filiera Italia con l’Anicav, l’associazione delle industrie conserviere.

Non a caso le importazioni di semilavorati di pomodoro dalla Cina nell’Unione Europea sono raddoppiate, superando le 100.000 di tonnellate, contro le 50.000 tonnellate di dodici mesi prima. Complessivamente nell’Ue arriva una quantità di prodotto da Pechino che è pari, in pomodoro fresco equivalente, al 10% della produzione Ue di pomodoro da industria.

Un rischio anticipato peraltro proprio dalla Coldiretti con i presidi messi in atto nel maggio scorso al porto di Salerno, in occasione dell’arrivo di un carico di concentrato di pomodoro dalla Cina accusato di essere ottenuto con lo sfruttamento del lavoro delle minoranze. Il 90% del concentrato di pomodoro cinese destinato all’esportazione viene dai campi della regione dello Xinjiang, dove verrebbe coltivato grazie al lavoro forzato degli uiguri. 

In tale ottica Coldiretti e Filiera Italia chiedono l’obbligo dell’indicazione di origine su tutti i prodotti alimentari in commercio nell’Ue. 


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