Un dialogo tra gli ottoni e il violino di Teofil Milenkovic passeggiando tra i generi musicali al Mdv
Serata particolare quella in scena all’Auditorium del Museo del Violino. A fare i consueti onori di casa il direttore artistico Roberto Codazzi, che ha scelto di introdurre la serata ironizzando con i musicisti già schierati: “domani torneranno a prestare servizio in Vaticano, sappiamo che Sua Santità è di larghe vedute, ma stasera eseguiranno anche brani come La Califfa e Metti una sera a cena, quindi non esageriamo…”. Nell’ultimo appuntamento di L’altra anima del violino, stagione che si propone di mettere in luce tutte le sfaccettature espressive degli strumenti ad arco, giungono in Auditorium gli Ottoni della Cappella Musicale Pontificia Sistina insieme al talentuoso violinista Teofil Milenkovic.
Giovanissimo artista di successo, fratello minore di Stefan reduce dal suo concerto di pochi giorni fa al Teatro Ponchielli, ha portato sul palco del Museo del Violino un concerto con un organico alquanto inusuale. Il dialogo fra strumenti ad arco ed ottoni è normalmente regolato da proporzioni diverse. Negli stessi manuali di orchestrazione viene raccomandato un’adeguato numero di violini, viole, violoncelli e contrabbassi per poter ben sostenere con omogeneità il potente e brillante suono degli strumenti a fiato, in particolare degli ottoni.
Nel concerto di questa sera questa regola viene completamente sconvolta portando a galla la prova dell’elevato livello dei musicisti in grado di curare un equilibrio sonoro misurato, senza far percepire “sofferenze” nei pianissimi e nei legati.
Un programma interessante quello presentato al pubblico, in grado di spaziare fra i generi musicali con padronanza della prassi. Sappiamo quanto sia difficile per un cantante barocco presentarsi in un ruolo Verdiano, in egual modo è difficile per un musicista interpretare filologicamente partiture di diversi periodi senza snaturarne le peculiarità e senza uniformare tutto riducendolo alla banale esecuzione delle “note scritte”. Proprio in questo l’ensemble si è distinto, riuscendo a non farci rimpiangere gli appuntamenti dedicati ad un solo repertorio.
Il concerto, introdotto dalle presentazioni della giornalista Federica Priori, inizia con le squillanti note della marcia “Trombe d’Argento” composta per l’elezione di Pio IX ed eseguita ogni volta che il Pontefice faceva ingresso in San Pietro.
In questa “passeggiata” fra i generi musicali il pubblico in sala ha potuto ascoltare Bach, Vivaldi, Marcello, Walther ma anche Williams, Gershwin, Piazzolla e Morricone.
Per questo organico si sono cimentati diversi compositori ed arrangiatori, i quali hanno adattato partiture orchestrali agli strumenti dell’ensemble. Gran parte degli arrangiamenti in programma sono firmati dal cornista Giuseppe Calabrese, membro del sestetto.
Il dialogo tra gli ottoni ed il violino di Milenkovic è sempre rimasto in perfetto inaspettato equilibrio, dando una percezione di naturalezza. Suono compatto quello degli Ottoni della Sistina, purtroppo leggermente penalizzati dall’acustica dell’Auditorium ideata per gli strumenti ad arco che ha “tagliato” e “distorto” alcune frequenze dei fiati, sopratutto nei grandi crescendo e nei fortissimi. Milenkovic ha dalla sua un suono nitido, pulito, non eccessivamente graffiante ma preciso. La fortuna del pubblico (purtroppo non da sold out) in sala è stata anche l’aver potuto ascoltare due straordinari pezzi della collezione del Museo.
La prima parte ha visto l’utilizzo dello Stradivari 1734 “Lam - ex Scotland University”, mentre nella seconda parte del concerto la scelta è andata sul meraviglioso Stradivari “Vesuvius” 1727.
Proprio sul Vesuvius il giovane violinista ha proposto un bis di grande difficoltà tecnica, il Capriccio n.24 di Niccolò Paganini in un’esecuzione da manuale. Lo stile del musicista ventiduenne ha tempo per crearsi, per ora emerge un bel suono, non eccessivamente aggressivo, ben misurato, senza alcun problema di intonazione e senza vezzi interpretativi estremizzati come capita spesso di udire quando si ascoltano alcuni “grandi” esecutori della scena internazionale. Milenkovic porta a casa un concerto ben eseguito, senza strafare, dimostrando tanta accademia e ottime capacità tecniche. Non guasta anche l’assenza del vibrato eccessivo che è sempre più diffuso fra alcuni strumentisti in cerca di ovazioni.
In chiusura di serata un omaggio al popolo Ucraino col brano in prima esecuzione assoluta “Gioia all’Ucraina”, composto per l’occasione dallo stesso Calabrese. La partitura rappresenta un interessante mélange fra l’inno europeo e l’inno nazionale Ucraino”.
Una degna, applaudita, conclusione in questa serata dalle mille sfaccettature in grado di accontentare tutti i palati.
Chiuso in gloria questo ciclo di concerti ne parte subito un altro, l’appuntamento successivo è quindi al CremonaJazz in scena già dal 22 Aprile.
Le fotografie sono di Danilo Codazzi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti