15 febbraio 2025

Una cintura rossa, niente ori, argenti, sete o perle. Così si esercitava la prostituzione (controllata dal Comune) nel '500 nell'attuale via dei Lanaioli. Poi il trasferimento in via Santa Tecla

Ad inizio del 1500 ,la zona “commerciale” della citta’ era rappresentata da Platea Major, Platea Piscatoria e Platea Parva. Erano questi i tre antichi toponimi della piazza del Duomo, la piazza dietro il battistero e piazza Stradivari.

La zona commerciale comprendeva anche i “mercati de li frutaroli” che si attestavano nell’attuale Largo Boccaccino a contatto con Il Mercatello de Ferraris (Via Mercatello ) e Vicolo Torriani (vicolo osterie)

Era anche in questa zona che si esercitava la professione più antica del mondo.

L’esercizio della prostituzione era comunque affare del Comune. Era gestito da leggi come per esempio la distanza massima consentita dalla porta del lupanare per attirare i clienti (12 metri), o il fatto di non poter indossare ori, argenti o sete o perle.

Era anche necessario indossare un “divisa” che obbligava a non portare vestiti sgargianti e a porre una cintola rossa a metà abito per essere identificate.

In ogni caso le case chiuse dovevano restare interne alla cinta muraria, forse per essere meglio controllate anche a livello fiscale o in caso di disordini.

L’esercizio terminava al terzo rintocco della campana serale.

Ad inizio 1500 le famiglie Galletti e Del Pesce avevano messo a disposizione alcuni immobili affinchè si potesse autorizzare tale attività ubicata in una zona angusta e di passaggio tra Platea Parva e Contrada delle Beccherie Vecchie.

La zona riconducibile alla attualità è individuata nella Via Lanaioli (portici Banca S.Paolo) ed alcuni scalini che si inerpicano in curva e che conducono a Via Solferino passando per un voltone che sbuca di fronte il civico 34 della stessa Via Solferino.

Il tramite tra Piazza Stradivari e Via Solferino era all’epoca buio e voltato (in parte lo è ancora) e si prestava alla presenza di un lupanare.

I vicoli in origine erano almeno 2 ma non uniti tra loro se non da un angusto tunnel pedonale. Lo si deduce dalla mappa cittadina di Campi della fine 1500.

La Stretta di Santa Croce partiva da piazza Piccola (Stradivari) e portava ad un chiesuolo del 1370 voluto dalla Confraternita di San Rocco.

Il chiesuolo fu detto di Santa Croce (da non confondersi con altra chiesa omonima dove sorse il Castello Santa Croce – oggi Piazza Castello ).

Nel 1512, quasi dall'altra parte della Stretta di Santa Croce, ma su contrada delle Beccherie Vecchie (ora Solferino ) venne costruita un'altra chiesetta detta di S.Rocco. Le due chiese erano praticamente adiacenti e il tramite del transito era "La Stretta di Santa Croce".

La zona venne “bonificata” e le meretrici sgombrate. Il segnale era quello di “purificare la zona” e renderla decorosa con questo nuovo chiesuolo di S.Rocco.

“loco pubblico in riceptacolo de le done desoneste et meretrice pubbliche….rendeva grande abominatione ad gentilomeni et done honeste nel passare de la Via Maestra a Ecclesia Maggiore”.

Dopo circa un lustro le stesse Meretrici si rivolgono con una supplica al Consiglio per chiedere un luogo ove esercitare, minacciando di farlo per le strade se tale luogo non fosse stato trovato e messo loro a disposizione.

Poco dopo anche un certo Ravaso Pietro , ritornava a chiedere alla comunità di Cremona di riaprire un luogo adatto alla prostituzione. “…in voler che la ghe proveda de un loco per far un postribolo “. Sempre il Ravaso era poi passato ai fatti occupando alcune case nel medesimo luogo del precedente bordello nella Stretta di Santa Croce. Tale fatto pubblico aveva scatenato l’ira dei cittadini che avevano denunciato il malcostume

…in certe case de un gentilomo appresso la piaza del Capitano qual afictava a diversi artisani persone de honesta et bona fama et conditione et mo promessa in vendita a certi massari et regenti di una bella et devota capella novamente eretta sotto il nome et protetione del glorioso S.Rocco ad quelle aderente, et cum minatie et batiture scaciate fora dicti habitanti et metterli delle meretrice pure in gran villipendio della città et culto divino et danno de dicto gentiluomo, et finalmente essendo reiette dicte meretrice ha minazato et minacia de brusar dicte case et altrimenti offendere dicto gentilomo et massari de dicta capella…

L’uno giugno del 1517 il luogotenente del Ducato di Milano si trovava con una spinosa questione da risolvere e scriveva al Ravaso per intimargli la cessazione di tali fatti “no dobiate intromettere alcune meretrice in le case de gentiluomini  et ne la giesa de sancto Rocho aciochè dicti lochi non siano profanati in vilipendio del culto divino

Ne nacque una disputa tra il Ravasi e le meretrici contro la Comunità di Cremona che cercava un locale adatto all’esercizio ed essendo l’esercizio stesso affare e controllo e lucro del Comune si istituì una commissione.

In tale disputa intervenne anche Domenico Bordigallo nella delegazione del Comune per cercare una soluzione. 

Per un puro caso, la attuale Via Bordigallo  è accanto e parallela a Via Lanaioli cioè la Stretta di Santa Croce della quale stiamo narrando.

Domenico Bordigallo fu notaio e amministratore della Chiesa di S.Agata , nonché diplomatico e ragioniere del Comune. Nel periodo in cui si svolgono i fatti era Procuratore per il Comune.

Inizialmente venne proposta l'abitazione di un certo Martire de Guazono abitante di Platea Parva. Non sappiamo l'esatta posizione di questa casa ma sicuramente non era lontana dalla chiesetta di S.Rocco e quindi fu scartata poiché non avrebbe risolto il problema della ubicazione.

In seconda battuta si scelse il quartiere in fondo a Contrada Bassa, nella zona del Distantiarum.

Il distantiarum era una strada che separava monasteri diversi e andava da chiesa S.Paolo a chiesa S.Ilario. Attraversava sulla destra il Monastero del Corpus Domini e a sinistra i due Monasteri di S.Benedetto e S.Chiara. La ubicazione esatta del Distantiarum è tutt’oggi presente a metà Via Racchetta al civico 3. Tirando una retta teorica dal civico 3 e orientandosi con la Pianta di Campi si arriva a Via Dei Mille , intersezione con Via Magenta. La strada cessò il suo utilizzo alla chiusura dei monasteri poiché “distanziava” i monasteri maschili da quelli femminili.

Una zona alquanto bizzarra per un postribolo, il quartiere dei monasteri (ora Università Cattolica ).

La esatta ubicazione era però leggermente spostata a sud verso Contrada S.Tecla in una zona definita loco de la Fontana ( probabilmente area attuale del parcheggio S.Tecla ) “loco apud Sanctam Teclam

A questo punto, vi fu la alzata degli scudi degli ecclesiastici e nella “pro prostibulo errigendo datata 27 agosto 1517”  si legge la protesta “puzza et carogna meretucale”.

Insorsero Badesse e Monaci, suore e frati, sorelle e fratelli di S.Pietro e Paolo, S.Francesco , S.Agostino, S.Benedetto . La causa rimase quindi sospesa e probabilmente non vi furono decisioni chiare ed ufficiali.

Restano alcuni dubbi sul fatto che, anni dopo, in modo non ufficiale ma ufficioso, la zona fosse davvero luogo di meretricio sebbene inserita in una forte presenza e vicinanza di strutture monastiche che in seguito divennero caserme per le soldataglie di occupazione.

Nei fragmentorum del tardo 500 ci sono indicazioni riferite a metà secolo, sul fatto che in Contrada Santa Tecla vi siano delle donne “da partito” e che tale presenza sia ben conosciuta da tutti i cremonesi.

Sono le stesse meretrici che scrivono di essere lasciate in pace poiché esercitano al confine delle mura in luogo distante da luoghi sacri.

Effettivamente Santa Tecla confina con Via Massarotti che segna la fossa che anticipava  le mura. Fu alla fine suggerito dal consiglio generale di Cremona che non vi era purtroppo altro luogo se non quello di Santa Tecla idoneo all’esercizio della prostituzione.

Fu anche consigliato di erigere due muri confinanti affinchè non si vedesse l’esercizio. Che non vi fossero osterie, che non si potesse ballare o vendere legna per riscaldamento. L’ambiente andava cioè circoscritto e isolato.

Ad inizio del 1577 fu legalizzato un Postribolo in Contrada di Sancta Tecla e la zona fu appaltata a privati che ne amministrassero i proventi versandone una parte al Comune in quantità di Lire 200 all’anno per durata di 9 anni.

Curioso il fatto che chiesa e monastero di Santa Tecla di Iconio furono distrutti nel 1516.  Il chiesuolo di San Rocco di Montpellier fu costruito nel 1512.

 Le ostilità sul nuovo bordello iniziarono nel 1517.

Le date, a mio avviso  sembrano quindi collimare, ipotizzando che la nuova ubicazione non fu scelta per vicinanza ai monasteri ma forse per disponibilità di uno spazio vuoto, appena creatosi  e adiacente le mura, quindi in luogo appartato e remoto.

Alla fine del 1500 la vicinia di S.Bassano (200 m. da S.Tecla ) censiva decine di donne “sole”.

Certamente la vicinanza dei monasteri poi convertiti in caserme creava domanda e offerta per i secoli a venire nei quali Cremona fu dominata da Francesi – Spagnoli – Austriaci. Il quartiere di S.Bassano fu infatti più avanti riconosciuto come "la zona bassa" “della città con osterie, alcolisti, prostitute, gente di malaffare,ladruncoli.

Si arrivò cosi’ fino agli anni '30 del 1900.

Per quanto concerne invece la Stretta Santa Croce, le due chiese contigue (S. Croce -S.Rocco) vennero fuse alla fine 1500 in una unica chiesa dedicata a Santa Maria di Loreto e vennero chiuse definitivamente nel 1790 per decreto austriaco.

Il vicolo rimase angusto fino al 1930  quando intero quartiere fu demolito per costruire la nuova Piazza Cavour, i nuovi portici e la Camera di Commercio.

Maurizio Mollica


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commenti


Michele de Crecchio

16 febbraio 2025 01:27

L'orrendo spazio urbano ben ricordato dalla più vecchia delle fotografie allegate all'articolo di Mollica (da notare, in particolare, sul fondo, a destra della gradinata di via dei lanaioli, un monumentale quanto rozzo "vespasiano) costituiva, in quegli anni, uno dei più clamorosi "guasti urbani" determinati dalle drastiche ristrutturazioni edilizie volute dal regime fascista nel cuore del centro storico cittadino. Sulla sinistra di tale spazio, non testimoniata dalla vecchia fotografia, aveva trovato ricovero, in due modeste stanzucce, l'autoscuola Ferrarini, una delle prime sorte in città, autoscuola che, come curiosamente intitolava l'apposito manuale Hoepli, edito pochi anni prima, insegnava a divenire "chaffeur di sè stesso"!
Tali indecorose condizioni furono superate solo alcuni anni dopo, quando, sul perimetro di tale infelice " guasto urbano" , furono recuperati malconci edifici e, in particolare, realizzata la discussa Borsa Merci. A tali decorose operazioni di riqualificazione urbana diedero il loro contributo i migliori progettisti allora operanti in città e, in particolare, anche quell'ottimo architetto bergamasco che fu il compianto Angelini.