8 dicembre 2025

Venerdì in Sant'Agostino torna il Requiem di Verdi. Il maestro e i consigli di quel piccolo prete di campagna

La Messa da Requiem di Giuseppe Verdi torna a Cremona per ricordare il grande baritono Aldo Protti nel trentesimo della sua scomparsa e il pianista Alberto Bruni morto 10 anni fa: venerdì 12 dicembre (ore 20.30) nella chiesa di Sant’ Agostino.  Loris Braga, con BeMyOrchestra di Cremona e con il Coro Lirico Ponchielli-Vertova, affronterà la monumentale opera sacra del Maestro delle Roncole. I solisti: Kseniia Overko, soprano;  Eleonora Filipponi, mezzosoprano; Xinrui Liu , tenore; Mauro Corna, basso, insieme ad altri 140 musicisti, ridaranno vita a un capolavoro enigmatico. Profondo e per molti versi ancora difficilmente interpretabile, nella vita compositiva e personale del musicista.

Il periodo di composizione è tra il 1869 e il 1874. Nella pace di Villa Sant’Agata, a Villanova, dove, qualche tempo prima, aveva terminato Aida, per poi prendersi un lungo periodo di silenzio. Un primo embrione di composizione era nato per ricordare Gioacchino Rossini. Il progetto si fermò alla stesura del Libera me Domine, utilizzato poi nella composizione del 1874. E’ però con la morte di Alessandro Manzoni (22 maggio 1873) che l’idea si concretizza. Il 3 giugno di quell’anno, Verdi scrisse all’editore Ricordi Vorrei mettere in musica una Messa da morto da eseguirsi l'anno venturo per l'anniversario della sua morte. L’anno successivo, il 22 maggio 1874 nella chiesa milanese di San Marco, lo stesso Verdi diresse la Messa con solisti d’eccezione: Teresa Stolz, soprano; Maria Waldmann, mezzosoprano; Giuseppe Capponi, tenore e Ormondo Maini, basso. Il successo fu enorme. 

Antonio Rostagno, come molti critici verdiani, spiega che quella composizione sia frutto della ricerca della fede e della paura della morte provate maestro, nonostante in quel momento Verdi fosse molto vicino all’ateismo e in piena fase scettica.  Questo racconta la storiografia. La narrazione di quanto accadde tra San Giuliano Piacentino, Villanova d’Arda e Vidalenzo, borgo appena aldilà dell’Ongina, racconta altro.

E protagonista è un prete di campagna: don Giovanni Avanzi, una delle persone più care e vicine ai coniugi Verdi. Nato a Soarza il 6 gennaio del 1812, nel 1841 iniziò il ministero sacerdotale a Busseto. Nel 1844 giunse San Giuliano Piacentino, parroco dell’oratorio delle Spine. E nel 1857 fu inviato a Vidalenzo, quasi difronte a villa Sant’Agata, dove resterà fino al 1890. Esattamente gli anni di composizione della Messa. Don Giovanni non era diventato solo il confessore di Giuseppina Strepponi e della sorella Barberina che risiedeva a Cremona, ma anche il più stretto collaboratore del maestro durante le serate passate insieme nel salotto della Villa. 

E’ noto che in quelle serate il Maestro, che lo considerava dottissimo e prete ed onestissimo, chiedesse a lui lumi su come mettere in musica quel testo sacro. Chi meglio di un prete poteva illustrare all’uomo delle Roncole il significato, ad esempio, della terribile sequenza Dies Irae

Per altro, nel 1875, Verdi, proprio negli anni della frequentazione con don Avanzi, rivisitò il testo della Messa sostituendo il fugato del coro con un'aria per mezzosoprano del brano Liber scriptus. Altra variazione quella legata al Lacrimosa. La rielaborazione riguarda il materiale musicale utilizzato per il Don Carlo ; presente inizialmente nel IV atto dell'opera nella sua versione in cinque atti.

Sembra evidente che nel cuore di Verdi, aldilà della patina storiografica, ci sia stata una fede forte. Lontana dall’anticlericalismo e ateismo che gli studiosi gli attribuiscono. E ciò è rafforzato dal fatto che il catalogo di Verdi, proprio in quel periodo, è ricco di opere sacre. 

musicologo

Roberto Fiorentini


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commenti


Giuseppe Sciacca

8 dicembre 2025 07:58

Eccellente spiegazione della nascita dell'opera sacra.