16 febbraio 2021

Topolino e Verdi a fumetti, quello spunto di Giovanni Guareschi su Candido

Chissà se lo sceneggiatore di “Topolino e il codice Armonico”, Francesco Artibani, avrà letto l’intervista immaginaria che Giovannino Guareschi fece a Giuseppe Verdi nel 1951. A rivedere (il racconto a fumetti è uscito per la prima volta nel 2013) la vicenda che catapulta Topolino e il fido Pippo indietro nel tempo fino al 1872, per chiedere al Maestro se fossero sue le modifiche agli spartiti di “Aida” scovati da un musicologo in un archivio milanese, si direbbe proprio che il tutto derivi dall’articolo guareschiano, pubblicato sul “Candido” in occasione del 50° della morte del Cigno di Busseto.

Infatti, proprio come accade a Giovannino, i due giornalisti a fumetti arrivano davanti al cancello di Sant’Agata. Scrive Guareschi: «Stetti lì con la faccia tra le sbarre a rimirarmi il grande giardino ed ecco che, nel viale, comparve un vecchio con la barba bianca e un gran cappellaccio nero in testa. Era lui e io lo salutai con rispetto. “Buon giorno, Maestro.” Si avvicinò e venne a guardarmi in faccia. E rimanemmo lì in silenzio, e tra di noi erano le sbarre del cancello». Nel disegno Topolino parla con un vecchio dalla gran barba bianca, vestito da contadino e con un cappellaccio in capo. Dapprima, nel fumetto, Verdi non si fa riconoscere, ma alla fine del breve colloquio al cancello della villa, tenta di congedare i due ficcanaso: «Giuseppe Verdi sono io! Maestro sì, ma anche contadino, allevatore e buon esperto di pioppi e cavalli! L’arte va bene, ma la terra vale di più…». Ecco Guareschi: «“Ha un parco bellissimo, Maestro.” Si strinse nelle spalle e borbottò: “Il mio cosiddetto giardino. Dodici salici, diciotto Pioppi e ventiquattro rosai”. “Chi sa quanti bei fiori fra poco!” Scosse il capo. “Io amo molto i fiori, ma per averne di belli, bisogna un gran giardiniere. Io detesto tutte le tirannie e specialmente le domestiche. Ora i gran giardinieri, i gran cuochi, i gran cocchieri sono i veri tiranni d’una casa. Con questi voi non siete più padrone di toccare un fiore del vostro giardino, di mangiare un semplice uovo con l’insalata, di adoperare i vostri cavalli se piove o se fa troppo sole, eccetera eccetera. No, no: di tiranni in casa basto io solo e ben so la fatica che mi costo!”».

Così, invitati dalla Strepponi, a differenza di Giovannino lasciato sul cancello, Topolino e Pippo finiscono per accompagnare il Maestro alla Scala, per chiedere spiegazioni delle false modifiche allo spartito di “Aida”. Verdi s’infuria e strapazza il direttore del teatro: «Limitatevi ad eseguire quello che c’è scritto e certe invenzioni riservatele ad altri!». Ancora Guareschi: «Io voglio un solo creatore, e m’accontento che si eseguisca semplicemente ed esattamente quello che è scritto. Leggo sovente nei giornali di “effetti non immaginati dall’autore" ma io, per parte mia, non li ho mai trovati... Io non ammetto né ai cantanti né ai direttori la facoltà di creare !”». Beh, le somiglianze sono davvero tante e, occorre dire, fedeli al vero: l’intervista di Giovannino ha come risposte le lettere del Maestro, raccolte da Aldo Oberdorfer nel volume “Giuseppe Verdi – Autobiografia dalle lettere”. Quindi, come per Topolino settant’anni dopo, domande inventate, ma risposte autentiche. Verdiane. Un altro simpatico e bell’omaggio al “Mago” delle Roncole !

Egidio Bandini


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