26 giugno 2024

La vittoria più bella per una amministrazione? Far tornare agli sfiduciati cremonesi la voglia di votare

Le elezioni si vincono – o si perdono - prima di andare al voto, non dopo lo spoglio. Le urne sono tremende, rappresentano una sorta di confine tra ciò che vorremmo e ciò che riusciamo ad ottenere, hanno un equilibrio proprio e un moto che però è alimentato dai cittadini che vi infilano all'interno le schede. Ma il risultato non è semplicemente la vittoria o la sconfitta – nella peggiore delle ipotesi il pareggio può andare bene lo stesso - ma rappresenta una sorta di certificato che annulla quel confine perché il lavoro e scelte fatte prima sono quelle che premiano il lavoro svolto.

La città di Cremona, oltre ad altre realtà in Italia, ha deciso con un ballottaggio a chi affidare il governo cittadino, è un passaggio fondamentale, la democrazia vive su quelle urne, si alimenta grazie a quelle schede colorate dove sono stampati non solo simboli, ma anche scelte, idee, nomi di persone o intenzioni. Leggendo le statistiche, valori che possono raccontare tanto o poco a seconda della prospettiva utilizzata ma che comunque alzano un po' il velo su quel lavoro fatto prima, balza all'occhio che l'astensionismo è ormai ben oltre il fatidico 50% degli aventi diritto al voto. Mediamente, quindi anche a Cremona, più della metà delle persone non ha sentito il bisogno o la voglia di andare a votare per il governo cittadino, scelta rispettabilissima, ci mancherebbe, come ogni scelta che nasce da un percorso democratico, scelta che – invece – dovrebbe far riflettere e con molta attenzione coloro che compongono il reticolo di nomi, idee e scelte di quella scheda elettorale. Discorso risaputo quello dell'astensionismo, però è un discorso estremamente sottovalutato e che rischia di fare capolino in maniera ben più profonda con il passare del tempo, come una carie ai denti ignorata e non curata per tempo.

Il non andare a votare di solito coincide con una totale assenza di empatia verso il concetto stesso di elezioni comunali, come in una sorta di canzone evergreen le frasi “tanto non servono a nulla” o “tanto sono tutti uguali e nessuno mi va bene” sono i motivi principali per i quali non ci si accomoda dentro la cabina elettorale. E' parte di un percorso democratico anche questa scelta, senza però dimenticare che quel cambiamento, vero o presunto, a cui tutti ambiscono nasce proprio dal voto, il resto tocca a coloro che hanno fatto la scelta di lavorare per la comunità. L'abito su misura può essere creato dal miglior sarto al mondo, tocca a noi saperlo portare e accettare il fatto che, magari in piccoli dettagli, non è come pensavamo, a quel punto con aghi e forbici si cerca di riequilibrare il vestito perché sia il più possibile idoneo alle nostre esigenze.

L'assenteismo è sinonimo di indifferenza verso ciò che accade in una città, l'indifferenza porta, nel lungo periodo, solo ad un crescente malumore, una sorta di insopportabile irritazione che non si stempera con il passare del tempo ma che tende ad acutizzarsi fino all'insofferenza totale. Il declino del flusso di persone verso le urne non è solo un problema di voto ma anche di ottica futura, non votare per poi prendersela con i problemi – o le mancate soluzioni – che circondano la vita di una città non è il modo per aiutare a confrontarsi e a cercare di migliorare ciò che ci accompagna quotidianamente. Se l'offerta politica sembra poco costruttiva lo si capisce dalle campagne elettorali, ma non sono solo quelle che creano la possibilità di affrontare tematiche a volte complesse, il confronto e il dialogo si dovrebbero sviluppare ogni giorno per quei cinque anni che poi si concludono con la chiamata ai seggi. Le elezioni si vincono – o si perdono – prima dello spoglio dei voti perché già dal giorno stesso della pubblicazione dei dati vincitori e vinti dovrebbero cominciare a pensare a come preparare i futuri cinque anni, perché la più grande vittoria di un politico, soprattutto in caso di assenteismo crescente, è quella di far tornare le persone a votare e a far capire di quale ruolo fondamentale abbiano gli elettori e le loro motivazioni in un processo democratico. Servono a poco sei mesi prima della fatidica data di incontri e monologhi più o meno condivisibili, è molto più utile ascoltare e capire fin da subito per poter programmare il futuro e tornare ad una partecipazione alla vita politica che non si fermi una volta determinato il vincitore.

Marco Bragazzi


© RIPRODUZIONE RISERVATA




commenti