19 marzo 2023

Quando i ciechi ci vedono benissimo e i vedenti sono i veri ciechi!

Oggi, quarta di Quaresima, domenica della letizia, leggendo il Vangelo del cieco nato è come se fossimo spettatori di un processo. In apparenza si tratta di un processo che scribi e farisei intentano contro Gesù, in realtà è un processo che Gesù conduce contro i capi del popolo e che alla fine si concluderà con un’amara sentenza condanna: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane» (Gv 9, 41).

Al centro del contendere c’è la guarigione di un cieco nato. Gesù uscito dal tempio di Gerusalemme per la festa delle Capanne incontra quest’uomo ai bordi della strada. Senza che nessuno lo invitasse a guarirlo, il Maestro fa del fango con la saliva e lo pone sugli occhi dello sventurato, poi, lo manda a bagnarsi nella vicina piscina di Siloe. Il gesto di Gesù richiama la creazione dell’uomo raccontata nella Genesi: Egli, in effetti, “ricrea” quell’uomo, rianima il lui il desiderio di vivere, la speranza di poter vincere il proprio isolamento, la propria solitudine e di poter così instaurare relazioni autentiche con chi fino a quel momento lo aveva trattato con sufficienza o addirittura disprezzo.

Grazie a quello sguardo di tenerezza – uno sguardo “generante” al contrario di quello dei discepoli che è “giudicante” – e a quel gesto che non ha nulla di magico, ma di profetico, il cieco non brancola più nel buio: ora può vedere la luce del sole, l’azzurro del cielo, i colori dei fiori, i volti delle persone con le quali si rapporta!

Gesù compie questo miracolo per dirci che lui ci può far rinascere un’altra volta. E questo miracolo lo compie attraverso il battesimo: con esso ci ha aperto gli occhi, che il peccato ci aveva chiuso! Grazie al primo dei sacramenti possiamo contemplare il volto di Dio e capire che non è un padrone cattivo, un giudice severo, ma un padre amorevole, che cerca disperatamente di rapportarsi a noi, di instaurare un dialogo confidente e quotidiano. Gesù, inoltre, apre gli occhi sul vero volto dell’amore: che non è ricerca di sé stessi, del proprio piacere, della propria auto-realizzazione personale, ma è ricerca del bene dell’altro.

Il problema per i farisei e gli scribi è che il Nazareno ha compiuto questo miracolo di sabato, giorno in cui è vietata qualsiasi attività. Una regola rigida per gli ebrei che, nell’intendimento iniziale, voleva onorare il riposo di Dio nel settimo giorno, dopo i sei utilizzati per creare il mondo. Gesù, però, non ci sta: la legge è al servizio dell’uomo e non il contrario! La legge è per aiutare l’uomo ad amare di più di Dio e i fratelli, invece viene usata per calpestarlo nella sua dignità, per soffocare il grido di aiuto dei più poveri e degli emarginati. Ancora una volta farisei e scribi usano la religione per rifugiarsi in un giardino dorato, dove nemmeno lontanamente si sentano i gemiti di chi soffre e lotta per vivere. C’è sempre la tentazione di rinchiudersi in stessi per non venire interpellati dal dolore dell’altro, dalla sofferenza di chi ci passa accanto: quante volte di fronte ad immagini di morte o di indigenza cambiamo canale o chiudiamo gli occhi per non farci interpellare, per non lasciarci coinvolgere?

Il cieco tornato a vedere, testimone principale di quanto è accaduto, viene torchiato dai presunti difensori della legge di Dio che però ne escono scornati e derisi: non hanno compreso la lezione degli antichi profeti che hanno sempre richiamato una profonda unita fra culto e carità, tra liturgia e amore al prossimo, tra giustizia e misericordia... Se la religione ci allontana da chi soffre nel corpo e nel cuore, ci allontana da Cristo che sulla Croce ha raccolto tutto il dolore del mondo e lo ha reso strumento di salvezza!

Il miracolato torna alla vita due volte: la prima con la luce degli occhi, la seconda con la luce del cuore perché piano piano riconosce che chi l’ha guarito ha un potere più grande ancora: quello di sanare la cecità spirituale, di liberare l’uomo dal peccato. E qual è il peccato più grande oggi? 

Limitare Dio e la sua opera entro schemi prefissati, entro i nostri meschini pregiudizi: una modalità che, in questo caso, non è solo dei notabili del popolo, ma anche dei discepoli che fanno del cieco un caso da manuale di teologia, o dei vicini che sono attratti solo dal miracolo e da come è avvenuto, o dei genitori che negano perfino l’evidenza per non essere coinvolti in questa diatriba che minaccia sanzioni ed espulsioni dalla comunità civile e religiosa. Solo Gesù vede in quello sventurato “un uomo” che ha bisogno di ritornare alla vita… per gli altri è solo un caso sul qual discutere o prendere le distanze!

Claudio Rasoli


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