10 febbraio 2025

Scegliere di buttare giù le muraglie storiche anziché mettere mano a interventi più urgenti. Quale logica amministrativa c'è?

Fra i più ardui enigmi in grado di distrarre l’afflitto animo dei  cremonesi c’è una domanda. Quale logica guida le scelte amministrative riguardo al presente e al futuro prossimo di una città in più che palese affanno? A parte l’esibito trofeo del comparto turistico -ma col mordi e fuggi non si campa- il resto, a cominciare dal commercio, arranca fra faticosi galleggiamenti e bilanci negativi. Né aiuta ovviamente l’impennata di criminalità che fra rapine, accoltellamenti e risse ha ormai coinvolto anche il centro storico riducendone le residue chances di rilancio. Oltre, come è ovvio,  ad aver minato  quel confidente rapporto dei cremonesi col proprio territorio che fino all’altro ieri  ci faceva dire che, sì, il clima è pessimo, le grandi vie di comunicazione ci snobbano, parecchie criticità ci preoccupano, ma poter contare sulla sicurezza di una città tranquilla è pur sempre un accettabile risarcimento. Quelle certezze sono ormai lontano ricordo. E si allunga  la lista delle priorità e urgenze – sicurezza in testa – su cui i cremonesi attendono non parole ma fatti. 

Desta pertanto  qualche stupore che il mantra amministrativo del 2025  preveda l’abbattimento dei muri di cinta di alcuni parchi cittadini  fra gli obiettivi su cui giocare la sua non eccelsa capacità seduttiva. Caso vuole che, appena imboccato viale Po, mi sia capitato giorni fa di osservare le condizioni disastrose del breve ponte sul Morbasco: davvero imbarazzante biglietto per chi accede alla città da sud. Le foto a corredo dell’articolo sono eloquenti.  Ma a quanto pare la vera urgenza che sta appassionando l’Amministrazione cittadina si trova pochi metri più in là e riguarda lo smantellamento del muro di cinta, perfettamente conservato, che fu parte integrante del comprensorio industriale della storica  fornace Frazzi.  Il che sta configurando una curiosa situazione. Non solo il Comune si sta scontrando col quartiere Po che, contrarissimo al progetto, gli oppone sensati argomenti, ma, cosa ben più singolare, entra in contraddizione con se stesso. 

Va infatti dato atto degli encomiabili sforzi che negli ultimi anni hanno mobilitato le professionalità e i mezzi finanziari necessari a integrare i fondi Pnrr per il recupero e la rigenerazione urbana del dismesso distretto industriale. Il risultato è l’attrattivo polo culturale e museale che ha sottratto all’oblio il lungo tratto di storia locale che trovò nel crescente prestigio di una produzione laterizia di successo mondiale una preziosa leva per lo sviluppo economico sociale del territorio.

Ancor più fragile, alla luce di tali premesse, appare dunque l’argomento accampato a sostegno dell’abbattimento: il muro è degli anni cinquanta del ‘900, dunque abbastanza recente da poter essere smantellato senza imbarazzo e sostituito con una comunissima siepe. Siepe sul cui futuro la profezia è scontata:  qualche mese di decorose cure, poi il consueto abbandono che ne farà il solito, rinsecchito ricettacolo di rifiuti e deiezioni canine. La vicenda trascende il caso specifico e induce a una domanda di ben più rilevante portata.  A quale titolo un’amministrazione, peraltro di risicata rappresentatività visti i numeri dell’ultima tornata elettorale, può decidere di amputare la fisionomia di un quartiere cittadino, cancellandone una componente che, non a caso realizzata in tipico cotto, appare coerentemente integrata nel contesto di un’archeologia industriale del laterizio. Fatto sta che quella lunga muraglia rossa, sormontata fra l’altro da una non spregevole cancellata, è saldamente piantata nella memoria collettiva di generazioni di cremonesi. E’ dunque parte  di quella ‘civiltà materiale’ che gli storici si affannano a recuperare e che un’amministrazione si sente oggi in diritto di cancellare in base a opinabili valutazioni di “opportunità estetica”.   Ma tant’è. 

E pare proprio che analoga sorte toccherà al parco del Vecchio Passeggio in viale Trento e Trieste.  La suggestiva vecchiaia della sua muraglia di cinta su cui, stagione dopo stagione, il muschio ha impresso i suoi ricami e il tempo le sue rughe, subirà l’implacabile oltraggio delle ruspe. Va peraltro detto che quell’area negli ultimi anni tutto è stata fuorché  un godibile parco degno di questo nome.  Piante in desolante abbandono, erbacce secche, panchine arrugginite, malandati contenitori  traboccanti di  rifiuti rimasti a macerare sotto sole e pioggia per mesi. Uno scempio  di cui è facilmente intuibile l’unico vero utilizzo: la Piazza Affari in cui gli elementi meno raccomandabili della vicina Casa dell’Accoglienza hanno praticato indisturbato spaccio  

Quanti milioni di euro costeranno le demolizioni di cui nessun cremonese con piedi per terra e testa sulle spalle sente l’urgenza? Quante urgenti manutenzioni si potrebbero realizzare con quei fondi? Ma, vil danaro a parte, credo che la domanda decisiva sia un’altra: cosa  cerca chi si inoltra in un parco cittadino, magari con un libro, un giornale o la semplice voglia di una pausa nel verde. Cerca la quiete di uno spazio appartato e protetto dal traffico e dal suo chiasso. E i muri, prossimi all’abbattimento, cos’altro sono se non protezioni acustiche, visive e psicologiche in grado di regalare la rilassante sensazione di un ‘altrove’ più naturale e meno aggressivo della realtà lasciata alle spalle? Parchi e giardini, come ogni spazio del vissuto collettivo, sono contenitori di comportamenti ma soprattutto di sentimenti. Non a caso l’occhio del cinema e della letteratura tanto spesso ha indugiato sulle infinite suggestioni anche metaforiche dei grandi giardini e dei loro austeri e misteriosi cancelli. 

Spianandone la muraglia, il parco di viale Trento e Trieste sarà semplicemente e banalmente riconsegnato alla strada, arteria notoriamente trafficatissima. Lo so, questo ragionamento cela il rischio immobilistico: fermi tutti e che nessuno tocchi l’eredità del passato. Mi guardo bene dal dirlo, ma è pur vero che decisivo ago della bilancia fra il fare e il non fare resta ancora e sempre la qualità del risultato. E dall’indimenticata  pensilina di piazza Stradivari, ai totem, alla facciata della Loggia dei Militi recentemente deturpata, le scelte ‘poco felici’ sono state parecchie. Allora? Allora l’alternativa c’è ed è più che onorevole. Essere intelligenti, accorti e solerti custodi del territorio e del suo patrimonio. Strategia estetica molto simile in fondo a quel che ragionevolmente si consiglia alle signore di non più verde età: poco, sapiente trucco limitato ai punti giusti. E, soprattutto, mai strafare.

La foto del Parco del Vecchio Passeggio è di Alberto Bruschi

Ada Ferrari


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commenti


Annamaria

10 febbraio 2025 16:58

"Lo so, questo ragionamento cela il rischio immobilistico: fermi tutti e che nessuno tocchi l’eredità del passato"
No, decisamente in questo caso non si tratta di "immobilismo" ma di "banale" buonsenso. Oltre le diverse argomentazioni, condivisibili, vorrei rimarcare come questo parco, per quanto bistrattato da varie amministrazioni (ricordo con terrore l'idea di un assessore di fare un parcheggio sotterraneo proprio sotto il parco, non sazio, si vede, del travolgente successo del parcheggio di piazza Marconi...), sia il candidato ideale a diventare (tornare ad essere?) una vera oasi rigenerante per le persone, le piante (che protette da muri di cinta e cancelli non hanno bisogno di essere illuminate a giorno durante la notte, perchè il buio ha una sua funzione precisa) e l'avifauna urbana. Un parco così in centro storico contrasta le isole di calore che affliggono le città soffocate dal cemento e dal traffico. Oltre al "morituro" muro di cinta l'altra minaccia è l'utilizzo del parco "rigenerato" come luogo, ops, location per eventi di dubbio gusto (in tutti i sensi) che prevederebbero il transito e lo stazionamento di mezzi pesanti e un livello di inquinamento acustico sicuramente dannoso per l'ambiente del parco. Essere contrari a tutto questo non è voler restare fermi al passato, anzi. Il comune concede il patrocinio a diversi eventi tra cui la rassegna "Camminare sul filo di seta" che ospita spesso persone più che qualificate per parlare di temi ambientali. Suggerirei agli assessori di fare meno "cabaret" a certi eventi e di presenziare ad altri, ascoltando con attenzione potrebbero imparare qualcosa.

Marco

11 febbraio 2025 06:26

Spero che il muro venga sostituito non da una siepe ma da una cancellata che possa dare modo di vedere cosa accade al di là del muro alle forze dell'ordine.
I recenti casi di cronaca spesso cadono nell'oblio .
La invito a frequentare di pomeriggio il parco già in passato opera di rifacimenti poi distrutti dai vandali e diventato zona di spaccio.
Vedrà che sorprese......
Ricorda il bellissimo laghetto? Si ricorda com'era diventato?

Annamaria

11 febbraio 2025 07:03

Io me lo ricordo, c'erano pure le rane che nelle sere d'estate gracidavano e si sentivano anche dalla strada. E mi ricordo pure le manutenzioni/rifacimenti che, se fatti con la solita logica (?) "anche questo è fatto", senza poi avere globalmente cura dell'ambiente "risanato", porta ai risultati che vediamo.
Sarò ingenua ma penso che si possa coniugare la fruizione (adeguata al luogo quindi senza ulteriori "manifestazioni" ma tutelando l'area verde, anche con il muro di cinta) da parte delle persone e la sicurezza, di tutti. Non credo ci sia bisogno dell'esercito, come invoca qualcuno, c'è bisogno che le persone tornino ad uscire di casa, staccandosi dai vari smartphone, per riprendersi gli spazi pubblici, senza obbligo di consumazione. Più le persone si isolano e più si acutizza il problema della sicurezza, vero o percepito il risultato non cambia.

Manuel

11 febbraio 2025 08:52

Conclusioni assai sagge e condivisibili.
Aggiungo che il laghetto (Vecchio Passeggio) aveva trovato volontari disposti a ripulirlo, ma l'amministrazione comunale non ne volle sapere e preferì mobilitare le ruspe... risolvendo definitivamente il problema gestionale, ma privando la cittadinanza di un angolo ameno e schiacciando fauna e flora palustri sotto tonnellate di materiale da demolizione (o terriccio che sia).

Stefano

12 febbraio 2025 08:54

Bravo Manuel !

Stefano

12 febbraio 2025 16:45

Mi faccia il piacere, non scada nel ridicolo! Sa cosa gliene è fregato dei suoi compari amministratori fino ad ora della sicurezza? Lo vada a chiedere alle telecamere sparse per la città e non funzionanti da chissà quanti anni!E alla teoria della criminalità percepita, anziché reale. Nel qual caso ci sarebbe bisogno di uno psicologo nei parchi, non certo di un vigile, men che meno di buttar giù dei muri per vedere chi spaccia dentro.. E allora per la violenza domestica cosa dovremmo fare? Buttare giù le case? Le vostre logiche sono più infantili di quelle dei bambini dell asilo.

Pietro

13 febbraio 2025 17:36

Cancellata da chiudere a chiave alla sera direi, come tutti i parchi pubblici delle città serie

Vincenzo

11 febbraio 2025 06:57

Sempre ineccepibile il commento di Ada Ferrari

Pasquino

11 febbraio 2025 18:35

La semplice logica di amministratori incapaci sprovveduti arroganti incompetenti magari messi li perche non hanno un lavoro e che ora si sentono geni e onnipotenti

PierPiero

12 febbraio 2025 09:43

Questa amministrazione (minuscola sempre voluta) è figlia della precedente, non dimentichiamolo. I signori al governo locale hanno già ampiamente dimostrato di non tenere alla città e alla sua bimillenaria storia bensì al "nuovo", spesso malfatto, senza storia e spesso senza futuro.
Ah, nell'elenco delle storture del recentissimo e tristo passato, andrebbero aggiunte le famigerate strisce blu, la scritta Boccaccino e i pietosi stendardi che ancora pendono per la città.

stefano

12 febbraio 2025 22:15

Concordando sul giudizio lusinghiero nei confronti dei commenti e delle riflessioni che abitualmente vengono proposti da Ada Ferrari, vorrei concentrare l'attenzione sul quesito posto al lettore: a quale titolo un’amministrazione, peraltro di risicata rappresentatività visti i numeri dell’ultima tornata elettorale, può decidere di amputare la fisionomia di un quartiere cittadino?
A mio modo di vedere una amministrazione ha pieno titolo, a prescindere dalla consistenza della propria maggioranza, ad assumere decisioni 'reversibili', che non vincolino per generazioni a quanto deliberato. La ripartizione delle risorse economiche, un assetto viabilistico (entro certi limiti), un regolamento comunale, possono essere più o meno facilmente modificati e corretti da amministratori successivi. E i patetici stendardi (stendardini) possono essere rimossi.
Ben diverso mi appare il caso di scelte oggettivamente 'irreversibili', che scaricano le loro conseguenze sulle generazioni future, e in qualche caso letteralmente per l'eternità, come ad esempio nel caso di una demolizione. Il muro oggi d'attualità, ovviamente, è solo un piccolo (ma importante) esempio, ma pensiamo alla demolizione delle porte della città, delle mura, di San Domenico, della cancellata dei giardini di piazza Roma. Quando vedo in altre città porte, mura e cancellate, penso alla mia con un certo rimpianto, constatando come ci si sia privati con leggerezza di un patrimonio ereditato dalla storia.
Il discorso vale anche per le nuove realizzazioni, di cui Ferrari fornisce qualche esempio non commendevole. Pur in assoluto non eterne (vedi la pensilina), dovrebbero tuttavia indurre gli amministratori alla massima prudenza. Anche nel concedere licenze edilizie, perchè un hotel, un edificio deturpante e fuori contesto (diciamolo: certe contaminazioni antico/moderno, altrove riescono meglio), o l'asfaltatura di una strada acciottolata (via Bonomelli, ad esempio), una volta fatti, sono fatti.
Per le scelte irreversibili, a maggior ragione se non comprese esplicitamente nel programma elettorale, un singolo assessore (che legittimamente potrebbe non avere alcuna competenza specifica) e un gruppo ristretto di tecnici comunali non mi sembrano per nulla sufficienti. O si trova il modo di coinvolgere la cittadinanza, interpellando anche personalità preferibilmente locali con diverse competenze, sensibilità, esperienze; personalità, che non dubito esistano anche a Cremona, in grado di alzare il ‘tasso qualitativo’ della procedura decisionale. Oppure ci si limiti a quel piccolo cabotaggio, comunque molto importante, ben descritto nelle righe finali di Ada Ferrari.
Un amministratore credo dovrebbe avere sempre ben presente che sta amministrando pro-tempore quanto non di sua proprietà, senza montarsi troppo la testa per cinquanta voti di preferenza. E a questo punto, pongo anch'io una domanda: siamo sicuri allora che nella buona amministrazione sia compresa la (disinvolta) alienazione dei principali asset comunali avvenuta in questi ultimi decenni?

Ada Ferrari

13 febbraio 2025 10:18

Grazie. Non si poteva dir meglio riguardo alla decisiva distinzione fra interventi reversibili e irreversibili. Concordo anche sull'opportunità, anzi necessità, di sollecitare istituzioni e professionalità 'terze' rispetto al confronto in corso. Proprio ieri è emersa l' opportunità di appellarsi alla locale sede distaccata della Sovrintendenza, insieme ovviamente ad altre ipotesi. Ma resto convinta che il principale attore chiamato in campo è la comunità stessa dei cremonesi. La misura e autenticità del loro amore per Cremona è il punto d'appoggio di ogni sforzo per preservarne decoro e bellezza.

Michele de Crecchio

14 febbraio 2025 00:37

Con la sola eccezione delle semplici aiuole spartitraffico, tutti i giardini pubblici urbani, soprattutto quelli circondati dai quartieri più densamente edificati, dovrebbero, a mio parere, compatibilmente con le risorse economiche disponibili e procedendo dagli spazi a giardino più delicati e interessanti, venire dotati di valide recinzioni, non facilmente scavalcabili ed attraversabili solo attraverso cancelli nei giorni e negli orari nei quali la loro frequentazione umana venga riconosciuta effettivamente opportuna e compatibile con le caratteristiche del sito.
Non certamente a caso, ai progettisti ottocenteschi del primissimo giardino pubblico realizzato a Cremona, in piazza Roma, fu esplicitamente commissionato, dagli amministratori di allora, la realizzazione proprio di una "square", termine inglese che indica le piccole o grandi piazze delimitate da un circuito stradale, all'interno del quale una cancellata limita a determinati orari la libertà di accesso da parte dei cittadini residenti nei dintorni del giardino vero e proprio, o comunque interessati a visitarlo. In casi particolari, la visita a giardini di particolare pregio, per ridurre quanto più possibile il rischio di vandalismi, viene persino riservata a bambini di età modesta, ammessi solo se accompagnati da almeno un genitore. In casi ancora più delicati l'accesso è riservato a particolari tipologie di studiosi naturalisti.
L'avvento delle restrizioni determinate dalla politica "autarchica", successivamente adottata dal regime fascista, costrinsero poi enti pubblici e privati a "donare" alla patria le recinzioni metalliche dei loro giardini, consentendo di conservare "in loco" solo le ante mobili di accesso con i relativi supporti. Gli amministratori comunali di allora decisero di sostituire integralmente la preesistente recinzione metallica, sostituendola con un basso muretto. Anche i pregiati cancelli con ante mobili che chiudevano gli accessi al giardino furono smontati e asportati da piazza Roma . Conservati nei magazzini comunali tali pregevoli manufatti verranno poi, agli inizi degli anni settanta, riutilizzati per dotare di aperture, verso il viale Trento Trieste, il parco del Vecchio Ospedale, parco allora destinato all'uso pubblico dalla saggia amministrazione guidata dal compianto sindaco Zanoni.
Più volte, negli anni, successivi, anche a causa del progressivo degradarsi del rispetto dei cittadini verso l'arredo urbano, si comprese il grave danno determinato al decoro urbano dalla eliminazione della originale alta recinzione in ferro del giardino di piazza Roma. Non pochi cittadini ne allora proposero il ripristino e, tra di essi, persino il compianto vice Sindaco Mario Oradini.

Ada Ferrari

14 febbraio 2025 08:08

Mi auguro che chi oggi con tanta leggerezza,se non arroganza, intende rottamare gli indirizzi di precedenti e più sagge generazioni di amministratori trovi nel suo intervento materia di ripensamento.

Gabriella

14 febbraio 2025 09:09

Approvo il commento di Pier Piero. Ci sono tante priorità. Per esempio il rifacimento delle aree di parcheggio soprattutto quelle gialle. Abitando in centro è un incubo trovare un posto per parcheggiare. Poi lasciamo stare il problema piccioni…

Pasquino

18 febbraio 2025 14:27

Logica non esiste come non esiste politica ( o meglio uomini degni di essere chiamati politici ) solo accozzaglia di gente incapace che da anni distruggono la loro città in tutti i sensi e in tutti i campi