Palla in curva con Giorgio Barbieri: "Arvedi una garanzia, Nicola l'uomo giusto su cui puntare per la salvezza". "Per troppo amore ho pianto di gioia e di rabbia per la Cremo"
Tra pochi giorni la Cremonese tornerà sul palcoscenico più importante, quello della Serie A. E lo farà nella "Scala del Calcio", contro il Milan. Un'occasione per ripercorrere il cammino che ha portato i grigiorossi a questo traguardo, attraverso le parole di chi li segue da quasi cinquant'anni: il collega e amico Giorgio Barbieri.
Per chi segue la Cremonese, Giorgio non ha bisogno di presentazioni. Non è solo il giornalista che da mezzo secolo racconta le vicende della squadra, ma è, prima di tutto, un tifoso, legato per sempre ai colori di questa città e alla sua gente.
L'intervista
D: Ciao Giorgio, facciamo un passo indietro fino al 2 giugno, giorno del trionfo nella finale playoff di La Spezia, dopo aver perso quella dell’anno prima a Venezia. Non era semplice rialzarsi e arrivare al traguardo. Quali valori hanno fatto la differenza?
R: "Certamente l’esonero a sorpresa di Stroppa e il suo richiamo dopo cinque giornate sono serviti a ricompattare il gruppo. Il tecnico, che all’inizio è sembrato turbato per l’accaduto, ha ritrovato la forza di riprendere il discorso interrotto e di lavorare sulla testa dei giocatori. La Cremonese di fine stagione ha dimostrato di poter lottare per la promozione giocando un calcio propositivo e a tratti spettacolare. Il merito è comunque di Stroppa, che in due anni ha portato la Cremonese due volte ai playoff".
Arvedi, molto più che un presidente
D: Nel tuo "pagellone di fine stagione" hai dato un bel 10 a tutti, a partire dal Cavaliere Arvedi che, tu puoi testimoniarlo dal primo giorno, ha aperto la strada a una nuova rinascita. A breve anche lo stadio dovrebbe diventare di proprietà della Cremonese. Quanto è importante avere una società solida e radicata sul territorio, specialmente nel calcio di oggi?
R: "Va subito detto che, in un mondo del calcio dove la maggior parte delle proprietà sono straniere, avere un patron della tua città è già un vantaggio. Se poi il patron si chiama Giovanni Arvedi, il vantaggio diventa una garanzia. Ho seguito passo dopo passo, nell’estate del 2007, la trattativa tra Rispoli e il Cavalier Arvedi. Non è stato semplice trovare un accordo, l’avvocato ligure, proprietario della società, continuava ad alzare il prezzo. Ma Giovanni Arvedi non ha mollato, voleva a tutti i costi salvare dal quasi certo fallimento la Cremonese. Una volta trovato l'accordo, Arvedi si è lanciato a capofitto per migliorare la società, rimettere a posto lo stadio, creare un centro sportivo all’avanguardia e raggiungere gli obiettivi più ambiziosi anche sul campo. Il fatto che lo stadio diventi di proprietà mi sembra il minimo per un imprenditore che ha dato moltissimo ai colori grigiorossi".
Stroppa, il tecnico testardo, ma vincente
D: Una menzione speciale la merita Giovanni Stroppa, che in due stagioni, seppur tribolate, ha riportato la Cremonese in Serie A. Che giudizio dai sul suo operato?
R: "Torno al discorso fatto prima. Stroppa ha avuto il merito di raggiungere i playoff per due anni consecutivi attraverso il gioco. Alla fine, anche la sua testardaggine dal punto di vista tattico è risultata vincente. Personalmente lo avrei mantenuto alla guida della squadra anche in Serie A".
Giacchetta, un percorso in crescita
D: Torniamo all’oggi, con Simone Giacchetta che continua il suo percorso professionale in grigiorosso e che nel tempo ha dimostrato di aver imparato dai propri sbagli.
R: "Non dimentichiamo che Simone Giacchetta, in cinque anni alla Cremonese, ha ottenuto due promozioni e ha portato la squadra due volte ai playoff. Certo, rimane la stagione della prima Serie A, dove gli errori e l’inesperienza hanno pesato. Quest’anno il mercato non è più improvvisato come allora: si è scelta la strada dei giocatori italiani o di stranieri che comunque hanno già giocato nel nostro campionato".
Davide Nicola, l'uomo della scommessa
D: Come giudichi la scelta di puntare su Davide Nicola? Che campionato dovremo aspettarci con un allenatore abituato a lottare e soffrire giornata per giornata fino alla fine?
R: "Nicola è l’uomo giusto per cercare di raggiungere la salvezza. È un allenatore pragmatico, severo quando occorre, ma capace di leggere bene le qualità dei suoi giocatori. Sa benissimo che sarà un campionato di sacrificio e di sofferenza, ma mi sembra che si sia già calato nella parte. La sconfitta in Coppa Italia (ai rigori) con il Palermo è stata un ulteriore passaggio di conoscenza".
Tra dubbi e certezze: giocatori e tifosi
D: Ravanelli, Zanimacchia, Fulignati, Azzi, probabilmente Pickel. La "scure" di Nicola è calata su alcuni giocatori, alcuni che a Cremona hanno fatto la storia. Ti aspetti altre cessioni importanti?
R: "Certamente qualcuno se ne andrà ancora. Va rispettata la regola dei 21 giocatori in lista e credo che in rosa ci sia ancora qualcuno di troppo, anche perché ne arriveranno almeno altri tre. Poi io sono un romantico, mi dispiace vedere andare via giocatori che ci hanno regalato tante emozioni e soddisfazioni la passata stagione".
D: Dal campo passiamo alla curva. I tifosi hanno risposto con il record di abbonamenti, che si spera superi quota 8.000. È un segnale importante. Io ho conferme che anche molti genitori hanno fatto l'abbonamento ai figli.
R: "Cremona ha risposto alla grande, il record battuto conferma che la gente si sta appassionando sempre di più ai colori grigiorossi. Soprattutto sono tornate allo stadio intere famiglie, uno dei primi obiettivi del Cavaliere Arvedi. Poi la curva 'Favalli' di Cremona non ha nulla da invidiare ad altre tifoserie di Serie A. Un fatto riconosciuto a livello nazionale. Non dimentichiamoci mai che i numeri vanno letti considerando il bacino di utenza delle varie città. Gli ottomila abbonati di Cremona in proporzione sono molti di più di quelli delle grandi metropoli. Permettimi un appunto però. Chi frequenta lo Zini arriva in grande percentuale dai paesi della provincia. Vorrei che la città rispondesse di più alla chiamata della società".
La Cremonese è una seconda moglie
D: Nel tuo post su Facebook, dove racconti la tua finale e la tua promozione di La Spezia, ti riscopri a piangere di gioia come un ragazzino – dopo aver rischiato l’infarto – per la squadra che in tutti i sensi è stata, è e sarà parte integrante della tua vita. Cos’è per te la Cremonese?
R: "Per me la Cremonese è una seconda moglie. Anzi, in cinquant'anni di matrimonio, ho spesso messo davanti i colori grigiorossi ai doveri familiari. Ho cominciato ad andare allo stadio da bambino, la prima volta era il 1959, su quegli scalini di terra che si chiamavano "I Popolari". La passione è scattata subito, ho capito che quella squadra (che non vinceva mai) sarebbe rimasta per sempre al centro del mio cuore. Poi il destino ha voluto (forse un segnale) che mi mettessi a raccontare per radio e a scrivere sui giornali le vicende dei grigiorossi. È diventato un lavoro, ma è sempre stato soprattutto un piacere. Nella Cremonese dei Luzzara, Miglioli e Favalli mi sono sentito uno di famiglia, ho imparato a vivere non solo la partita, ma il clima che c’è in ogni momento della giornata. Certo, dopo il successo di La Spezia ho pianto di gioia. Così come avevo pianto di rabbia dopo la sconfitta allo Zini con il Cittadella. Ne ho viste tante in questi quasi cinquant'anni, ho provato emozioni, dolori, soddisfazioni. Ma quando si piange lo si fa per amore. Senza nessuna vergogna".
Credo che non ci siano altre parole da aggiungere a quelle di Giorgio Barbieri, perché alla fine, quello che conta e che unisce oltre le parole, sono le emozioni che ci regala la bandiera e i suoi colori: il grigio e il rosso. Per sempre..
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