Ritorna la tradizionale infiorata a Chiaravalle: l'abbazia apre le porte a fedeli e turisti
Prosegue fino al prossimo 13 luglio, nell’ Abbazia cistercense di Chiaravalle della Colomba (Piacenza), ad una trentina di chilometri da Cremona, la mostra “Cella Hospitum – L’ospitalità nei monasteri medievali”. Una occasione da non perdere, anche per i cremonesi, per diversi motivi. Primo fra tutti il fatto che la storica, magnifica Abbazia, ha tra i suoi fondatori un cremonese, il marchese Corrado Cavalcabò (padre di Sopramonte Cavalcabò, primo marchese del feudo imperiale di Viadana). Tutto ebbe inizio nel 1136 quando San Bernardo, mantenendo un impegno preso con il vescovo di Piacenza, Arduino, inviò una colonia di monaci da Clairvaux i quali, giunti in località Carreto, fondarono l’Abbazia di Chiaravalle della Colomba, Leggenda vuole che sia stata una colomba ad indicare il perimetro dell’Abbazia con trucioli di legno. In ogni caso, Arduino stesso ed i marchesi Uberto Pallavicino e Corrado Cavalcabò, donarono i terreni ai monaci. La mostra è allestita nella sala del Capitolo, è stata realizzata dall’Abbazia Cistercense di Morimondo (MI) ed è curata da Anna Gloria Berra, Mauro Loi, Paolo Mira, Rosalinda Panciroli, Maide Rancati, Laura re, Piero Rimoldi e Silvia Testa. I legami cremonesi sono anche altri. Infatti è doveroso ricordare che a Cremona esisteva il Monastero della Colomba che sorgeva nei pressi della Chiesa di San Pietro tra le vie Belvedere (poi divenuta via Ettore Sacchi) e via della Colomba. Pare che il luogo prendesse il nome dal miracolo di due colombe profuse di luce che apparvero ai cremonesi durante la battaglia del 1213 vinta contro i milanesi. Ma c’è anche chi attribuisce il nome ai precedenti possessori dell’area, vale a dire i monaci dell’Abbazia di Chiaravalle della Colomba. Molto probabilmente prese il nome da un precedente convento della Colomba che sorgeva fuori le mura della città e incorporato in questo convento. Venne edificato su iniziativa di Bianca Maria Visconti che voleva riunire i conventi Del Boschetto, di Santa Monica e della Colomba (precedentemente fuori le mura) e affidato a Francesca Bianca Sforza, figlia illegittima di Francesco Sforza e pertanto sorella di Ludovico il Moro. Come spiega inoltre la professoressa Silvia Testa, autrice insieme a Piero Rimoldi del libro “Abbazia e siti Cistercensi in Italia 1120-2018”, è documentato che “i monaci di Chiaravalle avessero una casa a Cremona, nella zona di San Pietro che serviva da base per le vendite di prodotti, come avveniva anche in altre città. A Cremona – prosegue - venivano venduti dei fusti di rovere che servivano poi per le costruzioni e di questo i conversi si lamentarono con l'abate, ritenendolo un depauperamento dei beni della comunità. C'erano diversi insediamenti femminili attorno a Cremona ad al Boschetto – aggiunge la studiosa - poi questi insediamenti sono entrati in città e ci sono delle testimonianze anche toponomastiche: Via S. Bernardo e via del Cistello perché qui si trovava un monastero cistercense femminile chiuso in epoca napoleonica (Cistelle da Citeaux luogo di fondazione dell'Ordine Cistercense). Inoltre la Chiesa di Santa Maria Maddalena, ora parrocchiale, detta anche La Cava a Cavatigozzi era un'abbazia cistercense fondata dai monaci di cistercensi di Cerreto, vicino a Lodi. In quell'insediamento è rimasto in piedi anche il monastero con il chiostro e ora questi locali sono adibiti a scuole”. Tornando alla mostra va ricordato che lo scambio avviene all’interno dell’associazione Aisac che raggruppa numerose abbazie cistercensi e che vuole favorire una più diffusa conoscenza del mondo cistercense nelle sue numerose manifestazioni. Chiaravalle della Colomba è inserita nel tracciato moderno della via Francigena, e l’anno giubilare non fa che rafforzare il suo ruolo di luogo d’ospitalità per i numerosi viaggiatori e visitatori che vi giungono. L’esposizione si compone di una ventina di pannelli che descrivono, a partire dalla Bibbia e dalla Regola di San Benedetto, quella speciale virtù che è l’accoglienza perché’ questa prima che essere un insieme di attività deve essere un atteggiamento del cuore. L’apparato fotografico fa conoscere varie strutture monastiche adibite al servizio dell’accoglienza presenti in diversi paesi europei, il vitto e la mensa dei pellegrini, le cure “ospedaliere” che venivano praticate in caso di necessità. Le abbazie offrivano anche assistenza spirituale a coloro che avevano intrapreso il viaggio per devozione verso i luoghi più santi della cristianità o per espiare i peccati e attraverso le fatiche, le umiliazioni, le preghiere e la profonda revisione della propria vita, raggiungere la Salvezza eterna. Questa mostra, attraverso le attività dell’offrire cibo, ricovero, cure sanitarie e carità spirituale a coloro che bussano alla porta dell’abbazia, mette in risalto che l’esperienza della clausura, nascosta e ritmata dalla liturgia, si espande nel territorio circostante e a volte donava vocazioni che proprio attraverso la porta del monastero venivano in contatto con la fede dei monaci. Anche a Chiaravalle della Colomba e nelle sue grange (fattorie) di Moronasco e Cangelasio si praticava l’accoglienza dei pellegrini e dei viandanti e vi erano dei locali adibiti a questo scopo. Da segnarsi bene in agenda, poi, un altro appuntamento, molto caro e seguito dai cremonesi, quello con la Infiorata del Corpus Domini che, come annunciato da padre Silvestro Buttarazzi (priore dell’Abbazia e Abate emerito di Casamari, incarico che mantenne dal 1998 al 2015), aprirà il 22 giugno (per il Corpus Domini appunto) e andrà avanti per le due settimane successive.
Eremita del Po
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