"Io col cuore ti stringo le mani". Nel quinto androne del cimitero la tomba di Barberina Strepponi, la cognata a cui Verdi scrisse l'ultima lettera
All’ombra del quinto androne della crociera di levante del cimitero, nascosto tra mille altri quasi volesse scomparire alla vista, giace un loculo del tutto anonimo. Una semplice lastra marmorea con una croce quasi cancellata dal tempo, un mazzetto di fiori bianchi palesemente finti, nessuna fotografia virata seppia ed ingiallita, ed una sola epigrafe: Barberina Strepponi, una prece. Nient’altro. Solo la data della sua morte: 6 settembre 1918. Barberina, la sorella minore di Giuseppina, cognata di Giuseppe Verdi. Altre lapidi attorno sono arricchite da una copiosa allegoria liberty, tutta fiori e tralci. Qui, nulla. Tante furono le attenzioni che destò in vita, quanto feroce ne è stata la dimenticanza. Una vita all’ombra del “maestro”. Vi è una foto dell’archivio Ricordi che la ritrae nel 1900 nel giardino di Sant’Agata, alla sinistra dell’anziano, illustre parente che, compiaciuto, seppur irrigidito in una posizione del tutto innaturale, guarda con un sorriso arguto nell’obiettivo. Lei, Barberina, è l’unica vestita di nero, anche se, dalla posizione che occupa nell’immagine, è anche l’unica che possa godere della familiarità col maestro. Gli altri si atteggiano in posa, fingendo una innaturale naturalezza: chi ha le mani in tasca, chi infilate nel panciotto, ostentando un atteggiamento quasi sfrontato. Lei no, guarda nell’obiettivo con un sorriso spontaneo, le dita delle mani che giocherellano con il cameo di un lungo collier.
Barberina era la sorella della seconda moglie Giuseppina ed abitava in corso Cavour, dove ora è la Galleria XXV Aprile. Le sue finestre davano verso la strada, in corrispondenza della sede della Camera di Commercio, dove ora è il negozio di Zara. Verdi ci si recava ogni volta che veniva a Cremona, attirato anche dai marubini che destavano la sua ammirazione. Ugo Gualazzini ricorda di aver saputo dal segretario generale camerale Guido Tomè “che la presenza di Verdi in casa della cognata suscitava la più viva curiosità in tutti loro. Essi adocchiavano dietro le imposte per cercare di scorgere il Maestro in atteggiamenti squisitamente familiari. D’estate usava togliersi la giacca e anche il collo duro, per cui il vedere Verdi in libertà sembrava addirittura un fatto eccezionale”.
Mario Levi, ex direttore della Provincia nella sua “Vecchia Cremona” del 1955, aggiunge altri particolari: “Era di salute estremamente cagionevole; e Verdi, già nel 1868, scriveva al suo amico Opprandino Arrivabene pronosticandole imminente la fine. Vent’anni dopo, ne scriveva anche a Boito; sì, la morte della love Barberina doveva esser questione di giorni…Ma Arrivabene scomparve nel 1884; Giuseppina Strepponi nel 1897; Verdi nel 1901; e Barberina, piena di acciacchi, con la morte che faceva da sentinella alla sua porta, sopravvisse sino al 1918, quando aveva più di novant’anni. Boito fece appena in tempo ad accompagnarla all’estremo riposo (è sepolta in una colombario del terzo androne) e se andò anche lui”.
Alla cognata Verdi scrisse la sua ultima lettera conosciuta, datata 18 gennaio 1901. Descrive la sua salute buona, nonostante sia costretto su una sedia: “ma ho paura del freddo!!” ripete più volte. “Speriamo che le belle giornate come questa d’oggi continuino. Io col cuore ti stringo le mani”. Giuseppe Verdi morirà otto giorni dopo.
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commenti
Claudio
22 novembre 2022 22:02
Bravo, Loffi, hai ricordato con maestria Barberina Strepponi con un commovente articolo e sono contento di aver segnalato in precedenza la sua attuale dimora presso il nostro cimitero.
Grazie