27 settembre 2025

"Le stanze di Verdi" arrivano a Cremona, ma Cremona è solo un fantasma

Le stanze di Verdi, docufilm sul Maestro di Roncole a cura di Pupi Avati, ha celebrato una delle sue prime nazionali a Cremona: cinema Filo; luogo eletto per gli amanti delle arti. Per i cultori di memorie verdiane è stato momento emozionante rivedere, con il racconto del sempre bravo Giulio Scarpati, i luoghi verdiani. Ma un fantasma ha alleggiato sulla serata: Cremona. Indicata come città in cui Verdi ha passato il maggior numero di giorni per gli interessi agricoli, non è mai comparsa; neppure in un frame. Neppure un istante. Solo sfiorata. Appena accennata. Un peccato vista la vicinanza della città del Torrazzo a villa Sant’Agata. Visto poi come siano ben noti i luoghi o, meglio, Le stanze di Verdi, al di qua del Po. Ci fu un motivo forte perché proprio Cremona, nell’ormai lontano 1982, fu scelta dal regista Renato Castellani per girare quell’imponente sceneggiato televisivo trasmesso da Rai Uno sulla vita di Verdi. E tutto ciò per dire l’importanza della città lombarda nella vita dell’autore del Nabucco. 

Già! Ma il docufilm partiva da un presupposto chiaro: il titolo del libro Marco Corradi (anche lui nel cast come attore) Verdi non è di Parma. Uno dei tanti capitoli dell’ennesima guerra storica, un po’ stantia in un’epoca di globalizzazione totale, su quale sia il territorio che può mettere il cappello definitivo sul grande Maestro. E paradossalmente questa disfida ha portato le terre di Verdi a non fare sistema riducendo i cimeli del maestro a luoghi fantasma. Quelli stessi che appaiono, con non poca malinconia, nel docufilm: L’hotel San Marco di Piacenza, pressoché in rovina. L’ospedale di Villanova, ancora lontano da un recupero operativo e desolatamente vuoto. Villa Sant’Agata, miseramente sbarrata, nonostante lo Stato sia intervenuto per rilevarne la proprietà da parenti eternamente litigiosi. E poi ancora luoghi che non appaiono nelle riprese ma che sono il simbolo di questa non capacità di fare sistema su Verdi: il mulino del Castellazzo di Villanova d’Arda e la chiesetta delle Spine  di Castelvetro Piacentino, ridotti a cumuli di macerie. Qualcosa si salva aldilà dell’Ongina, dove Roncole mantiene intatto il suo piccolo museo e dove Busseto resta comunque un punto di riferimento per casa Barezzi. Il docufilm, prodotto dal sempre vivace Giorgio Leopardi riapparso nella città del Torrazzo dopo l’esperienza del cinema Tognazzi, è uno spettacolo accattivante. Anche didattico per le nuove generazioni che, pur abitando a poche centinaia di metri dai quei luoghi, ignorano Verdi. L’energia di Giulio Scarpati coinvolge e trascina nella grandezza del Mito di Verdi e mostra la miseria di quanto poco è stato fatto in questo nostro tempo per mantenere il ricordo. Viva Verdi. 

 

Roberto Fiorentini


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