A Brancere tra gli argini e il Po: l'antico lazzaretto, i fantasmi di Cascina Alluvioni, la spettrale bellezza della limonaia
Il nostro passato e la nostra storia non sono qualcosa di lontano nel tempo e nello spazio, anzi spesso sono molto più vicini a noi di quanto crediamo: basta solo aver voglia di guardarci attorno e scoprire quante tracce ancora ci sono, quante storie che aspettano solo di essere raccontate.
Se per esempio passiamo da Brancere, frazione di Stagno Lombardo posata nella campagna a pochi passi dal Po, e decidiamo di farci un giro proprio sull’argine maestro, appena passato il piccolo cimitero locale, ci avviamo nella campagna, tra campi, alberi ed impianti ‘pivot’ di irrigazione. Ma l’osservatore più attento, dall’argine non può non essere incuriosito da due singolari presenze nella campagna in direzione di Gerre: si tratta, sul lato di sinistra dell’argine, di una solitaria colonna che sorge improvvisamente in un campo, a due passi dalla riva di arbusti, mentre sul lato opposto della strada, sempre nel bel mezzo di un altro campo, si fa notare un tempietto sormontato da una cupola.
Cosa rappresentano questi monumenti? Di cosa si tratta e perché sono lì?
La peste, l’antico lazzaretto e la preghiera delle giovani madri
La singolare colonna che spunta nel mezzo di un campo in golena, senza altri manufatti attorno risulta essere l’ultima traccia di quello che nei secoli scorsi fu un lazzaretto che accoglieva gli appestati durante le pestilenze del passato: a partire dal XIV secolo infatti, ad intervalli quasi regolari, si susseguirono in tutta Europa diverse ondate di quella che veniva definita ‘peste’, mietendo milioni di vite. Si rese quindi necessario costruire dei luoghi di cura e di contenimento dove ricoverare le persone malate, sia per cercare di curarle, sia per allontanarle da chi non si era ancora infettato. E’ quindi verosimile che quella zona defilata e lontana dal centro abitato sia stata scelta per questo motivo: venne quindi costruito un lazzaretto, del quale fino al secolo scorso restavano un antico ‘casello’ -di cui oggi non vi è più traccia- e questa colonna, che ha resistito al tempo ed alle numerose ed impetuose alluvioni che nei secoli hanno segnato il territorio.
Oggi questa antica colonna, semplice nella sua fattezza, che si erge su una base di mattoni e porta in cima un capitello quadrangolare, è ancora lì come ultimo baluardo a memoria di un momento storico significativo nel passato del nostro territorio. Rimane ancora al suo posto nonostante oggi sia ormai visibilmente segnata dallo scorrere del tempo e da questo scalfita: la sua base di mattoni è sempre più precaria, gli arbusti e le radici crescono tra le pietre minandone la solidità. Sulla sua sommità una volta era presente una croce, ma il tempo si è portato via anche quella. Eppure fino al secolo scorso quella colonna, dopo essere stata per decenni vessillo dell’antico lazzaretto, divenne un luogo di devozione dove le giovani madri si recavano per pregare la Madonna, si dice per chiederle di avere il latte per i propri figli neonati: era infatti presente l’effigie di Maria Consolatrice rappresentata all’interno di uno dei quattro riquadri del capitello che sormonta la colonna. Oggi di quell’immagine non rimane traccia, scolorita dal tempo e dalle intemperie e persa per sempre. La stessa sorte toccata anche alle altre immagini dipinte su quelle quattro facciate, una delle quali raffigurava San Carlo tra gli appestati. Oggi di quei dipinti non rimane che il racconto arrivato attraverso vecchie testimonianze, probabilmente nessuno di chi li vide di persona è ancora al mondo per poterlo raccontare; l’unica traccia, oltre la memoria, è data da una sottilissima e quasi impercettibile linea di color celeste appena visibile lungo la cornice interna di questi quadrilateri, ultimo indizio del disegno che era riportato sulla malta. Eppure quel luogo, oggi anonimo ed solitario, è ancora una testimonianza concreta di sofferenze e malattie, di grande fede e devozione. L’abbandono sta minando forse irrimediabilmente questa antica colonna e le prospettive di un crollo e della definitiva perdita di questo simbolo aumentano col passare del tempo. Sarebbe un vero peccato non prendersene cura per tempo, per poi magari rimpiangerne la perdita. Perchè tuttosommato, anche se si tratta di una semplice colonna in mattoni, questa resta un umile ma importante frammento della storia del nostro territorio.
I fantasmi del passato di Cascina Alluvioni
Passiamo dall’altro lato della strada che corre sopra l’argine, nel mezzo di un esteso campo, sorge inaspettatamente un'altra costruzione che all’apparenza sembra fuori contesto. Si tratta di un tempietto, costruito su un terrapieno leggermente rialzato rispetto al resto del campo: non ci sono strade o sentieri che conducono all’edificio: la vista da vicino va guadagnata attraversando tutto il campo. Questo edificio in realtà è la una cappelletta gentilizia costruita nel XIX secolo dalla famiglia Germani, che all’epoca era proprietaria dell’imponente Cascina Alluvioni,
Questa cappelletta fu costruita per diventare mausoleo, luogo monumentale di sepoltura per la famiglia, testimonianza di un attaccamento alle proprie terre tanto profondo da non volersene andare nemmeno dopo la dipartita da questo mondo, radunando l’intera famiglia in questo luogo privato ed intimo. Oggi la struttura è ancora ben conservata, con una cupola ogivale che la sormonta ed una croce in cemento che svetta sopra la facciata, per indicare la sacralità del luogo. Sopra il portone, delineato da due colonne, spicca un rosone incorniciato da un arco anch’esso ad ogiva, che caratterizza tutta l’architettura del complesso architettonico della cascina Alluvioni.
L’interno del mausoleo invece è decisamente spoglio, a terra ci sono un sacco di detriti, alcuni rami secchi ed i mattoni tolti dai loculi quando le salme dei Germani furono rimosse dalle sepolture per essere traslate nel cimitero locale, a poca distanza. Ma evidentemente non tutti gli spiriti furono felici di essere spostati dalle loro originarie tombe: si narra infatti che vi sia almeno uno spirito, ma forse due, che vaga ancora per quelle che furono le sue terre. Se ne parla anche in un libro, “Italia dei fantasmi” di Giorgio Harold Stuart.
Una prima versione vuole che si tratti del fantasma di una giovane ragazza, la cui identità sarebbe da attribuire ad una figlia dei Germani che morì in giovane età ed il cui spirito sarebbe stato visto vagare su un cavallo durante la notte in prossimità della cascina. Un altro avvistamento invece racconta dello spirito di un anziano componente della famiglia che sarebbe stato visto uscire direttamente dal mausoleo nella sua uniforme da garibaldino. Sempre secondo la leggenda, tale turbamento di anime dei trapassati sarebbe dovuto al fatto di essere stati sepolti in quel mausoleo, che era terra non consacrata, circostanza che avrebbe creato questa inquietudine che porterebbe ancora gli spiriti ad aggirarsi tra quelle rovine ed in quelle terre.
La spettrale bellezza della limonaia.
Proprio di fronte a questa cappelletta, ad un centinaio di metri verso la cascina, si staglia la sagoma della limonaia nella sua imponente decadenza. Impossibile parlare della Cascina Alluvioni senza un accenno a questo iconico esempio di architettura, un tempo splendido ed eclettico ed oggi invece in stato di completo abbandono, che nonostante tutto conserva ancora la sua innata eleganza. Doveva sembrare un castello, con la sua struttura con merli e torrette, con le sue ampie finestre ogivali affacciate sul giardino romantico che la incorniciava.
Un vero peccato.
Un vero peccato vedere oggi lasciate a se stesse quelle ampie finestre create per essere belle e non solo funzionali, quelle merlature decorative che ancora svettano con orgoglio sopra i tetti, dialogando silenziosamente con le due torrette laterali; un vero peccato, immaginando quelle stanze decorate che un tempo accoglievano e riparavano dal freddo le preziose piene di piante di agrumi e che invece oggi sono invase da erba, arbusti e rovi. E poi tutto il giardino romantico che senz’altro in passato era curato e popolato, oggi ridotto ad una boscaglia che nemmeno il muretto esterno riesce più a contenere.
Oggi questi luoghi, nonostante l’abbandono, hanno mantenuto il proprio fascino e sono meta di numerosi curiosi e fotografi che vogliono vedere ed immortalare di persona quelle mura che ancora resistono al tempo, come una vecchia e nobile signora che, nonostante l’età avanzata, mantiene ancora il carisma e l’eleganza innati.
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commenti
Manuel
26 novembre 2023 12:43
... e magari i proprietari sono milionari.
W l’Italia!
ennio serventi
26 novembre 2023 18:23
Annibale Germani, proprietario della cascina in questione, fu nominato presidente della Associazione Agricoltori Cremonesi dopo la caduta del fascismo il 25 luglio 1943. Tornato a Cr Farinacci al seguito delle truppe naziste, Aristide Germani si rifugiò in Svizzera dove morì. Alla cascina Alluvioni fu attivo un gruppo partigiano denominato "Battaglione Brancere". Con il contributo dei giovani della "Primula Rossa" rese non agevole, per le truppe tedesche in ritirata, il traghettamento del Po ad Isola Provaglio. NEll'archivio dell'ANPI è conservata una scheda intestata ad Argento Germani, fratello di Aristide. E' anche presente una scheda intestata a Rosa Germani forse della famiglia.
Daniro
27 novembre 2023 11:44
L'importanza di questa Cascina è stata evidenziata in più occasioni ma a nulla è servito ricordarne il valore architettonico e ambientale anche richiamando gli enti territoriali, dal Comune alla Regione, ad un intervento di salvaguardia per evitarne l'obliterazione. Il disvalore di un'agricoltura intensiva che vede solo nella produttività dei terreni il valore economico delle aree rurali ha fatto il resto . Giova anche ricordare l'importanza ambientale e paesaggistica del luogo caratterizzato dalle bellissime "lunate" dell'antico meandreggiare del fiume Po e del loro patrimonio vegetazionale. Eppure, nonostante ci si riempia la bocca di fiume Po, di natura, di paesaggio, di tradizioni locali e della bellezza delle nostre cascine, il risultato è questo.
Michele de Crecchio
28 novembre 2023 23:37
La famiglia Germani possedeva anche un notevole palazzo in città, con ingresso da piazza San Paolo e compreso tra le vie Milazzo e dei Rustici. Tale edificio fu utilizzato anche come prestigiosa sede invernale della Canottieri Baldesio (ne scrisse, con nostalgia, il compianto Gianni Carotti) ma venne poi demolito, come non pochi altri notevoli edifici patrizi cittadini, negli urbanisticamente folli anni sessanta. Sia della cascina Alluvioni che del palazzo di piazza San Paolo non sono riuscito a recuperare fotografia e neppure il nome dell'architetto eclettico (forse il Marchetti, o il Bergamaschi, o il Repellini...) che, nella seconda parte dell'ottocento, dovrebbe averne radicalmente riformato, con i modi tipici del neogotico, almeno l'aspetto esterno. Spero qualche lettore ne sappia più di me ed abbia la pazienza di segnalarlo!
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