Arcangelo Ghisleri nasceva a Persichello 170 anni fa. Venerdì la commemorazione del politico, giornalista e geografo con il "mal d'Africa"
170 anni fa nasceva Arcangelo Ghisleri. La commemorazione avverrà venerdì 5 settembre alle 18,30 alla Cascina Sant'Alberto di Persichello con un intervento dello storico Fabrizio Superti con la posa di una corona d'alloro alla memoria presso la casa natale. Un grande cremonese da rivalutare ed esaltare. Politico, giornalista o geografo? Politico, giornalista, o geografo? Come si può classificare l'attività di un uomo, Arcangelo Ghisleri, che ha lasciato un epistolario con i nomi di cinquemila corrispondenti, tra cui esponenti italiani del sapere geografico, politici, uomini di cultura e di scuola, con un materiale immenso disperso in tre sedi, Cremona Pisa e ed il Museo del Risorgimento di Milano? Che è stato "rimosso" dalla storia ufficiale, senza nessuna possibilità di essere assunto come uno dei pochi punti di riferimento di un'identità democratica nazionale? Lui, che fu repubblicano e federalista in un'Italia unitaria e monarchica, anticlericale e libero pensatore in un clima largamente dominato dal cattolicesimo, positivista e cattaneano nel momento della diffusione del materialismo storico e della filosofia idealista, sostenitore della geografia storica, civile e divulgativa contro la cultura ufficiale accademica e materialista.
Arcangelo Ghisleri nacque infatti a Persico Dosimo il 5 settembre 1855, quando il Regno d'Italia non era stato ancora proclamato, e morì a Bergamo il 19 agosto 1938, nel momento in cui il Regno d'Italia si era ormai consegnato al fascismo. Nel corso della sua lunga vita, 83 anni, Ghisleri fu testimone attento, e spesso protagonista, degli avvenimenti del suo tempo. Aveva 15 anni quando i bersaglieri entrarono a porta Pia e morì il suo compaesano Giacomo Pagliari, concludendo il Risorgimento. E ne aveva 67 quando a Roma entrarono invece i fascisti, cancellando quanto di quell'epoca risorgimentale ancora restava. Nel frattempo aveva assistito alla nascita della rivoluzione industriale ed al sorgere del movimento operaio, alla reazione militare del 1898, all'espansione coloniale italiana in Africa e alla nascita della monarchia giolittiana, della successiva guerra mondiale, all'avvento del bolscevismo prima e del fascismo poi. Difficile, per non dire impossibile, enu- cleare nella sua multiforme attività, un unico filone che possa caratterizzarlo in modo univoco.
Fu ragioniere, perchè si era diplomato, ed insegnante di liceo, ma anche giornalista, geografo, uomo politico in virtù dell'amicizia con Turati e Bissolati e del fervore di iniziative tra Cremona e Milano negli anni tra il 1875 ed il 1882. Anni in cui Ghisleri ebbe ruolo di maestro, di organizzatore e promotore di iniziative con personalità del mondo politico e culturale del tempo. Ghisleri fu tutto questo, ma fu, soprattutto, quello che oggi si definirebbe un organizzatore di cultura. Nel 1875, quando aveva solo vent'anni diede alle stampe la sua prima pubblicazione, "Scintille", e nello stesso anno uscì il primo periodico da lui diretto, "Il Preludio", a cui fecero seguito, "Il Risveglio" e "Papà Buonsenso". A Milano lanciò in seguito la "Rivista Repubblicana" prima che, approfittando delle possibilità offerta dalla legge Casati, che consentiva anche a ragionieri e maestri di volgersi alla scuola come incaricati, decidesse di recarsi ad insegnare a Matera e a Napoli, tra l'82 e l'84.
Fu nel contatto con il Sud dell'Italia che il giovane Ghisleri ebbe l'intuizione del lavoro che l'editoria italiana avrebbe potuto svolgere nel campo storico-geografico. per affrancarsi, soprattutto, dalla sudditanza ai modelli tedeschi. A Napoli ebbe modo di approfondire il contatto con la realtà della questione meridionale, che impose anche alla discussione all'interno del Partito Repubblicano. proponendone la soluzione con una forma federalista tesa a scardinare il sistema politico accentratore e conservatore, in linea con la tradizione democratica autonomista del Risorgimento. Ghisleri si chiedeva perchè non fosse possibile istituire un legame con il Mezzogiorno fondandolo sulle stesse basi contadine in cui si era esercitata con successo l'azione repubblicana nell'Italia centrale e nella pianura padana in particolare.
Di ritorno dal Sud insegnò nuovamente a Savona, dove pubblicò la rivista "Cuore e critica", poi a Bergamo, dove in pratica diede vita all'Istituto d'Arti Grafiche, e di nuovo a Cremona. Fece poi un viaggio in America per poi risiedere qualche tempo a Lugano, sfuggendo alla reazione e facendo opera di proselitismo alla causa italiana. Di nuovo a Milano direttore dell'"Italia del Popolo", e a Roma della "Ragione", il quotidiano repubblicano voluto da lui, con il sottotitolo "Giornale di politica e cultura".
Gli anni 1911-12 sono quelli dell'avversione alla campagna italiana in Libia e dell'uscita dal Partito Repubblicano, che lui stesso aveva promosso e motivata così con una lettera al direttore de "Il Secolo", il 28 settembre 1911: "A che vale mantenere un'organizzazione ponderosa e costosa, che spilla anche all'operaio il quattrino per sostenerne gli organi burocratici e la stampa, se in momenti gravidi d'ogni conseguenza e decisivi come l'attuale, rimane paralizzata, assente, imbelle per colpa de' suoi dirigenti?"
Dell'1 agosto 1914 è invece il manifesto degli italiani "o sui campi di Borgogna con la sorella latina o a Trento e Trieste e poi, a guerra vinta, per gli Stati Uniti d'Europa". Per tutti gli anni della guerra fu, con Bissolati, fautore dell'interventismo democratico, cioé dell'avversione a qualsiasi velleità d'espansione, impe- rialistica e nazionalista portata dalla guerra, e dunque fiero avversario della politica sonniniana. Si deve a Ghisleri il colpo decisivo all'impero austro- ungarico, sconfitto militarmente nella battaglia del Piave, ma già minato nella sua credibilità dalla conferenza delle nazioni oppresse dall'Austria che Salvemini, Oietti e Albertini aveva convocato su sua ispirazione.
Avrebbe anche voluto realizzare il Museo degli esuli italiani a Lugano, poi pensò a Como, ma non vi riuscì perchè travolto dalla temperie degli avvenimenti, il bolscevismo prima, ed il fascismo poi. Fieramente antifascista passò gli ultimi anni nella casa di via Santa Lucia a Bergamo, che divenne una specie di meta di pellegrinaggio clandestino, fino alla sua morte, avvenuta nel 1938, un anno prima che si scatenasse la guerra mondiale, figlia di quel nazionalismo, di quell'imperialismo del razzismo che Ghisleri aveva sempre combattuto.
Ma Ghisleri, oltre che giornalista, divulgatore e politico fu soprattutto uno studioso: di geografia; di storia, pubblicando libri di Ferrari, Gioia, Pisacane, testi tabù della letteratura politica, nella "Biblioteca rara"; di letteratura, essendo uno dei maggiori rappresentanti della scapigliatura, polemico con Carducci e De Amicis, e di pedagogia, anche se non riusci a scrivere il suo libro più bello, quel "Manuale del perfetto cretino", rimasto solo sulla carta, dove avrebbe raccolto ordinanze, disposizioni di provveditorati, deliberazioni tutte incongrue fra di loro.
L'Atlante d'Africa
I problemi da risolvere per lo straordinario progetto editoriale dell'Atlante d'Africa furono enormi: dalla mancanza di buone carte di partenza, a quella dei collaboratori, che furono soltanto due, Olinto Marinelli e Giotto Dainelli. Fino all'aprile del 1904 il programma di lavoro prevedeva il completamento dell'atlante in sette dispense, ma in seguito all'accordo tra Francia e Inghilterra, con la delineazione delle rispettive aree coloniali africane, il programma editoriale si ampliò articolandosi definitivamente in venti dispense, per lasciare a Ghisleri il tempo per raccogliere, coordinare e riversare nei testi e nelle carte le nuove informazioni, più facilmente disponibili in seguito all'accordo politico tra le due potenze. Ed il lavoro, paziente e forsennato, dal 1902, anno dell'ideazione, al 1910, quando l'atlante fu concluso, fu tutto suo. Tuttavia i tempi di realizzazione avevano causato forti tensioni tra Gaffuri ed il consiglio d'amministrazione dell'azienda che temeva che i tempi del ritorno economico si facessero troppo incerti. Ma, a parte gli impegni romani per la preparazione e la direzione del nuovo quotidiano repubblicano "La Ragione" uscito nel dicembre 1907, Ghisleri non licenziava mai alcuna tavola ed alcun testo prima di avervi apportato anche le più recenti acquisizioni conoscitive disponibili, rifacendo più volte tavole e testi ormai pronti. Anche l'edizione definitiva dell'atlante reca traccia di queste continue aggiunte: il numero complessivo della pagine era stato prefissato in 200, ma, con, il materiale a disposizione, vennero di fatto aggiunte altre 36 nuove pagine, tipograficamente evidenziate dal numero arabo corrispondente al piano originario, con aggiunte lettere alfabetiche progressive. Così accadde, ad esempio, in occasione dell'acquisizione da parte del Belgio dello stato indipendente del Congo, iniziato nel 1907, che costrinse Ghisleri ad attendere fino all'ultimo la realizzazione della XVII dispensa, uscita nel luglio 1909, dopo l'annessione proclamata nel novembre 1908.
E proprio il motivo economico fu il limite contro cui si infranse non solo la possibilità di continuare il progetto del grande atlante universale, ma anche l'esito editoriale del primo "Atlante d'Africa". I ritardi nella realizzazione, i costi aumentati per il rifacimento e l'aggiornamento di tavole e testi in corso d'opera, e l'insofferenza di alcuni azionisti contro la gestione dell'azienda da parte di Gaffuri, spinsero il consiglio d'amministrazione dell'Iliag a non sostenere oltre il lavoro, partendo dalla progressiva riduzione della tiratura delle singole dispense, fino ad arrivare alla mancata distribuzione nel circuito commerciale delle librerie e all'assenza di sostegno pubblicitario. Fu un suicidio commerciale.
Nel marzo del 1910 Ghisleri fu costretto a sgomberare con tutto il suo materiale di lavoro dalle stanze dove aveva lavorato per anni. Nonostante ripetuti tentativi nel 1930 e nel 1935 non vi fu nulla da fare. Un anno e mezzo prima di morire Ghisleri decise di lasciare tutte le sue carte al paese che gli aveva dato i natali, Persico Dosimo. Lettere, materiale vario, carte geografiche e fotografie. pervennero alla Libreria Civica nel marzo del 1959 dopo una lunga serie di trattative.
Ghisleri, fu, però, come abbiamo già avuto modo di osservare, il più grande organizzatore culturale che l'Italia abbia avuto. Tutti i più grandi nomi di quel periodo cruciale della storia nazionale hanno dovuto far i conti con lui, da Rensi a Salvemini, da Bissolati a Turati, fino a Cattaneo, l'unico a cui, forse, Ghisleri fu debitore. Ed almeno cinque grandi polemiche a cui partecipò possono dare idea del peso di quest'uomo, nato in un piccolo lembo della pianura cremonese, nella cultura italiana.
Nel 1887 con i saggi raccolti in "Dalla fede alla scienza" polemizzò contro il clericalismo bigotto in virtù di una religiosità sentita nel profondo. Poi la grande polemica del 1888 con Cesare Bovio contro il razzismo e contro il colonialismo e quella del 1901 contro il marxismo. E di nuovo l'anno dopo contro la scuola, portatrice di una sapere ormai sclerotizzato ed infine quella del Ghisleri interventista con Bissolati contro i nazionalismi della pro Dalmazia, in nome dell'amicizia italo-jugoslava ma nella ferma difesa del confine italiano.
In questo suo atteggiamento Ghisleri fu, però, un solitario nella storia del pensiero politico italiano; di fronte alle mode imperanti, quelle più populiste, bolsceviche o radicali, si richiamò sempre alla tradizione nazionale e alle concrete condizioni del paese, protestando contro l'adesione a formule per loro natura generali, pen- sate altrove, aderenti a presupposti che poco avevano a che vedere con la realtà della nostra storia nazionale, con le sue popolazioni ed i vari ambienti regionali.
In questo fu rinnovatore delle politica del proprio partito, quello Repubblicano, nel tentativo di modernizzarlo togliendolo dalla celebrazione commemorativa di una passato, seppure nobile, per indirizzarlo ad essere una forza politica attiva, attenta ai bisogni concreti e scuola, soprattutto. di esperienza democratica.
Che non fosse stato capito lo dimostrò chiaramente la stampa ufficiale di regime, quando, all'indomani della morte, si soffermò con una certa ampiezza sulla sua opera geografica, nella convinzione che potesse meglio servire alla causa del primato italiano. anche se lui si era strenuamente battuto, ma invano, per una ripubblicazione del suo "Atlante d'Africa" al quale aveva dedicato almeno otto anni di lavoro durissimo.
In verità, fin dalle sue prime prove. Ghisleri si era battuto per una geografia lontanissima dalla retorica fascista, che non si esaurisse nella ricerca arida ma che promuovesse il sapere, manifestando il suo spirito acuto e polemista che aveva dimostrato negli altri campi.
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