8 gennaio 2023

Bartolomeo da Cremona, il viaggio in Asia e quella fontana in mezzo alla piazza da cui sgorgavano latte, vino e idromele

Bartolomeo soffriva il freddo e la fame e non tardava a farlo capire ai suoi compagni di viaggio. Chiuso nel suo tabarro aveva il volto ormai coperto dalle lacrime causate dalla fatica e dalla mancanza di cibo e acqua che da giorni lo tormentava, perché quando il gelo secco di un deserto e la fame ti perseguitano, accompagnati dalla monotonia di un paesaggio battuto dal vento tagliente, qualsiasi cosa ti si possa presentare davanti può rappresentare un ritorno alla vita. Probabilmente Bartolomeo mormorava, stretti tra i denti che battevano dal freddo, una serie lunghissima di insulti in dialetto cremonese verso il suo concittadino Ascelino il quale, pochi anni prima di lui, aveva intrapreso un viaggio simile al suo; ma era ben consapevole che Ascelino non aveva fatto più ritorno a Cremona e la cosa di certo non lo tirava su di morale.

Bartolomeo da Cremona, al pari di Ascelino da Cremona, sono due figure che nella loro Cremona nessuno conosce eppure hanno fatto e visto, soprattutto Bartolomeo, cose più uniche che rare, cose che però altri riusciranno a raccontare. Sono stati dimenticati da tutti i due cremonesi, forse perché nessuno dei due è riuscito da ritornare nella città natale da vincitore anzi, i due non tornarono del tutto dai loro viaggi, nonostante i due non fossero condottieri, ma religiosi. Ascelino attraversò parte dell'Asia con la sua carovana fino ad incontrare, nel 1247, il comandante di quel esercito di Tartari che, pochi anni prima, misero a ferro fuoco una buona parte della odierna Europa arrivando fino ai confini con il Friuli. Quegli uomini, armati di una ferocia spaventosa, erano gli eredi di Gengis Khan, erano coloro che avevano esteso il loro impero in tutta l'Asia fino alle porte del Giappone, espansione fermata davanti alla costa del Sol Levante nel 1281 grazie ad una tempesta che spazzò via la loro flotta, quella tempesta che i giapponesi chiamarono kamikaze, ovvero “vento divino”.

Bartolomeo queste cose non le poteva sapere di certo, era un frate francescano ed aveva ricevuto mandato da Papa Innocenzo IV nel 1253 di recarsi alla corte dei mongoli nella loro capitale Karakorum nel bel mezzo dell'impero dei Tartari, nel bel mezzo di una zona dalle vette così alte da essere sempre ricoperte dai ghiacciai. Il viaggio della delegazione era previsto come lungo e pericoloso, partendo da Costantinopoli avrebbero dovuto oltrepassare la Crimea e il fiume Don per arrivare all'interno di quell'impero talmente vasto da richiedere anni per poterlo attraversare. Oltre al cremonese, al traduttore e a due servitori vi era un altro religioso, l'ambasciatore del Re Luigi IX di Francia, il fiammingo Guglielmo da Rubruck, francescano che portava con sé le richieste da presentare all'imperatore delle terre dei mongoli, Mangu Khan, per cercare di evitare che i Tartari tornassero ad attaccare l'Europa.

Il peregrinare verso est della piccola carovana si basava su lasciapassare rilasciati come diplomatici, ma nel XIII secolo le terre inesplorate dell'Asia non erano di centro un centro villeggiatura a cinque stelle, le sterminate praterie dove le temperature potevano cambiare di 20 gradi in poche ore, i gruppi criminali che razziavano i viaggiatori, l'arsura e l'assenza di villaggi o insediamenti per centinaia di chilometri erano quasi delle certezze. Bartolomeo da Cremona definirà, insieme a Guglielmo, l'accesso all'impero mongolo come “una porta per l'inferno” dove scappare era impossibile perché “vi abitavano solo diavoli”, tanto che i due viaggiatori avevano preventivato di fare un salto nel passato e di non poter trovare di particolarmente interessante da poter descrivere.

Nel bel mezzo dell'Asia centrale Bartolomeo soffriva i patimenti dovuti ai mesi di privazioni e alla enorme superstizione delle popolazioni locali che non si dimostravano di certo collaborative con quegli stranieri, al contrario Guglielmo, religioso determinato, acuto ed estremamente motivato nella sua missione. Quel salto nel passato, per il cremonese e gli altri esploratori, non avvenne quando il gruppo raggiunse Karakurum, capitale dell'impero ospitata nella catena montuosa dell'Himalaya perché in quella città molti patimenti sparirono. I due religiosi trovarono moschee, una chiesa, strutture civili moderne e anche europei che vivevano e lavoravano all'interno della città. Gli europei erano gli ostaggi che i Tartari avevano rapito durante le loro scorribande in Europa ma ai quali, incredibilmente agli occhi dei viaggiatori, era stato concesso di professare le loro religioni e di lavorare secondo le abilità di cui disponevano.

Bartolomeo e Guglielmo rimarranno estasiati da una fontana la quale non era una semplice fontana come quelle che erano presenti a Cremona ma, posta nel mezzo della piazza centrale della capitale, la fontana era qualcosa d'altro. Nel 1254 non era di certo una cosa normale vedere una specie di automa angelico con tromba che sovrastava la struttura principale della struttura e dava origine, con tanto di rami e frutti, ad una specie di incredibile albero d'argento. Alla base della statua vi erano quattro leoni d'argento con un tubo che offrivano latte, vino d'uva, vino di riso e idromele, tutti pronti per chi li desiderasse, Bartolomeo aveva finito di soffrire i patimenti della fame e della sete. Bartolomeo resterà verosimilmente nella capitale fino alla sua scomparsa, non riuscirà a tornare indietro insieme a Guglielmo e a raccontare delle cose incredibili che aveva visto e passato. Quella straordinaria fontana moderna e funzionale raccoglie la storia di un cittadino cremonese mai più tornato in patria ma che, con il suo collega Guglielmo, fece un viaggio attraversando mezzo mondo per dare origine a quello che è stato definito come “il più importante viaggio della storia del Medioevo”. Un viaggio che Cremona ha dimenticato, un viaggio che ha reso la narrazione fatta da Guglielmo come uno dei libri di storia e di avventura tra i più avvicenti di sempre.

Marco Bragazzi


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commenti


Giuseppe Zagheni

9 gennaio 2023 14:25

Praticamente non sappiamo niente di di quel viaggio o ci sono rimaste testimonianze scritte da qualcuno che ha conosciuto il frate ?.