1 giugno 2025

Cascina Bredalunga, bagno di folla per la benedizione dell'oratorio rinato e la presentazione del libro "Storia di una chiesetta di campagna"

Un cerchio che si è chiuso dopo oltre mezzo secolo: l'oratorio di Bredalunga è stato riaperto formalmente ieri sera, con la benedizione della chiesetta appena ristrutturata all'interno dell'omonima cascina-paese che sorge nella campagna di Casanova del Morbasco. Quell'enorme cascina vide oltre 200 persone viverci ma poi con l'esodo dalle campagne si spopolò lentamente ed inesorabilmente fino a che, sul finire degli anni '70, l'ultima famiglia se ne andò e chiuse definitivamente anche il portone della chiesa, dopo aver portato al sicuro la statua della Madonnina di Bredalunga, che fu dunque l'ultima figura ad andarsene dalla cascina.

Dopo due anni di restauri e di interventi, la chiesa è stata il primo edificio a tornare in vita e la Madonnina della Breda è tornata ad essere presente in quell'oratorio, che ieri sera ha ricevuto la benedizione da parte di Padre Giovanni  Villa, davanti ad un folto pubblico che, come sempre, è accorso con grande affetto per vedere l'opera di restauro e per seguire la presentazione del libro che ne traccia la vicenda: "Storia di una chiesetta di campagna", scritto da Felice Troiano ed edito da CremonaSera, che sarà disponibile in diverse librerie cittadine o direttamente presso Cascina Bredalunga ed il cui ricavato sarà interamente devoluto in beneficenza alle "Tende di Cristo" di Padre Francesco Zambotti.

Dopo un momento di preghiera in chiesa a cui ha fatto seguito la benedizione, (riportando così l'edificio alla sua originaria funzione sacra dopo che per decenni era stato abbandonato e profanato, ferito nel suo intimo) la serata è proseguita con la presentazione del libro alla presenza dell'autore Felice Troiano e dell'artista Giorgio Pastorelli, moderata dalla giornalista Michela Garatti che un paio di anni fa, nel suo percorso di studio delle chiese minori abbandonate del territorio cremonese, ha incontrato anche Bredalunga e da sempre ne ha seguito e raccontato le vicende storiche del passato e i progetti presenti e futuri, tra cui anche e soprattutto il recupero della chiesetta (leggi qui).

"Questa cascina, come la maggior parte del territorio, è stata lasciata abbandonata a sè stessa; eppure queste mura sono musei a cielo aperto, testimoni di una storia importante. Basta per esempio vedere i segni sui muri delle pallottole delle mitragliatrici degli Alleati nella seconda guerra mondiale: questa è storia recente. O le case di ringhera con le file di pollai e stallette per gli animali da cortile, perchè non si andava a fare spesa al supermercato ma tutto era prodotto in cascina. O le scritte sui muri Viva Coppi Abbasso Bartali, un po' gli antesignani delle piazze social di oggi" ha commentato Garatti "Questo è un libro che si lascia leggere con piacere, un diario che ripercorre le tappe del restauro della chiesetta ma con una carica di sentimento e affetto, insieme a tanti spunti interessanti di storia e storia dell'arte"

"Per me un libro deve avere il sapore del pane appena sfornato, il suo profumo e la sua croccantezza: deve avere il sapore delle cose buone. Così ho cercato di scrivere questo libro in cui ho descritto la storia di questa cascina, di come l'abbiamo trovata e con essa della storia che ci si è presentata davanti quando siamo entrati per la prima volta qui: una storia antica che parte dal 1500, di cui racconta anche lo storico Angelo Grandi nella sua opera del 1858 - ha spiegato Troiano - "Perchè abbiamo scelto di profondere energie e sostanze in questa opera di ristrutturazione? Me lo sono chiesto più volte e la risposta è nel nostro essere: esempi come Pienza voluta da Papa Pio II che volle ricostruire la città ideale sulle rovine di Corsignano, e pure molte altre storie di recuperi importanti, anche vicini a noi. Il nostro paese ha una storia millenaria, fa parte del nostro essere e quindi abbiamo scelto di fare quello che andava fatto".

Anche Giorgio Pastorelli ha raccontato brevemente quello che è stato per lui il significato di questa opera, sia sul piano artistico che umano "Il rapporto con Felice è stato di amicizia, ci ha legati una certa affinità e ci siamo trovati allineati sotto tanti punti di vista. Per me è stata un'emozione grande e indescrivibile questo lavoro, che ha seguito le vicende della vita di Maria".

La serata è poi proseguita con un momento musicale curato dalla giovane estrosa e talentuosa violinista Lara Celeghin, che ha incantato i presenti con i suoi virtuosismi al violino, che nel contesto della cascina hanno creato un suggestivo momento artistico.

Un'appuntamento dunque che ha riportato alle radici della nostra storia, sia quella più antica che quella più recente, e della nostra cultura che si trova descritta in tutti questi edifici, paesi, cascine e chiese disseminati sul territorio e di cui spesso ci si dimentica perchè non più utili produttivamente o perchè ormai abbandonati e rassegnati al loro destino. Ma a volte la storia ha un lieto fine, come a Bredalunga.

Anche se qui la parola fine non è ancora stata scritta perchè la rinascita della chiesa segna un nuovo inizio ed apre un nuovo capitolo per questa imponente cascina.

Michela Garatti


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commenti


Michele de Crecchio

1 giugno 2025 01:09

Finalmente buone, anzi ottime, notizie relative ad una delle molte e belle cascine, cariche di storia e spesso anche impreziosite da pregevoli architetture, non di rado purtroppo lasciate decadere, delle quali è tanto ricco il nostro, un tempo splendido, territorio agricolo. Personalmente ebbi modo, nei primi anni settanta del secolo scorso di visitare, ammirare e fotografare, sia pure solo con modesti mezzi e scarsa perizia, la singolare e, decisamente,, affascinante cascina Bredalunga, cascina composta da più corti (due grandi e altre più piccole) realizzate, letteralmente, "a cavaliere" di un lungo rettifilo stradale, certamente di antico impianto, in comune di Sesto Cremonese.
Mi colpì allora osservare che le case dei contadini non erano tutte costruite "a schiera", con scaletta interna autonoma (o, alla peggio, condivisa con la casa contigua), come da tipica tradizione cremonese, ma che, quelle del piano superiore (non poche!),, erano tutte servite da un solo "ballatoio" e da una sola scala, come da antica tradizione rurale bergamasca, tradizione anche da noi successivamente e ampiamente ripresa, ma solo nelle periferie urbane delle città e dei paesi più grandi, dalle modeste, quanto tipiche, case "da pigione" con le quali, molti privati, alcune cooperative e persino i primi enti pubblici creati per affrontar la emergente tematica delle "case popolari", affrontarono, con intenti diversi i notevoli problemi di "inurbamento" derivati dalla prima rivoluzione industriale.