Centodieci anni fa la più grande rivoluzione urbanistica di Cremona: l'isolamento del Duomo dell'ingegner Remo Lanfranchi che diede alla piazza il suo attuale aspetto
Centodieci anni fa ebbe inizio, per concludersi solo quasi vent’anni dopo nel 1931, la più grande rivoluzione urbanistica del Novecento, destinata a modificare in modo definitivo la fisionomia del principale monumento cittadino. Nel 1913 l’ingegnere Remo Lanfranchi presentò in un opuscolo le sue idee ed il suo progetto definitivo “Pro isolamento duomo”, che veniva da un lato a concludere un lavoro iniziato cinquant’anni prima e dall’altro ad aprire la strada a quel piccone risanatore che di lì a qualche anno sarebbe stato protagonista, con interventi altrettanto drastici, di ben altre demolizioni. L’isolamento della Cattedrale, con la demolizione di tutti i fabbricati che vi si erano addossati nel corso dei secoli, compresa la grande Canonica, avrebbe mutato radicalmente l’aspetto esterno del Duomo, nascosto alla vista praticamente da mezzo millennio, se non più. La grande impresa, che rase al suolo, oltre la Canonica, sia le modeste botteghe che occupavano gli archi della Bertazzola, che la sagrestia a due piani annessa all’abside centrale e una parte addirittura del palazzo vescovile, ebbe una sorta di preludio nell’abbattimento, nel 1841, del piccolo fabbricato addossato al fianco sinistro del duomo, destinato a cella di deposito dei defunti in attesa di tumulazione. Uno dei più accesi sostenitori dell’intervento era il direttore del “Corriere cremonese” Fulvio Cazzaniga, il quale il 2 luglio 1859 scriveva che, passeggiando per piazza del duomo in compagnia di un ufficiale francese, si sentiva arrossire e abbassava gli occhi dalla vergogna nel vedere “quelle catapecchie, e quelle botteghe incrostate tutto all’interno; e quell’assassinio dell’episcopio che, il brutale, si caccia nei fianchi di quella facciata così pura, sì semplice, e la più bella di tutte. E tutto questo perchè il Vescovo non si bagni le piante per entrare in Duomo. Miserie dei tempi...”. Per attuare l’intero progetto, però, si dovette passare attraverso lunghe ed interminabili polemiche tra chi si preoccupava dei costi ingenti che avrebbe comportato l’operazione, chi avrebbe preferito conservare l’esistente, chi riteneva di garantire il massimo della fruibilità all’edificio così isolato e chi, infine, paventava la creazione di nuovi squilibri statici con la necessità di intervenire nuovamente per riparare al danno fatto. Non è un caso che i lavori, messi in cantiere nel 1859 subito dopo la liberazione dagli Austriaci, si protrassero in realtà fino al nuovo secolo, trovando conclusione solo nel 1931. Bisognò tuttavia attendere la seduta del consiglio comunale del 9 maggio 1868 perchè venisse approvata all’unanimità una deliberazione che impegnava il Comune ad acquistare tutte le case addossate al Duomo per poterle poi demolire, dando ufficialmente inizio, con la costituzione di un comitato cittadino, all’isolamento dell’edificio sacro.
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commenti
Michele de Crecchio
3 novembre 2023 23:13
Osservava saggiamente Stendhal (dimenticandosi della significativa eccezione rappresentata dal Duomo di Milano) come le cattedrali italiane, a differenza di quelle d'oltralpe, non fossero isolate dal tessuto urbano circostante, ma strettamente legate allo stesso. La incompiuta cattedrale di Siena è certamente la più clamorosa declinazione di tale regola, ma sarebbe agevole indicare anche molti altri importanti edifici sacri che, pur essendo la più impegnativa costruzione religiosa realizzata nella loro città, non risultano isolati ma, al contrario, presentano importanti collegamenti con l'edilizia urbana circostante. La proposta di isolare il nostro Duomo, avanzata a metà ottocento sulla stampa locale, come l'articolo di Cremona Sera correttamente ricorda, non fu, in realtà , una novità assoluta . Già Antonio Campi, nella sua preziosa e dettagliata planimetria cinquecentesca della nostra città, aveva, infatti, indicato con una grafia particolare (ragionevolmente utilizzata per consigliarne la demolizione) alcune porzioni minori degli edifici addossati alla cattedrale che, anche ai suoi occhi di
colto storico e raffinato artista rinascimentale risultavano inopportunamente addossate alle costruzioni più antiche o comunque più significative. Purtroppo l'isolamento proposto (e in parte anche realizzato e finanziato) nei primi decenni del novecento dall'ingegner Lanfranchi, non fu pensato con la stessa attenzione e sensibilità. A chi cercò di opporsi (segnatamente Illemo Camelli) non restò che documentare con gradevoli dipinti lo stato degli edifici durante i lavori di demolizione che, con ogni probabilità, evidenziarono l'età molto antica (forse persino risalente alla romanità) di buona parte delle murature interessate dall'isolamento. Camelli vinse di fatto solo la battaglia che tenacemente sostenne per salvaguardare costruzioni e mosaici antichi nella zona del cosiddetto "cimitero dei canonici", unica porzione di terreno dove, a mio parere, la grande e costosa operazione di isolamento del Duomo, portò ad un effettivo miglioramento della situazione preesistente. I tenaci sostenitori di un totale "sgombero" anche di tale area, si divertirono attribuendo alla piccola costruzione conservata per proteggere i sottostanti antichissimi mosaici la beffarda denominazione di "villino Camelli"!