Ciak si gira. L'incontro con Anthony Quinn ai Castelli romani per "Stradivarius", gli equivoci sul contratto e la delusione di Salerno per la scelta del regista Battiato (23)
Proseguiamo il racconto del mancato film "Stradivarius Cremonensis" sulla base della sceneggiatura di Vittorio Salerno e Ernesto Gastaldi. Siamo nell'autunno del 1985 ed abbiamo lasciato i due diretti alla villa di Anthony Quinn ai castelli romani. Precedentemente vi è già stato un incontro a Cremona tra il sindaco Renzo Zaffanella e lo storico esperto di Stradivari, che altri non è se non Elia Santoro, per definire meglio la sceneggiatura. Lasciamo ancora la parola a Gastaldi, che racconta retroscena del tutto sconosciuti:
Non mi sento sorpreso: ho sempre saputo che Stradivari aveva la faccia di Quinn. Lavo il Mercedes e vado ai Castelli. La villa di Quinn è grande contornata da un'immensità di verde. Ci fanno entrare in una salone e poi in uno studio arredato con grandi mobili di legno scuro. Entra Quinn, alto, simpatico, con un grande sorriso e ci stringe la mano.
- L'hai scritta tu? - mi chiede. Annuisco - Bravo. E' uno dei tre più bei copioni che abbia mai letto.
Penso che i primi due devono essere “La Strada” di Fellini e “Zorba il Greco” di Nikos Kazantzakis messo in scena da Cacoyannis: bello essere terzo tra cotanto senno…
- E poi, vedi Ernesto, sembra la mia vita. Anch'io sono vecchio e non ho raggiunto la perfezione che voglio... anch'io ho avuto due famiglie e quando avevo 55 anni mi sono sposato la seconda volta... e ho avuto tanti figli sia dalla prima che dalla seconda moglie...-
Ci firmerà un precontratto e ci darà sei mesi di tempo per trovare un finanziatore, se non lo troveremo cercherà lui. Mi chiede di scrivere la sceneggiatura collaborando alla puntualizzazione del proprio personaggio e ci dà appuntamento per la settima prossima, nel frattempo farà preparare la bozza del nostro impegno dal suo legale l'avvocato Santamaria e dalla sua agente, la signora Carol Levis.
L'avvocato ci chiama e ci fa un discorso curioso: gli è talmente piaciuta la storia che più che l'avvocato di Quinn vorrebbe essere l'avvocato del film. Ho la sensazione di essere entrato in un ingranaggio e non capisco di che macchina sia.
Le riunioni di sceneggiatura procedono bene, Quinn parla un italiano scorrevole ma quando vuole esprimere sfumature preferisce usare l'inglese che io adesso per fortuna capisco ma Vittorio no. Forti del nome di Quinn portiamo il copione alla R.A.I.
Alla Rete Uno ci dicono che non hanno più soldi per nuovi progetti, alla Rete Tre che non hanno mai avuto soldi per simili progetti e alla Rai Due che ci sono troppe battute. Il capostruttura Canepari non ha avuto tempo di leggerlo ma l'ha letto una signora dell'ufficio, è lei che ci guarda sorridente e ci ripete che la storia è bella ma che ci sono troppe battute. Vittorio mi tocca col gomito:
- Ti ricordi Amadeus? Quando l'imperatore dice a Mozart che la sua musica è bella ma ci sono troppe note?
Poiché in Italia nel campo dello spettacolo ormai di gruppi potenti ce n'è uno solo, alla fine vien fuori il nome del produttore Achille Manzotti che opera con la Fininvest. A mia insaputa qualcuno ha portato il copione anche ai Cecchi Gori ma la trattativa con Manzotti è incredibilmente rapida: vuole rilevare l'intero progetto dalla Wellcome Films contratto di Anthony Quinn compreso e accetta tutte le nostre richieste economiche senza sollevare obbiezioni.
Mentre stiamo preparando l'accordo, mi chiama Tozzi della Fininvest e vuol sapere a chi sto cedendo “Stradivari” se ai Gori o a Manzotti perché i Gori han detto a Berlusconi di averlo comprato. Vittorio Gori scuote la testa: non han detto così, però vogliono il progetto. Mario si intromette:
- E va bene, facci un'opzione per un paio di mesi e poi si vede!
- Posso farvela per un paio di giorni.
Mario vorrebbe ribattere ma il figlio lo zittisce e lo prega di lasciarci soli. Gli anni cambiano i rapporti tra padri e figli. Confermo a Vittorio che entro 48 ore firmerò con Manzotti ma prima di quel termine sono ancora libero. Vittorio mi assicura che mi chiamerà prima dello scadere del termine e invece chiama dopo tre giorni:
- Abbiamo venduto ieri a Manzotti, te l'avevo detto.
- Sì, sì. Stai attento però: l'uomo è in gamba ma non ha coperture.
Io guardo l'assegno con l'anticipo di quattrocento milioni che ho già portato in banca e alzo le spalle.
Tutto sembra finito e invece il bello deve ancora cominciare e piomba addosso a Vittorio verso le sei di sera con una telefonata di Anthony Quinn che urla con tutta la parte selvaggia che ha dentro: è un torrente folle di improperi. Vittorio riesce a capire che Quinn ci accusa di aver venduto il progetto senza il suo nome e che ci farà causa. Travolto nel torrente di merda che esce dal telefono, Vittorio non riesce a spiegare all'attore che il contratto è stato firmato alla presenza della sua agente, la signor Levis e che anzi, la cosa curiosa, è che dopo l'accordo Manzotti ci ha pregato di uscire ed è rimasto a parlare con l'agente. Né riesce a dirgli che la signora Levis gli ha telefonato due ore prima per dirgli che tutto era stato sistemato.
Quando Vittorio arriva da me è ancora senza fiato: domattina Tony partirà per New York e non c'è più tempo per spiegargli come stanno le cose e le cose sono che nel contratto di cessione è specificato l'obbligo dell'acquirente di rilevare il suo contratto e quello dei suoi figli.
Vittorio è troppo turbato per ragionare ma a me la cosa sembra difficilmente credibile: capirei essere accusato del contrario, ossia speculare sul nome di Quinn per avere più denaro. Sento di nuovo i denti dell'ingranaggio ma non capisco a quale macchina possa appartenere.
- Sono le otto. Andiamo su da Quinn.
Arriviamo davanti alla villa che è buio. Grossi cani ringhiano. Un guardiano ci viene incontro titubante:
- Non so se sia il caso che incontrate il signor Quinn. E' furioso!
- E che sarà mai! - spingo via l'uomo ed entro in casa.
Tony appare avvolto in una vestaglia agitando le braccia come una furia greca.
- Fuori di casa mia! - le vene del suo collo sembrano tubi per innaffiare il giardino. Il colore della sua faccia è sul viola. Mi fissa con occhi avvolti in una rete color sangue:
- Il tuo copione era una merda se non l'avessi aggiustato io! - urla da spaccarsi la gola puntandomi un dito contro. In certi momenti mi passano buffi pensieri per la testa e so che sto per perdere il controllo.
- Sarai pure un grande attore ma come uomo sei una merda! - mi pare di urlare e sbatto copia del contratto sul tavolo- Leggi prima di insultare!
Ma Quinn non sembra voler sentire ragioni e si gonfia di più, fisicamente minaccioso, ma non è più alto di me e io ho vent'anni di meno. La moglie accorre a mediare. Io voglio andarmene ma la porta di vetro è chiusa. Alzo un piede per sfondarla e la signora Quinn mi prega di non farlo altrimenti scatteranno cento allarmi e arriverà la polizia.
- Dalla cucina! Esci da casa mia dalla cucina! - urla il vecchio Tony col dito teso. Forse si rende conto che è andato sul guitto, che ha passato il segno, perché si sgonfia mentre la moglie si è seduta e sta sfogliando il contratto. Con voce suadente calma il marito:
- Tony, hanno ragione loro... Guarda Tony, ci sei anche tu sul contratto... e c'è Francesco, Daniel, guarda... ci siete tutti...
Tony guarda la moglie ansimando e si siede lentamente. I suoi tempi sono di nuovo misurati, da grande attore. Si passa una mano sulla faccia e quella mano cancella la rabbia. Mi guarda con occhi da sanbernardo. La moglie lo accarezza e continua a dirgli che sul contratto c'è anche il suo nome.
- Ma se mi ha telefonato la Levis per dirmi che vi siete fatti dare centinaia di milioni e mi avete escluso...- Adesso si ricarica un poco, ma questa è dubbiosa indignazione, o indignato dubbio come direbbe Polselli.
- Io mi fido della mia agente... sono trent'anni che stiamo insieme...- torna a guardarmi e lascia scolare la faccia in un'espressione di grande dolore:
- Ernesto, scusami! Io ti ho scacciato dalla mia casa e non avevi colpe! - Mi viene da applaudire ma son certo che non apprezzerebbe. Sento che l'ingranaggio continua a girare.
Il giorno dopo è quello dei controlli: ma la signora Levis ci assicura di non avere mai detto a Quinn che noi l'avevamo escluso dal contratto, ci deve essere stato un malinteso. Ci chiama l'avvocato Santamaria: ha sul tavolo la bozza di una raccomandata che Quinn gli ha ordinato di spedire ieri in cui sostiene di essere coautore del copione.
- Ma lei sa bene avvocato che non è vero.
Santamaria sorride e non risponde, ci racconta invece di quella volta che Kirk Douglas citò in causa la Metro e vinse in situazione uguale alla nostra. Paternamente l'avvocato ci consiglia per il futuro: quando fa leggere un copione ad una star bisogna chiedere subito una lettera di garanzia in cui l'attore o l'attrice dichiarino che, pur collaborando alla definizione del loro personaggio, il loro contributo non deve essere inteso in qualità di autori ma che fa parte della loro professionalità di attori.
- Adesso Quinn sa che è nel contratto, quindi...- Non sembra un'osservazione risolutiva.
- Tony è partito per NewYork stamattina. - risponde l'avvocato e precisa che avrebbe già dovuto aver spedito la raccomandata e che non l'ha fatto perché si considera il legale del film più che del signor Quinn. Credo di cominciare a capire. Almeno un dente dell'ingranaggio l'ho individuato. Costerà dieci milioni.
- Se ieri non andavamo su eravamo fregati. - medita Vittorio.
- Già e credo proprio che nessuno si aspettasse che ci andassimo.
- Che vuoi dire?
- Secondo me Quinn ha telefonato un paio d'ore troppo presto. Se aspettava che fossero le nove, non avremmo più potuto arrivargli addosso ad un'ora accettabile. Se fossimo arrivati dopo le dieci ci avrebbe fatto dire che dormiva perché l'indomani doveva prendere l'aereo alle sei. Così saremmo rimasti in lite per sempre.
- Vuoi dire che ha recitato tutta quella rabbia? E perché?
- A recitare è bravo, il perché, eh il perché non lo so.
Diventa difficile parlare con Manzotti, ci ha scaricato ad un suo tirapiedi tiratardi che parla con grande lentezza di cose assolutamente inutili. E' un uomo assai utile in certe situazioni ma non ho ancora ben capito quale sia la nostra situazione. Mi conforta la banca accreditando regolarmente tutti gli assegni, quindi il problema non è di soldi.
Vittorio scalpita per cominciare a preparare il film ma Manzotti è sempre più occupato e il tirapiedi sempre più vischioso, mi rammenta certe carte moschicide che mio nonno appendeva nel "peilu", il salotto montanaro di Graglia.
Anche Quinn sembra scalpitare dalle Hawaii dove sta inaugurando un'esposizione di sue grandi sculture lignee. I termini stanno per scadere e non ha ricevuto il contratto definitivo con l'acconto.
L'ultimo giorno il tirapiedi ci porta da Carrol Levis dicendo di avere avuto da Manzotti l'assegno dell'anticipo per Tony che telefona da Honolulu. La signora Levis gli dice che ancora non ha l'assegno materialmente in mano e prega il tirapiedi, che sta parlando da mezz'ora delle grappe trentine, di darglielo. Finalmente l'assegno arriva tra le dita della signora che annuncia trionfante a Tony l'habemus cheque!
Il problema sembra risolto e Manzotti mi chiede di indicargli un bravo organizzatore. Gli faccio il nome di Claudio Mancini che ha organizzato il mio ultimo film prodotto Sergio Leone. Le settimane riprendono a scorrere senza che Vittorio venga chiamato a cominciare la preparazione.Ho capito qual è il problema: non vogliono che Vittorio diriga il film. Riesco a parlare con Achille al telefono e mi conferma che non ha mai pensato di poterglielo far fare. Il progetto è grosso e occorre un regista famoso.
Mi consulto con Vittorio e lo lascio libero di decidere. Se si impunta e probabile che Manzotti cercherà cavilli per farci causa e farci restituire i soldi, saremo noi contro gli avvocati targati Fininvest e la fiducia nella giustizia italiana non è più tale da farci dar gran peso al fatto che noi abbiamo ragione.
Per sei ore Vittorio e Manzotti restano chiusi in ufficio, quando escono Vittorio è molto provato: ha accettato una cascata di milioni ma ha rinunciato ad un sogno. Non farà la regìa. Subito il progetto accelera e dopo un paio di settimane Manzotti ci annuncia che il regista sarà Battiato.
- Il cantante? - trasecolo io. Achille ride:
- Ma no! C'è anche un Battiato regista che ha già fatto cose con gli americani. E' uno che quando dice azione azione è!
Inutile farsi spiegare cose come queste dette da un produttore, sono dolci nonsense che usano per mascherare motivi che non possono confessare.
Manzotti mi dice di collaborare con Battiato per la messa a punto del copione. Vittorio sta troppo male per farlo e io dopo un paio di riunioni chiedo di essere esonerato. Qualcosa nel modo di fare del regista è troppo americano e le scene "strette" come dice lui diventano scenette di Dallas. Manzotti mi lascia libero.
Mi richiama un mese dopo e mi fa leggere un primo tempo. Povero Stradivari! Sembra che abbiano fatto apposta a smontare le scene, hanno ridotto a quasi niente la favola dell'infanzia, la leggenda del suo successo per fare invece l'agiografia di un vecchio ibridando il Seicento con false rappresentazioni di macchine teatrali settecentesche che coi violini c'entrano come i cavoli a merenda. Leggo sul frontespizio il nome di Suso Cecchi.
- Achille, non è possibile che sia stata la Suso a scrivere questa puttanata!
- Perché no? - ribatte cinico il produttore- Invece a me sembra proprio un copione scritto da una vecchia rincoglionita.
- Se non ti piace, e lo credo! non lo giri!
-Che mi frega. Piace a quelli che tirano fuori i soldi. Io il mio guadagno l'ho già fatto. - e poi mi enumera sulla punta delle dita - Per fare il film sono rimasti pochi soldi: non più sedici miliardi ma solo quattro.
- E gli altri dodici?
Manzotti spalanca le braccia in un gesto che può voler dire molte cose.
Allora mi incazzo e decido di andare a parlare con Berlusconi per spiegargli come i suoi collaboratori lo stiano fregando. Telefono a Cairo, allora suo segretario personale, per un appuntamento, ma lui vuol sapere il motivo. Ridacchio: non posso dirgli il motivo.
-E io non ti posso fissare l’appuntamento… - ridacchia pure lui.
Come si fa ad arrivare a Berlusconi senza passare per i suoi uffici? Rivera! Il Milan… ma io non conosco nessuno nell’ambiente del calcio! L’amico Pizzi ha la soluzione: Gianni Letta che dirige il Tempo è amico suo e molto vicino a Berlusconi! Detto fatto: appuntamento a tre.
Racconto all’azzimato Gianni la situazione e lui mi ascolta compunto poi mi dice:
-E’ inutile che vai da Berlusconi perché lui sa benissimo quello che succede.
- Ma come, lo sa? Lo sa e non interviene?. Letta mi sorride e sembra un sorriso fresco del Settecento:
- Non ti posso spiegare ma Berlusconi di tanto in tanto lascia le briglie sciolte ai suoi collaboratori…- che briglie però! Miliardi di briglie! Gianni si alza sorridendo e ci accompagna alla porta, gentilissimo e sornione. Non mi ha convinto e anche l’amico Pizzi è perplesso assai.
Me lo spiega l’organizzatore della Scena Film che mi mostra un contratto firmato tra Rete. E’ il consueto contratto di appalto e di distribuzione: il film ha un preventivo di 10 miliardi, metà a carico di Rete Italia e metà a carico della Scena Film, ma poiché la Scena non dispone di sufficienti capitali, Rete Italia anticipa anche la sua parte ad un certo tasso. Fin qui, tutto abbastanza normale. Ma c’è una clausoletta in fondo che mi fa trasalire: si dice che qualora il costo del film dovesse superare i dieci miliardi il supero sarà totalmente a carico di Rete Italia. Rileggo per essere certo di aver capito bene: c’è proprio scritto che la Scena Film produrrà il film e che se lo fa costare il doppio o il triplo paga rete Italia! Guardo il mio amico che mi sorride sornione:
-Ma questo e un riciclaggio di denaro!
-Sssst! – mi impone il silenzio allarmato e mette via il contratto.
-Qui lo dico e qui lo nego – sussurra.
Cose che succedevano nel mondo del cinema da quando era diventato il mondo della televisione.
(2- continua)
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