E' stato Claudio Monteverdi, il vero "uomo del violino" a Cremona. In città un vero e proprio "movimento" a favore della musica strumentale
Chi si chieda come mai il Monteverdi Festival, targato 2025 (dal 13 al 29 giugno a Cremona), dedichi un largo spazio agli strumenti ad arco storici del Museo del Violino (con ben tre audizioni speciali), piò trovare una risposta nella vita e nell’attività cremonese del ‘divino’ Claudio. Ebbene sì, anche a costo di andare in senso contrario alla consueta narrazione storica liutaria, è stato Claudio Monteverdi il vero ‘uomo del violino’ di Cremona. Un tema questo che è spesso sfuggito o, meglio, poco approfondito negli studi sia di organologia sia in quelli riguardanti la poliedrica personalità del creatore di Orfeo; troppo spesso perimetrato nel solo ambito della creazione del melodramma seicentesco.
Ciò che è più interessante, utile per una futura ricerca epistemologica, è l’analisi dello scenario musicale dell’ambiente e delle personalità musicali cremonesi al tempo del giovane Monteverdi. E’ lampante di come fosse presente, in città, un vero e proprio ‘movimento’ a favore della musica strumentale, con particolare riguardo all’uso di viole, violini e di strumenti ad arco; e perfino alla prima organizzazione di un’orchestra in senso moderno.
Fin il predecessore di Marc’ Antonio Ingegneri, maestro di Monteverdi, ci sono tracce evidenti all’uso di strumenti musicali in Cattedrale. Lo ricorda in una lettera dedicatoria il maestro di cappella Ippolito Cammatarò a Nicolò Sfondrati; futuro pontefice con il nome di Gregorio XIV.
Un’analisi supportata dal lungo saggio di Renzo Bacchetta che, seppur scritto negli anni Quaranta nel Tricentenario della morte, è una biografia importante per l’inventore del melodramma.
Scrive Bacchetta
Ingegneri con il suo temperamento anelato verso un avvenire musicale completamente rinnovato, non poteva essere che uno strumentista, perché la musica strumentale, nata appunto in quel secolo, era la musica tipicamente nuova, si potrebbe aggiungere dell’avvenire. (…) Sentì tutta la profonda bellezza del polifonismo vocale, così da tentare a più riprese di tradurre gli effetti con complessi strumenti. Ma vicino a lui, proprio qui a Cremona, lavorava un sonator di viola ben conosciuto tra i cultori di storia della musica, Fiorenzo Maschera, venuto dalla vicina Brescia a far parte di un’orchestra che sonava in Cattedrale dove Marc’Antonio Ingegneri era maestro di Cappella.
Rilevante è la citazione della presenza a Cremona di Fiorenzo Maschera. Il musicista bresciano (1541 – 1584) ebbe contatti proprio con Gregorio XIV e fu, oltre che organista, autore di 21 canzoni strumentali a quattro voci, (1582) scritte proprio per soli strumenti. Opere destinate a un ensemble strumentale, soprattutto data la reputazione di Maschera come gambista e violinista
A ribadire la peculiarità di Ingegneri nell’arte del suonare gli strumenti ad arco, ci sono gli studi di Elia Santoro in quello splendido volume Claudio Monteverdi – Note biografiche con documenti inediti ( 1967)
E’ certo che Claudio Monteverdi (…) crebbe per la musica e per il canto riuscendo a suonare, assai bene, anche la viola sotto la disciplina del suo maestro Ingegneri.
Quando il musico cremonese partì per Mantova (1591) aveva 24 anni e Santoro specifica che arrivò, alla corte dei Gonzaga non come semplice compositore, ma come cantore e suonatore di viola.
Solo 16 anni dopo il suo arrivo nel castello di San Giorgio Monteverdi, nel prologo dell’Orfeo, scriverà la composizione di un’orchestra ‘moderna’ : dieci violini (viole da brazzo), due contrabbassi. Le viole da brazzo sono suddivise in due insiemi da cinque elementi, ognuno dei quali comprende due violini, due viole e un violoncello. Tre viole da gamba, due o tre chitarroni, oltre a strumenti a fiato : tromboni, trombe, cornetti. Ed inoltre: due clavicembali e un organo regale.
Musicologo
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