19 giugno 2022

Con gli sventramenti del centro sparirono una cinquantina di negozi. Il cuore di Cremona era un intreccio di botteghe

Alcune zone, anche molto estese del centro di Cremona, vivono oggi ancora di palazzi concepiti nella prima metà del 1900, quando le grandi opere di demolizione intraprese dal Regime Fascista, crearono vasti spazi modificando la topografia della città in uno spazio compreso tra la attuale Piazza Marconi e Galleria XXV Aprile.

Del resto va detto che la città era morfologicamente immobile da quasi 400 anni. Iniziano infatti nel 1512, dopo la dipartita dei Veneziani, le Dominazioni di vari Imperi europei . Francesi, Spagnoli ed Austriaci si contendono a secoli alterni la città, lasciandola nella morfologia seicentesca.

I vari monasteri, chiese o palazzi Signorili vivono uno status quo per il quale, dopo l' Unità di Italia si sarebbe dovuto rendere necessario un vasto piano di risanamento che di fatto si risolve solo nella demolizione di S.Domenico più per problemi socio-politici che pratici.

Va ricordato che Francesi e Austriaci, secoli prima avevano convertito tutti i claustrum in Caserme, limitandosi a ristrutturazioni mirate a casermaggio e stalle per cavalleria.

Anche la riforma Teresiana della fine del 1700 aveva impoverito la capacità di apportare innovazioni se non per le chiese convertite in civili abitazioni.

Ad inizio 1900 iniziano le modifiche alle vie principali (rettifilo) ma è solo dopo il 1930 che iniziano i grossi lavori tra il Monastero di S.Angelo (oggi piazza S.Angelo  e il Vicolo Del Vasto (oggi Galleria).

Per quanto il Regime Fascista si possa criticare per gli sventramenti, pare ovvio che, politica a parte,ci si trovi nella condizione di dovere decidere se abbattere edifici fatiscenti vecchi di secoli o ristrutturarli con enormi perdite di tempo.

Farinacci e gli architetti Razionalisti optarono per la prima ipotesi.

Case fatiscenti e vecchi monasteri lasciano quindi spazio a quella serie di Palazzi del Potere dell'epoca, tutt'ora visibili in Piazza Marconi, Piazza Stradivari, Via Gramsci e Galleria.

Tutte queste demolizioni porteranno via gran parte dei negozi del centro che o chiuderanno o cambieranno luogo.

Si è quindi cercato di ricostruire quali fossero le attività commerciali al momento delle demolizioni del 1930.

In Piazza Piccola o Cavour ( ora Stradivari ), faceva figura al posto del Palazzo Ras, un palazzo a due piani detto Palazzo Galizioli che si estendeva da Via Lombardini a Via Verdi .

In tale contesto spiccavano il Caffè di Lodoli e Ripari, una bella salumeria e un negozio rinomato per vendita di Pipe e tabacco condotto dal sig.Gennari. Il caffè Lodoli apriva alle 4 del mattino nei giorni del mercato e dava un servizio pubblico agli ambulanti.

Tutti i negozi dei portici ora "Mondadori" vengono rimossi per demolire le case vecchie e costruire la Camera di Commercio, mentre risultava inesistente il portico “delle banche” ( di fronte ad Ugo ) poichè occupato dalle Vecchie Regie Poste che vennero rifatte al posto della Chiesa di S.Nicolò (PT Centrali).

Nella zona Galleria XXIII Marzo ( il nome originale voluto dal Regime), prima che fosse costruita la stessa, vi era un quartiere medievale tra le Contrade Curzia e Del Vasto., con tanto di casa e bottega di Antonio Stradivari ancora esistenti ad inizio 1900.

Triste ammettere che la tomba e la bottega del nostro illustre concittadino siano state ignorate e demolite tra 1870 e 1930.

I negozi che ruotavano attorno a questa area erano orientati per lo più su Via Guarneri (contrada dei Coltellai), Vicolo del Vasto ( interno della Galleria) e Corso Campi e Via Gramsci.

Si trovavano qui il caffe' Soresini e il caffe' Gambrinus con i loro tavolini su Piazza Roma.

Dove è appena stata dismessa la area Taxi vi era una edicola in ferro della signora Lanzi Calliope.

Di fronte, dove sorgerà poi la Upim ( ora Zara ) vi era l'ottica Talamini.

Al posto della Bnl si trovavano invece il calzolaio Achille Nava , le telerie di Carlo Menta ed il negozio di tessuti del sig. Compiani.

Imboccando il primo Corso Campi, angolo Via Guarneri ( ex farmacia Centrale ed ancora prima Chiesa di S.Faustino ) si trovavano la libreria della signora Parma Clelia, una tabaccheria, la Osteria delle Inferriate.

Sulla Via Guarneri vi erano diversi negozi, un Bazar, un negozio di ombrelli condotto dal signor Franzetti Giovanni e uno di macchine da scrivere di tale Eli Bedina, un negozio di fiori recisi del signor Gussoni ed il Barbiere Gioveni.

Il vicolo del Vasto si pensa in primis fosse stato chiamato così per onorare il Marchese Spagnolo del Vasto, ma alcuni atti notarili del 1200 lo indicano come Stricta Guastiì dove si giocava d'azzardo .

Piu avanti altri atti lo indicano come luogo ove erano crollate delle case mai più ricostruite (guaste ).

Il Vicolo era una specie di piccola Galleria voltata con cortiletto cieco interno , molto angusto e buio e nasceva dalla spalla del vecchio negozio di idraulica Ceruti.

Per identificare la posizione del vicolo si può fare riferimento alla edicola sotto la Galleria che dà sul lato Zara.

Prima della demolizione era sede del Barbiere Signorini.

Verso i giardini vi era il Bar Roma del Signor Pietro Fezzi e poco oltre (sarebbe stata di fronte alla chiesa di S.Domenico ) vi era la casa e bottega di Antonio Stradivari , demolita per costruire la Galleria sul lato della Gelateria XXV aprile.

Poco oltre vi era il Bar Giardino.

I giardini fino al 1936 ( quindi per quasi 50 anni ) erano circondati da muro e cancellata.

In seguito fu abbattuto il recinto dal Podestà Gnocchi.

Anche l'angolo tra Via Solferino e Via Mazzini fu demolito per costruire la Banca del Credito Commerciale

L'albergo del Sole sparì per sempre ma tale lavorazione avvenne nel 1909.

La città mutata con sicure lamentele zittite dal Regime e non meno di 50 attività chiuse o riavviate altrove, probabilmente a spese degli esercenti stessi.

Le stesse attività che nel dopoguerra vissero il boom economico del '50 e del '60, la prosperità del '70 e la consolidazione dell''80.

Poi arrivarono i Centri Commerciali, la delocalizzazione nelle periferie per recuperare vecchie aree e da quel momento il Centro, cuore pulsante di una città diviene cuore affaticato.

Non resta che ricordare come fosse la nostra Cremona, le sue attività e il suo commercio.

Maurizio Mollica


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commenti


Nicolini Gualtiero

19 giugno 2022 15:38

Distruzione di una città e del suo tessuto storico in nome della grandezza dell'impero con palazzi fascisti palazzo dell'arte quello delle corporazioni Adriatica assicurazioni ecc...il nuovo che avanza . Non so cosa era meglio ma Farinacci era il ras di Cremona e nessuno poteva opporsi

michele de crecchio

19 giugno 2022 23:06

Gradevoli, come sempre, i ricordi dell'ottimo Maurizio Mollica in merito ai travagli edilizi subiti nel novecento dal nostro martoriato centro storico. Mi permetto di integrare il suo bell'articolo con due piccole precisazioni.
L'architettura privilegiata dal regime fascista si deve infatti definire non tanto "razionalista", come purtroppo oggi molti tendono a fare, ma piuttosto "littoria" come la definì lo stesso Mussolini, seguendo il suggerimento di Margherita Sarfatti e, soprattutto, del sommo accademico sacerdote dell'architettura italiana di allora, Marcello Piacentini. Più che del "razionalismo" francese e tedesco, lo stile "littorio" italiano derivò infatti le sue scelte dallo "stile novecento", senza rinunciare alle simmetrie compositive, alle decorazioni e alle scritte retoriche, aborrite invece dal vero razionalismo.
A stretto rigore, a Cremona, abbiamo una sola vera e propria architettura "razionalista" (la splendida sede sociale della Canottieri Baldesio) il cui progettista, l'ottimo Aldo Ranzi, per non incorrere nelle ire di Farinacci, prudentemente definiva "neo-futurista".
La seconda precisazione consiste, a mio parere, che, per rimediare alla riduzione di botteghe e laboratori artigianali (provocate dalle brutali ristrutturazioni attuate sia nei decenni fascisti che in quelli immediatamente post-fascisti) a Cremona si moltiplicarono le cosiddette "gallerie" che, senza, in generale, garantire quella opportunità di tracciato che aveva determinato il successo della galleria 25 Aprile. traforarono in modo per lo più irrazionale diversi isolati urbani, creando percorsi pedonali scarsamente funzionali, per lo più contorti e puzzolenti, con il solo scopo evidente di moltiplicare le vetrine commerciali.

Daniro

20 giugno 2022 06:28

Fu anche una grande operazione di speculazione edilizia e sostituzione fondiaria sostenuta dal Ras locale, anche con finanze municipali, per sostituire nel cuore della Città il tradizionale tessuto commerciale e le relative proprietà con edifici e funzioni di grandi società assicurative, bancarie e anche di enti pubblici. È vero che soprattutto alcuni vecchi conventi erano in degrado, come per Piazza Marconi, ma la stragrande maggioranza degli edifici storici demoliti era sicuramente di valore storico-architettonico, in buone condizioni strutturali e manutentive e contenevano rinomati esercizi pubblici.

François

21 giugno 2022 16:06

Poi venne l'architettura "democratica" degli anni '60/'70, non più Farinacci, ma qualcuno che, per carità di patria, è cosa buona non nominare.