26 marzo 2022

Cremona, una delle Piccole Patrie di Pierpaolo Pasolini nel libro del giornalista cremonese Alessandro Gnocchi. "PPP aveva capito la città"

Per cercarne le prime tracce non ha avuto bisogno di andare molto lontano. “Quando apro la finestra di casa, vedo proprio l'angolo del giardino pubblico, la parte più frequentata, verso il Duomo, dove Pier Paolo Pasolini, allievo del ginnasio del liceo statale Daniele Manin, si fermava fino al tardo pomeriggio”. 'PPP. Le Piccole Patrie di Pasolini' (La nave di Teseo) è il viaggio di Alessandro Gnocchi, cremonese, caporedattore della sezione cultura e spettacoli del Giornale, alla scoperta degli anni padani di colui che è stato tante persone in una: “L'intellettuale eretico, fedele ai comunisti ma non al comunismo, il fustigatore della borghesia, l'editorialista sorprendente, il profeta civile”. E tanto altro ancora.
Il libro, uscito nel centenario della nascita, non può che cominciare da Cremona, dove Pasolini visse tra il 1932 e il 1935: finisce la sua infanzia, inizia l'adolescenza, con i suoi turbamenti. Un periodo poco esplorato e che Gnocchi riporta, finalmente e per la prima volta in modo così compiuto, alla luce e fa rivivere. “I suoi compagni di classe, specie Orsetto De Carolis e Stefano Uggeri, vicini di banco, rispettivamente ingegnere e medico, ricordano un Pasolini chiuso e riservato”. Sembra, in queste brani struggenti, di vederlo. “Si siede al banco e resta immobile per la durata delle lezioni, con le braccia incrociate sul petto. Non prende appunti ma presta attenzione massima. E' orgoglioso dei suoi voti”. Pasolini abitava in via XI Febbraio 2, angolo via Platina, dove c'è una targa di marmo in sua memoria “Come generazioni di cremonesi prima e dopo di lui, fuggiva volentieri 'a Po'”. Quei giorni “sua madre, come tutte le madri cremonesi, avrà detto: Pier Paolo va' dove ti pare, ma non a Po. Certo, mamma. Dopo un quarto d'ora si tuffava nelle chiare, fresche e dolci acque”. Il fiume era “il suo mare”.
Il Pier Paolo adolescente non poteva saperlo ma, quattro anni prima del suo arrivo in città, a Cremona era nato Danilo Montaldi, il poeta della 'leggera'. Pasolini ne scriverà a più riprese. “Sono tante le caratteristiche che avvicinano Montaldi a Pasolini: la ricerca della lingua (padana o friulana), la disperata richiesta di autenticità, il tentativo fallito in partenza, e dunque nobile, di salvare un mondo povero ma migliore di quello squallido della borghesia”. Poi si torna al 1933. “Pasolini e amici si nascondono nelle boschine, trascurate dai contadini e dai gitanti della domenica pomeriggio. Lì, nella semioscurità spezzata da macchie di luce accecante, la realtà si trasforma in fantasia per esplodere in leggenda quando si arriva al fiume. L'immaginazione non ha più argini e diventa impetuosa”. Come nel bellissimo brano tratto dall''Operetta marina'. Attraverso il sapiente richiamo delle numerose pagine, conosciute e meno conosciute, in cui Pasolini parla di Cremona, Gnocchi giunge alla conclusione: “Pur essendosi fermato in città per tre anni, Pasolini aveva capito Cremona. Ne ho le prove. Pasolini racconta di essere stato accolto come uno straniero e di essere rimasto a poco a poco ipnotizzato dalle architetture che non hanno niente di particolare, non sono troppo umili ma neanche troppo aristocratiche. Eppure, forse proprio per questo, ti si infilano sotto la pelle: non ti cercano e non ti respingono. Ti lasciano decidere. Se scegli di fare parte della loro storia, rischi di rimanere stregato e di non avere più voglia di superare i confini delle antiche mura. E' il bello della provincia e anche la sua tragedia”.
Poi, non più a piedi ma sulla sua Cinquecento, con lo stile incalzante e appassionato del reportage, l'autore riparte alla ricerca delle altre numerose tracce padane lasciate da Pasolini. Bologna, dove nacque il 5 marzo 1922. Casarsa, naturalmente. Ma anche, a sorpresa, il Mantovano, scelto per ambientare 'Salò o le 120 giornate di Sodoma', e un altro angolo della Bassa, quello tra le province di Pavia, Lodi e Milano, il set di 'Teorema'. “Pasolini non usa mai a caso la parola 'Patria', quasi sempre accompagnato da 'Piccola' . Le Piccole Patrie, come Cremona, come Casarsa, per Pasolini hanno un profondo significato essenziale, culturale e politico. Le Piccole Patrie sono la verità della vita, della lingua e dei rapporti sociali. Cittadino Pier Paolo, tu guardavi dentro al nostro cuore”, scrive Gnocchi, innamorato della sua terra e del genio che la abitò da ragazzino.

 

Gilberto Bazoli


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