2 settembre 2024

Dal seme alla pannocchia: la straordinaria avventura all'orto Bio-psico-sociale, che ha ridato vita al mais 'taiolone', ormai scomparso. Presto il raccolto, che diventerà una festa a base di polenta

Chi conosce il 'mais taiolone'? In pochi, credo. Eppure in realtà era la varietà più diffusa nel cremonese, per lo meno fino alla metà del secolo scorso, quando poi gli sviluppi della genetica e all'avvento delle multinazionali hanno portato all'ibridazione delle varietà di granoturco per renderle più produttive e più resistenti.

Che fine ha fatto quindi il 'taiolone'? Si è praticamente perso, diluito negli altri ibridi. Salvo alcuni semi, che sono stati conservati alla banca delle sementi di CREA. E allora perchè non riportarlo in vita proprio nella sua terra d'origine? Ecco l'idea che ha dato vita alla sinergia tra l'associazione 'Città Rurale di Cremona' e l'orto bio-psico-sociale di Ats di Via Belgiardino: recuperare i semi del taiolone, seminarli in questo spazio cittadino dedicato alla coltivazione e ridare vita ad un antica varietà di mais, ricavandone altri semi ma anche della farina gialla per una festa a base di polenta.

Insomma, una storia curiosa, fatta di passione per il proprio territorio e per la propria storia, ma anche dalla volontà di impegnarsi per dare un'impronta ecologica e di condivisione. Così Davide Soregaroli (Città Rurale di Cremona), Stefano Maggio e Lubi Reboani, educatori che seguono il progetto dell'orto bio-psico-sociale, hanno accettato la sfida di provarci davvero e con 100 semi di taiolone, recuperati dalla banca delle sementi di Crea tramite l'Università di Pavia, è nato il primo 'campo' di mais d'antan. In realtà, due file più che un vero e proprio campo, ma la soddisfazione è stata grande quando i primi germogli hanno iniziato a spuntare dal terreno e giorno dopo giorno, foglia dopo foglia sono cresciuti e maturati.

"Per prima cosa, non è stata un'annata facile dal punto di vista del meteo, con una primavera estremamente piovosa che ha creato problemi a tutte le colture. Fortunatamente a maggio siamo riusciti a trovare il periodo giusto per la semina e tuttosommato, sono state poche le piantine che non sono nate" - raccontano i promotori dell'iniziativa.

La sinergia tra Città Rurale e Ats, con l'individuazione dello spazio adesguato, sono derivate proprio dalle esigenze di coltivazione, come ci spiega Soregaroli: "Per il progetto era indispensabile individuare una zona che non avesse accanto altre colture di mais, per evitare un'ibridazione involontaria e mantenere la purezza dei semi. Per questo motivo abbiamo pensato che l'orto bio-psico-sociale di via Belgiardino fosse il posto più adatto, in un'ampia area verde ma sufficientemente lontana dagli altri campi di granoturco".

Il progetto quindi è partito a maggio, con la semina e sotto la supervisione di Ettore Amadio, ex professore di agraria allo Stanga, che ha provveduto a fornire tutti i ragguagli e le informazioni tecniche indispensabili per la buona riuscita del raccolto. Nessun trattamento chimico, nessun tipo di prodotto diverso dal famoso 'olio di gomito' dei ragazzi che frequentano l'orto (individuati da Sert, servizi sociali, Cps) e dei loro educatori. 

E come tutte le cose buone e seguite con passione, giorno dopo giorno le due file di piantine hanno preso forma, crescendo rigogliose e fiere come solo le piante di mais fanno, con le loro foglie spesse e verdi e, eccole là, le pannocchie col loro ciuffo rossastro. Pannocchie piccoline, certo, come tutti i frutti di piante non incrociate o modificate per aumentarne la resa.

Oggi le piante e le pannocchie sono già maturate e hanno preso quel bellissimo color oro che le accompagnerà fino al momento del raccolto; le pannocchie sono state scoperte per lasciare maturare meglio i chicchi (o cariossidi, in termine scientifico), che si rincorrono in file un po' disordinate, diverse dalle file precise e 'omologate' dei semi più moderni e regolari. "Ma - assicurano dall'orto di via Belgiardino - non bisogna farsi ingannare dall'aspetto: sono decisamente più buoni e il sapore non ha uguali, oltre ad essere più sano".

Progetto riuscito? Assolutamente sì: quei 100 semi iniziali ora sono oltre 80 piante di mais, con le loro pannocchie ricche di semi, pronte per essere sgranate. In parte questi chicchi saranno tenuti per la semina del prossimo anno ("ci hanno detto che dobbiamo tenere come semente i chicchi dalle pannocchie con otto file di cariossidi", spiegano dall'orto), quando verranno seminate altre piantine: "qui, lontano dalle coltivazioni di granoturco, faremo il 'santuario' del mais taiolone, preservando la purezza dei chicchi e creando quindi una nostra banca di questi semi".

Ma siccome, dopo tanto lavoro, anche lo stomaco reclama la sua parte di soddisfazione, la maggiorparte del mais raccolto sarà portata ad un mulino di Pessina Cremonese, che si è reso disponibile a produrre la farina gialla anche in quantità ridotta. Dopodichè, appena la stagione lo permetterà, sarà una grande festa a base di polenta di grano taiolone, recuperando quel sapore che, nel cremonese, caratterizzava le povere cene dei nostri nonni e trisavoli.

La foto in bianco e nero è 'Gioiosa raccolta del Granoturco - Fazioli 1940

Michela Garatti


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commenti


Lilluccio Bartoli

3 settembre 2024 08:22


Chè mè vegna 'n k------r (traducibile in: perbacco, accidenti, che sorpresa, proprio non lo sapevo) non conoscevo èl melegòt (traduco botanicamente: mais, traduzione per teen ager: futuro pop corn) "taiolone", ero -ci mancherebbe- a conoscenza dell'otto file, ma non sapevo (chè mè vegna ecc. ecc.) che lo si coltivava anche da noi, mai visto, eppure ho sollevato cavagnàade dè melegòt sul tumarel (carro a due ruote, apposito alla raccolta delle pannocchie) e mai ho visto l'otto file, il più straordinario granoturco da polenta esistente. Mi ammonisco, come polentone, con un cartello giallo.

Lilluccio Bartoli impenitente goloso e polentone nato prevalentemente a Cremona.