Dal Turas al Turasin (un Torrazzo in miniatura) di Polesine Zibello, uno straordinario percorso mariano aspettando quello dei Santi
Dal Turàs al Turasin il passo è breve. Non solo per la breve distanza che li separa e non solo per l’analogia nel nome ma per quello speciale itinerario di fede, arte, cultura e tradizione popolare che li congiunge in un percorso mariano che si estende e dipana tra le due rive del Po. Che se sapessero trovare, con i fatti più che con le parole, sinergie e legami che sono lì da vedere e da cogliere, potrebbero fare ulteriori passi insieme per la promozione di territori, dell’una e dell’altra riva, ricchi di peculiarità e di eccellenze.
Se il celeberrimo Torrazzo, al Turàs, non ha sicuramente bisogno di alcuna presentazione, molti cremonesi non potranno che essere incuriositi dal sapere e dal conoscere cosa sia il Turasin. Per farlo bisogna spostarsi sulla sponda emiliana del Po, a Polesine Zibello, dove spicca, in golena, la chiesetta della Madonnina del Po, impreziosita dal caratteristico campanile che, fatte le debite proporzioni, può considerarsi una copia, o quasi, del Torrazzo in miniatura. Una chiesetta, quella di Polesine Zibello, dove si dice che “il Po non bagna i piedi alla Madonna”. Una bomboniera mariana legata fortemente al destino delle comunità rivierasche, proteggendole dall’impeto del Grande fiume. Così, in pochissime battute, si potrebbe sintetizzare la vicenda che accompagna il piccolo, accogliente santuario della Beata Vergine di Loreto, meglio conosciuto, appunto, come chiesa della “Madonnina del Po”, che impreziosisce e carica di misticismo la golena del Po, a Polesine Zibello. Un’oasi mariana, posta a due passi dall’abitato, da cui è divisa dal solo argine maestro, e situata anche nelle vicinanze dell’antico palazzo delle Due Torri (oggi Antica Corte Pallavicina), uno degli edifici storici più antichi di tutta la zona, il solo rimasto, di fatto, a testimoniare la presenza del nucleo originario di Polesine (anticamente denominato Polesine San Vito) in gran parte spazzato via dalle piene del Po (molti resti del vecchio borgo si trovano ancora sulla sponda opposta del fiume, mentre altri recuperati ormai molti anni fa giacciono, pressoché incustoditi, dietro al municipio).
Il santuario in questione prende origine da una antica e misteriosa immagine della Madonna, la Beata Vergine di Loreto. Misteriosa perché dipinta dalla mano di un pittore che, da sempre, è ignoto. Di lui non resta alcuna firma, non ci sono documenti che attestino, per esempio, qualche committenza. E’ quindi lecito supporre che possa trattarsi di un ex Voto (quindi sarebbe la testimonianza di una grazia ricevuta), oppure di un devoto omaggio che, secoli fa, venne fatto alla Vergine Maria, protettrice della zona, a salvaguardia da alluvioni e calamità derivanti dalla vicinanza del fiume. Calamità che, in epoche ormai remote, Polesine ha ben conosciuto visto che, come si diceva, il nucleo originario del borgo è stato spazzato via dal Po. Il fiume si è portato via l’antico castello, diversi edifici e ben due chiese parrocchiali: una nel XV secolo e una nel 1720. L’attuale, realizzata in posizione ben diversa rispetto a quella delle precedenti, è quindi, a conti fatti, almeno la terza chiesa parrocchiale di Polesine Parmense. Tornando al santuario dedicato alla Vergine Lauretana, da secoli l’antica immagine dipinta a fresco dall’ignoto pittore, oggi conservata al centro dell’altare maggiore, è da sempre molto venerata dai fedeli locali. Le sue vicende sono sintetizzate in una lapide collocata sopra il portale di accesso al sacro edificio. Lapide che evidenzia che, nell’anno 1826, in seguito allo straripamento del Po, l’effige della Regina del Cielo fu asportata in blocco dall’edicola (infatti in origine, secondo quanto riportano i documenti storici, fu dipinta in una cappellina situata in riva al fiume) e riposta in una casa vicina. Ma, sedici anni più tardi, irrompendo nuovamente le acque, fu trasferita nella casa canonica e, in seguito, definitivamente, nell’attuale chiesetta che, i fedeli del paese, edificarono e adornarono nel 1846, su terreno espressamente donato dalla marchesa Leopoldina Pallavicino. Il sacro edificio fu progettato dall’architetto Giovanni Ghelfi e decorato internamente dal pittore Ferdinando Accarini, entrambi locali. Nel 1920 ci fu poi l’aggiunta dei portichetti laterali. Per quanto riguarda l’iscrizione posta in facciata, questa testualmente recita:
IMAGO VIRGINIS LAURETANAE / IN AEDICULA IDONIAE GENTIS AD PADUM JAMDIU DEPICTA / QUAM AN. MDCCCXXVI OB FLUMINIS ABLUVIONEM / LOCI ACCOLAE / DISSECTO CIRCUM PARIETE DOMUNCULA PROXIMA COLLOCARUNT / POST ANNOS XVI IRRUMPENTIBUS ITERUM AQUIS / IN AEDEM CURIALAEM INDEQUE IN NOVUM HOC SACELLUM DELATA EST / QUOD CULTORES COELESTIS PATRONAE / IN SOLO DATO A LEOPOLDINA PALLAVICINIA MARCH. / EXAEDIFICANDUM ORNANDUNQUE OBLAVERE AN. MDCCCXXXXVI /.
Internamente l’edificio, caratterizzato dalla struttura armoniosa voluta dall’architetto Ghelfi, presenta appunto la venerata immagine mariana in cui la Beata Vergine è rappresentata assisa in trono, con in grembo il Bambino, che stringe dolcemente a Sé.
Un’immagine che, stando a quanto si tramanda localmente, sembra avere davvero avuto effetti prodigiosi sulla comunità polesinese. Il Po, che da sempre accompagna le vicende delle popolazioni rivierasche, è riuscito con le sue acque a raggiungere e ad invadere la chiesa, negli ultimi decenni, in ben tre occasioni: nel 1951, nel 1994 e nel 2000. Quest’ultima fu la piena di maggiori dimensioni. Come confermano sia tanti fedeli che tanti anziani e cultori di storia del paese, in tutte e tre le occasioni, il Po si fermò sempre ai piedi dell’effige della Vergine. Limitandosi così, di fatto, ad invadere la sola golena, senza allagare né il borgo né tantomeno gli altri paesi della zona. Casualità? Prodigio? Coincidenza? Miracolo? Gli interrogativi si mescolano e, come spesso accade, posizionano su fronti differenti credenti e non credenti, possibilisti e scettici. Doveroso, tuttavia, evidenziare questo fatto, o meglio questi fatti. In tre occasioni su tre, nel giro di meno di mezzo secolo, il fiume ha invaso la chiesa della “Madonnina del Po”, minacciando anche di allagare il resto del paese (specie nel 2000 quando arrivò a lambire la sommità dell’argine maestro e il rischio di una inondazione fu veramente elevatissimo) ed in tutte e tre le occasioni si è fermato ai piedi dell’immagine mariana. Certamente un mistero, che carica di fascino e di importanza, questo luogo di pace. Non a caso, come anticipato, un detto locale, piuttosto ricorrente quando si parla di questo luogo, afferma che: “Il Po non bagna i piedi della Madonna”.
Luogo in cui spicca anche un altro particolare, legato direttamente all’artistico campanile. Non è infatti difficile notare come questo sia una riproduzione, in miniatura, del celebre Torrazzo di Cremona che da qui, in linea d’aria, non dista che una manciata di chilometri. Non a caso, localmente, è chiamato “Turasin”. Forse un festoso e peculiare invito verso le popolazioni rivierasche dell’una e dell’altra sponda chiamate ad unirsi nella fede a Maria? Un altro affascinante interrogativo, dunque, per questo piccolo ma speciale luogo dove intere generazioni di fedeli, da tempo, si susseguono implorando, dalla Celeste Regina, protezione e grazie. Turàs e Turasìn potrebbero essere i capisaldi di un itinerario mariano fluviale da creare unendo le due rive del Po. Itinerario che, oltre ai due luoghi citati, potrebbe includere il santuario della Beata Vergine di Lourdes di Mezzano Chitantolo; il santuario della Regina del Po di Brancere; il santuario della Madonna della Fiducia di Isola Pescaroli e quello della Madonna della Fontana di Casalmaggiore per proseguire con il piccolo santuario della Madonna delle Spine di Sissa Trecasali; la chiesa della Madonnina del Po di Pieveottoville e quella della Beata Vergine delle Grazie di Zibello. A proposito di itinerari tra fede, arte, cultura e tradizione popolare, un altro che coinvolge cremonese e parmense è agli albori e ne ha parlato, pochi giorni fa, pubblicamente, il sindaco di Polesine Zibello Massimo Spigaroli insieme al suo collega di Pellegrino Parmense Alberto Canepari. Una idea che in parte era stata già lanciata con il “Progetto Po” datato 1993, presentato dalle allora Aziende di Promozione turistica delle Province di Parma, Reggio Emilia e Mantova (e Cremona dov’era?) e realizzato dai Pubblicitari Associati di Reggio Emilia. E’ un percorso, che potrebbe essere definito “Dei Santi” che affonda le sue radici nel passato, partiva dal Cremonese, non è ben chiaro se da Pieve San Giacomo o da San Giacomo Lovara (probabilmente da entrambe le località vista la vicinanza) e toccava San Daniele Po e, una volta attraversato il fiume (a bordo degli storici traghetti) toccava, nel Parmense, Santa Croce (luogo la cui denominazione potrebbe far supporre ad una sorta di punto di riferimento per i pellegrini), Santa Franca, Sant’Andrea a San Rocco di Busseto, Trinità (nel Piacentino) e giungeva a Pellegrino, al santuario mariano di Careno (ma si parla anche di qualche deviazione al santuario di Fontanellato) per poi riprendere e toccare Mariano di Pellegrino e, da qui, proseguire attraverso quell’antica via di crinale che è la Maria Longa, spettacolare e remoto percorso di crinale che fu di strategica importanza già in epoca Longobarda e dove fu rinvenuta un’antichissima epigrafe del primo Giubileo (1300). Da qui, raggiungendo la zona di Fornovo Taro, si poteva arrivare al mare o spostarsi poi, attraverso la Via Francigena, verso Roma e verso Gerusalemme.
Un “Percorso dei santi” che può essere una opportunità in più per i nostri territori e verso il quale Cremona ed il Cremonese devono fare la loro parte.
Eremita del Po
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commenti
Lilluccio Bartoli
12 agosto 2024 14:11
Ruderi del castello visti in rive gauche grazie a naviga(n)ti dal nome di Vitaliano Daolio e Stefano Barborini. Stupendissima la minimicrominuscola chiesetta liofilizzata sull'argine di Zibello sulla cui fiancata v'è una pletora di epigrafi, veri peana, inneggianti il Po. Me la gioco come jolly quando porto a vedere il Po, quello che non si trova sulle cartoline o sulle guide, ma in qualche recondito angolo del cuore di chi lo ama. Lilluccio Bartoli, che non sono altro.
Lilluccio Bartoli
12 agosto 2024 14:23
Per Paolo. Sono una delle mandibole feroci della cena del solstizio (non solscaio nè solsempronio) d'inverno, all'aperto, in golena, dove talvolta ho riscontrato la piacevole presenza.