E' la notte di Palestrina al Festival Monteverdi. E i Tallis i suoi meravigliosi cantori
E’ stata la notte di Pierluigi da Palestrina al Monteverdi Festival, ultime battute di un manifestazione già ricca di gloria. Palestrina: assoluto rappresentante della polifonia Cinquecentesca. Modello inarrivabile della musica sacra. Realizzatore universale ed eccelso di quelli che furono i dettami, anche estetici, del Concilio tridentino; con in testa l’intelligibilità del testo cantato.
In questa notte il pubblico del Monteverdi Festival è stato immerso in una composizione di grande effetto: la sua Messa da Requiem. Dove ha unito, con il suo stile inimitabile, i profili del canto ‘fermo’ liturgico con l’intreccio delle ‘parti’ che già portano verso una cantabilità sviluppata poi da tutta la serie di compositori di fine secolo XVI.
La riproposta di quest’opera è stata impreziosita dall’utilizzo della nuova edizione critica redatta dal manoscritto della Biblioteca Apostolica Vaticana (1588); testimone quest’ultimo inserito nell’archivio della Cappella Giulia. Un lavoro di recupero della fonte compiuto in occasione dei 500 anni dalla nascita del compositore e curata da Riccardo Pintus, con il contributo della Direzione Generale Educazione, Ricerca e Istituti Culturali del MiC. Ed è noto quanto sia fondamentale lo studio filologico testuale all’interno di composizioni di questa architettura musicale.
Di certo, in questa operazione, che non è solo di archeologia musicale o di stretta collazione di testi, è fondamentale l’aspetto esecutivo che recepisca sia il dato tecnico sia quello più creativo e appunto estetico. Per questo la scelta del Tallis Scholars, diretto da Peter Phillips, è stata più che eccellente. Il gruppo, infatti, non è solo nell’olimpo degli esecutori del compositore sistino, ma di tutta la produzione polifonica che va dalla fine del XV a tutto il XVI secolo.
Nell’esecuzione palestriniana dei Tallis non è emerso solo uno studio specifico sul testo, ma la capacità vocale: raffinata nel tempo. Modellata da uno studio lungo, di decenni, sulla vocalità cinquecentesca. Un’analisi perfetta sulle proporzioni dei volumi, quasi fosse una sezione aurea sonora.
Nei cinque brani dell’ordinario: Kyrie – Offertorium – Sanctus – Agnus Dei – Kyrie, ineccepibile lo stacco della ‘antica mensura ’. Scansione ritmica: precisa; fino al compiacimento della perfezione.
Ma oltre il Requiem è stato proposto anche il responsorio Libera me, Domine a 5 voci . Un pezzo che per molti anni è stato considerato spurio rispetto al catalogo del compositore romano. E che solo dopo un attento lavoro di esegesi sul codice manoscritto vaticano, è stato correttamente attribuito a Palestrina e che oggi è stato proposto in prima esecuzione moderna. Anche in questo abbagliante la riproposizione moderna.
Ovviamente e non poteva essere diversamente anche il ‘divin’ Claudio è rientrato in questo concerto con il Lauda Jerusalem (II), SV 203, mottetto per cinque voci e basso continuo (Venezia, 1650) e la Messa a quattro voci et salmi […], (Venezia, post. 1650), Messa in Sol minore a 4 voci da cappella, SV 190; Laudate, pueri, Dominum (III), SV 196.
E anche in questo caso è stato un trionfo, questa volta di colori. I Tallis hanno percorso le suggestioni del cremonese, Si sono fatti più liberi. Più intesi. Proprio a partire dal commovente Incarnatus est e nel dolente Crucifixus dal Credo. O nell’esultante Osanna dal Sanctus. Con proprietà interpretativa hanno sottolineato quei passaggi con l’intimità volontà di muovere gli affetti anche nella complessa e severa costruzione polifonica sacra.
Appalusi scrocianti ai grandi interpreti di questa notte palestriniana: Amy Haworth, Victoria Meteyard: soprani; Caroline Trevor, Elisabeth Paul: contralti, Steven Harrold, Simon Wall, Jonathan Hanley, Tom Castle – tenori, Tim Scott Whiteley e Rob Macdonald : bassi.
Il bis Regina Coeli.
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