3 giugno 2021

Ha riaperto Villa Calciati, ecco chi era il Conte Cesare e la sua vita avventurosa sull'Himalaya. Scoprì un insetto che porta il suo nome

In occasione del restauro e della riapertura della splendida Villa Calciati di Persico Dosimo (per informazioni e per prenotare le visite rivolgersi a Target Turismo presso l'Infopoint di piazza del Duomo) avvenuta lo scorso fine settimana, vogliamo ricordare il Conte Cesare, un personaggio eminente nella società cremonese del secolo scorso.
Uomo di sport, provetto e appassionato alpinista (fu anche presidente della sezione del CAI di Cremona) e soprattutto di grande cultura, il Conte Cesare Calciati è da considerarsi il più grande viaggiatore ed esploratore cremonese del secolo scorso: il primo, in tempi moderni, ad arrivare in Himalaya, ai piedi delle grandi vette del Karakorum ove, prima di lui era arrivato il leggendario Fra Bartolomeo da Cremona tra il 1249 ed il 1250 senza probabilmente fare ritorno.
Amante ed esperto della montagna al punto che il CAI di Cremona volle dedicare al suo nome il rifugio al Tribulaun, sulle Alpi Retiche, al confine con lʼAustria Cesare Calciati, purtroppo, morì ancor giovane, a soli 44 anni, ma nel breve volgere di poche stagioni era riuscito a visitare alcune delle più remote parti del mondo.
Nato a Piacenza nel 1885, sʼera laureato, il giorno stesso in cui compiva 23 anni, in scienze , allʼUniversità di Friburgo “magna cum laude”,discutendo una tesi assai innovativa su “I meandri della Sarin”, un fiume che scendendo dal Passo di Sanetsch si snoda con un corso caratterizzato da numerosissimi meandri,; già a quel tempo, però, aveva effettuato numerosi viaggi in Europa, soprattutto in Germania, Norvegia e sulle Alpi palesando quella tendenza alla vita avventurosa che negli anni successivi lo avrebbe portato a studire ed esplorare alcuni dei più straordinari angoli del mondo.
Appena conseguita la laurea, in qualità di topografo e naturalista partì da Marsiglia al seguito della spedizione organizzata dai coniugi statunitensi W. Hunter e Fanny Bullock-Workman diretta nel Karakorum.
Per 83 giorni di permanenza sul suolo himalayano il suo compito fu quello di. eseguire rilievi topografici e osservazioni meteorologiche nell'area dell'HisparBaltoro. a un'altitudine tra i 3.200 e i 6.000 metri, attraversando luoghi a temperature assai differenti Nel 1911 tornò nuovamente in Asia con un'altra spedizione Bullock-Workman, ma con una comitiva staccata dal resto della spedizione.
Partito ancora da Marsiglia il 7 aprile a bordo dell'"Arabia", giunse il mattino del 21 a Bombay, donde proseguì per Srinagar il 30 aprile. Da qui ripartiva il 7 maggio con il capo-carovana e con il grosso delle provviste, imbarcando tutto su alcune lunghe barche a fondo piatto e tetto di stuoia, poi sulle dunghe , le 136 caratteristiche carrozze dellʼIndia settentrionale, per arrivare a Srinagar dopo aver attraversato Lahore, Karachi e Rawalpindi per arrivare sul ghiacciaio Hispar, allora considerato la più vasta estensione di ghiaccio al di fuori delle calotte polari.
“Qui - scrisse il giovane Calciati - comincia la vita solitaria del topografo, costretto a lottare giorno per giorno, ora per ora contro le difficoltà del terreno, i pericoli della montagna sconosciuta, la cattiva volontà degli uomini, le ristrettezze del tempo.” Proprio le cattive condizioni atmosferiche lo tennero prigioniero nella sua piccola tenda Mummery, ad una temperatura di 12 gradi sotto zero a causa di una tormenta che durò undici giorni.
Intemperie, solitudine,impossibilità di comunicare con il resto della spedizione furono al suo fianco per settimane. Settimane trascorse su pietraie di morene immense, tra i ghiacci ed il fragore delle valanghe che precipitavano a valle, il frastuono dei ghiacci stessi che si scioglievano al sole nelle belle giornate, unʼescursione termica che variava dai 15° di notte agli oltre 40° di giorno, tra branchi di stambecchi curiosi che circondavano la tenda o la visita notturna di un leopardo delle nevi che si avvicinava furtivo.
Trascorse quasi tre mesi ad unʼaltitudine che variava dai tremila metri del campo base ai seimila del colle più alto, fino a quando lʼincipiente autunno costrinse la spedizione a rientrare. La missione ebbe un enorme successo internazionale: per la prima volta le imprese compiute sullʼHimalaya andavano oltre un interesse prettamente sportivo, quello di arrivare sempre più in alto, di ottenere un record di altitudine.
Nel 1912 i coniugi BullockWorkman decisero di dirigere una nuova spedizione al ghiacciaio Siachen e invitarono nuovamente il conte ad accompagnarli, ma egli rifiutò, anche perché era stato chiamato a partecipare alla escursione geografica intercontinentale negli Stati Uniti d'America.
Questa escursione fu organizzata nel 1912 dalla Società Geografica americana di New York, in occasione del LX anniversario della fondazione e per festeggiare l'inaugurazione della nuova sede. Maggiore artefice dell'escursione fu il geologo William Morris Davis, professore nell'università di Harvard.
Partendo da New York, il tracciato del viaggio toccò. dal 22 agosto al 17 ottobre, la maggior parte dei centri industriali, minerari e agricoli degli Stati Uniti, compiendo 21.650 km, parte in ferrovia e per il resto in auto, in tram, in battello, su carri a cavallo.
Le osservazioni più interessanti furono però compiute nel campo della geologia e della geografia fisica, come sottolineò proprio Calciati nella sua relazione.
Il 26 marzo 1913 sposò Giuseppina Anguissola Scotti, che gli fu compagna, praticamente in viaggio di nozze nella sua terza campagna sui ghiacci del Karakorum.
Il figlio del Conte Alessandro, non aveva limitato le sue molteplici attività ai viaggi ed alle esplorazioni, ma si era pure dedicato alla vita sociale, tanto da ricoprire numerose cariche sociali in città: Presidente della sezione del CAI di Cremona, Presidente della Banca Popolare, Presidente del Consorzio Agrario, poi Segretario del Fascio, tra lʼaltro in un momento particolarmente difficile, dovendo sostituire Roberto Farinacci proprio nel periodo del delitto Matteotti, poi Membro del Congresso Geografico Italiano e di quello dellʼUniversità di Cambridge.
Esperto topografo, ma anche botanico ed entomologo al punto che una specie di ortotteri da lui studiata, porta ancora il suo nome (si chiama infatti Anchura Calciati) fece dono al Museo di Friburgo di una vasta collezione di insetti raccolti in Himalaya).
Fu un abile alpinista (tanto che a lui si devono i primi rilievi del Gruppo della Grigna affidandogli dal Touring Club Italiano), ma anche speleologo attivo in molte grotte della Lombardia e soprattutto grande appassionato di caccia. Fu infatti al termine di una battuta di caccia in una tenuta dellʼamico Conte Idelfonso a Crotta dʼAdda che fu vittima di un improvviso malore che lo portò alla morte il 1° settembre del 1929, a soli 44 anni. Probabilmente il suo fisico, non eccezionalmente robusto, aveva ceduto alle molte fatiche sopportate in una vita tanto avventurosa.
Aveva appena presentato al Congresso Geografico Internazionale di Cambridge una carta tipografica del Karakorum al 500.000. Tornando alla terza esplorazione himalayana, la stessa fu ideata insieme allʼavvocato biellese Mario Piacenza, che la storia dellʼalpinismo italiano ricorda come il primo vincitore del Cervino per la difficile cresta del Furgen. Lo scopo era di raggiungere lʼarea montuosa tra Ladak e Zaskar, dominata dalla vetta del monte Nun Kun (7.135 m), soprattutto il ghiacciaio Baltoro al quale era arrivato solo il Duca degl Abruzzi quattro anni prima, ma che era rimasta inesplorata. Drammatica fu la marcia di avvicinamento alla montagna con duecento portatori inaffidabili e inguidabili, e momenti di grande tensione e pericolo, come scrisse nel suo diario Mario Piacenza: “il colle in alcuni punti si riduce ad un burrone profondissimo, il pericolo di valanghe è estremamente grave, può significare il seppellimento dellʼintera carovana. Partiamo a notte buia. Il tramestio dei duecento coolies distribuiti in una interminabile catena è appassionante. I disgraziati si agitano vociando, sprofondano nella neve, si risollevano, si arrampicano trascinandosi il peso che li grava per le pareti rocciose ed erte come dannati ad un supplizio dantesco. . Quando cade la sera siamo in salvo al di la del colle, sul pendio che declina verso lʼIndo. Abbiamo percorso trenta chilometri. La carovana è infranta...”
Ancora tre giorni di marcia meno impegnativi ed ecco che “La spedizione raggiunse la vetta e il picco Z 2, poi denominato Cima d'Italia.
I risultati di questa spedizione furono da lui esposti nel volume “Cenno sui risultati geografici della spedizione Mario Piacenza in Himalaya (Milano 1921)”, e in collaborazione con altri: “Osservazioni geografiche nell'Himalaya Cashmiriano. Spedizioni Mario Piacenza, Milano 1928” , in cui egli narra non solo le proprie imprese, ma anche quelle degli altri alpinisti e le escursioni di Mario Piacenza nell'interno del Piccolo Tibet e aggiunge notizie geologiche, morfologiche, climatiche ed meteorologiche.
La conoscenza geografica dell'Asia centrale è considerevole. Soprattutto la sua opera di cartografo e topografo, compiuta in tempi e in condizioni assai sfavorevoli, e con una strumentazione ancora abbastanza rudimentale, è da mettere in evidenza, perché regioni completamente sconosciute e sommariamente indicate negli atlanti, grazie alla sua opera, poterono da allora essere conosciute e studiate. Valida è anche la sua paziente ricerca di esploratore, che tutto annota con precisione e che si preoccupa di divulgare Fu lʼultima spedizione in Himalaya per Calciati Calciati aveva preso parte alla Prima Guerra Mondiale, da soldato in Albania e quindi da ufficiale sul Piave, guadagnandosi la croce di guerra al merito. In Albania aveva conosciuto Guido Corni (poi governatore della Somalia) e Luigi Bracciani. Con questi preparò una spedizione nel paese dei Cunama, in Eritrea.
Il viaggio ebbe inizio l'11 dicembre 1922 e terminò il 24 aprile 1923: per circa quattro mesi i tre esploratori raccolsero dati antropometrici, eseguirono rilievi topografici, catalogarono materiale botanico e mineralogico, fecero osservazioni meteorologiche, ma neppure disdegnavano partite di caccia grossa, unʼaltra delle passione del Conte .
Nelle pause fra le varie spedizioni scientifiche, intraprese anche altri viaggi ed escursioni: in Malesia, in Egitto. Partecipò ala spedizione in Cirenaica organizzata dal Touring Club Italiano e nel 1927 prese parte al Congresso Geografico Internazionale di Cambridge, dove presentò una carta 1:500.000 del Karakorum. Una figura dominante, la sua: tipica dellʼitaliano benestante del Primo Novecento, che sapeva imporsi allʼattenzione di coloro con cui veniva a contatto, un tipo un poʼ allʼinglese, capace anche per questo di affascinare per il suo esere essere sempre pronto a partire per qualsiasi lontana destinazione: fisicamente non molto prestante, ma che, con la forza della volontà ed il sorriso sulle labbra, si inoltrava in luoghi sconosciuti. Dotato di una squisita dolcezza, era capace di attirarsi le simpatie di raja e vizir indigeni con i quali veniva a contatto e ai quali portava la conoscenza dellʼItalia, una nazione non molto conosciuta.
Cesare Castellani


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