7 marzo 2025

Il Bach leggendario della demiurga Angela Hewitt: incommensurabili variazioni Goldberg all'Auditorium Arvedi

“A due anni scappai di casa, allora mia mamma mi chiuse in una stanza bloccando la porta con una corda annodata. I nodi erano tantissimi e io passai le ore a disfarli tutti. È la stessa attitudine con cui affronto i concerti di Bach. Per me la cosa più importante è suonare la sua musica in modo da renderla comprensibile a tutto il pubblico”.

Così racconta Angela Hewitt, e di nodi ne sono stati sciolti tanti e tutti con tecnica ineguagliabile anche per il secondo appuntamento dello STRADIVARIfestival – Il Pianoforte, prima edizione della nuova kermesse dedicata al pianoforte nella cornice dell’auditorium Arvedi, che prosegue nella parata di stelle con la pianista canadese ascoltata stasera, nota per essere tra le massime interpreti mondiali della musica di Johann Sebastian Bach.

Figlia d’arte (padre organista, madre pianista), Hewitt possiede e parla l’alfabeto della lingua bachiana completamente (ricordiamo che ha inciso l’opera omnia delle composizioni per tastiera di Bach, impresa che la accomuna a pochissimi nomi del pianismo a livello planetario): nell’esperienza mistica che è l’ascolto delle sublimi Variazioni Goldberg ci ha condotto con mano sicura attraverso la labirintica composizione che ha ricreato per noi con la potenza ordinatrice e la divina intelligenza di una sapiente demiurga che riprogetta il mondo, attingendo alle idee come modello e usando la materia sonora come strumento.

Nel 1894 Ferruccio Busoni scriveva di Bach: “All'edificio della musica J.S. Bach recò massi giganteschi, saldandoli in un fondamento incrollabile. E là ove pose le basi del nostro odierno indirizzo compositivo è anche il punto di partenza del moderno pianismo. Sorpassando la sua epoca di generazioni, Bach sentiva e pensava in dimensioni a cui i mezzi espressivi dell'epoca non erano adeguati”. Nelle Variazioni Goldberg vi è l'Idea, il senso della misura, i contenuti spirituali, la categoria fondamentale della perfetta elaborazione del pensiero musicale. E conseguentemente vi è il privilegio di una vitalità umanissima che scorre dalla più sottile poesia all’eleganza fresca e toccante; dalla severità pensosa alla gioia esplosiva; dalla meditazione elegiaca o malinconica alla cantabilità accesa, luminosa e colorita; dalla simbologia metafisica del puro suono ai sommovimenti della sfera psichica in cui risiede tutto il calore del sentimento.

Se ad una analisi formale del lavoro bachiano si affianca un’analisi estetica, non può sfuggire la fecondità di pensiero oltre alla ricchezza di una gamma emotiva tale da rappresentare indiscutibilmente a quali altezze possa pervenire l'espressione del sentire umano (anche questa è un’affermazione di Ferruccio Busoni) per mezzo dell'intreccio dei suoni.

Busoni medesimo giunse ad osservare come l'arte di Bach sia per tutti noi un giudizio di Dio. Tutti noi stiamo nell'amplissimo cerchio della sua luce. E cosa rappresenta invece il Sommo Maestro di Lipsia per Angela Hewitt? Ascoltiamolo dalle sue stesse parole: “per me Bach è la base fondamentale di come si suona una tastiera e della musica in generale: la tecnica, il fraseggio, l’articolazione, l’intelligenza. Per amare Bach devi avere la testa un po’ particolare, ti devono piacere le cose difficili. A me piacciono e soprattutto mi piace renderle facili”. Nelle Variazioni Goldberg che abbiamo ascoltato stasera ci ha colpito la purezza con cui è stato reso il dettato musicale, tutto permeato, nell’intensità dell'apparente linearità di pensiero, di splendide figurazioni talora ossessivamente ostinate, di accattivanti mutazioni armoniche, di dettagli ritmici dalle pulsazioni vibranti, a tratti frementi. Una summa, in definitiva, dell’energia soggettiva che piega ogni resistenza, nel tempo e nello spazio sonoro. Di quest'opera sublime Angela Hewitt ha proposto ed offerto una lettura ed una interpretazione esemplari; dalla tastiera del Fazioli, 

pianoforte ambasciatore dell’eccellenza italiana nel mondo, Hewitt ha tratto suoni che mai ci è sembrato di aver udito prima da questo stesso strumento, rievocando appena l'eco attanagliante del lontano, preziosissimo, intimo suono clavicembalistico, e non lasciando inespressiva neanche la più piccola nota, al contempo concedendoci di godere di tutti i contenuti che, anche pianisticamente, vivono di una attualità sorprendente; anzi, sconvolgente. Hewitt ha scolpito letteralmente, voce dopo voce, accordo dopo accordo, le trame contrappuntistiche di quest’opera onnicomprensiva, intorno a cui, per la sua grandezza, inevitabilmente sono fiorite leggende più o meno fantasiose. Di cui forse non è neanche così importante stabilire la veridicità: quello che conta è ricevere ogni volta questo dono incredibile, ipnotico, che riordina il cosmo e ne rinnova le eterne leggi, e lo fa dispiegando un canto infinito, che trasfigura le forme perfette della pura astrazione nel sentimento dell’umana finitezza. Dalle cavità della Variazione 25, in cui Bach pone lo sguardo nel fondo più oscuro dell’essere umano, pian piano gli spettatori smarriti hanno riguadagnato il sentiero, fino a riveder le stelle. E quando dopo l’ultima esplosione di gioia della variazione 29 l’Aria è tornata a risuonare, simile, ma in realtà trasfigurata rispetto all’inizio, tutti noi abbiamo saputo chi siamo. 

È proprio vero, come scrisse il compositore Anton Webern, che in Bach si trova tutto, e l’incommensurabile interpretazione di Angela Hewitt che abbiamo ascoltato stasera ne è la dimostrazione. Suoni che rimarranno scolpiti per sempre nella memoria di chi ha avuto la fortuna di assistere a quello che non può dirsi concerto ma rito, convivio felice di chi crede nel valore dell’infinita finitezza dell’essere umano, che non ha certo bisogno di andare su Marte per trovare il senso più autentico della propria esistenza. 

Applausi intensissimi e prolungati.

Fotoservizio Gianpaolo Guarneri (Fotostudio B12)

Angela Alessi


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commenti


Anna Lucia Maramotti Politi

7 marzo 2025 15:18

Applausi a Angela Hewitt e anche un doveroso grazie ad Angela Alessi che, passando attraverso le riflessioni di Busoni , affronta l'esperienza musicale e ne offre una lettura che ci permette di mantenere viva l'esperienza del concerto che ci ha visti "conpartecipi"