19 settembre 2022

Il ponte in ferro di Cremona compie 130 anni (20 settembre 1892). Tanti gli acciacchi e attende nuove cure

20 settembre 1892-2022: 130 anni del ponte in ferro

… E sono 130. Centotrenta anni dall’inaugurazione del ponte in ferro che congiunge le sponde lombarda ed emiliana, avvenuta il 20 settembre 1892 alla presenza del ministro dei Lavori Pubblici Francesco Genala, di origini cremonesi. L’opera, la cui lunghezza di 985 m. è distribuita su 11 pile, entrò in servizio dopo cinque anni di duro lavoro degli ingegneri e degli operai della SNOS (Società Nazionale Officine Savigliano).

I cremonesi gli sono affezionati, i turisti si fermano ad ammirarlo come si fa con i monumenti: d’altronde ciò è. La sua bellezza viene esaltata dai tramonti padani, così sono migliaia le fotografie che lo ritraggono in quel particolare momento della giornata. La struttura nel suo complesso è esteticamente leggera, elegante, discreta, tutto sommato poco impattante sul paesaggio (o forse i nostri occhi si sono solo abituati a vederlo e percepirlo così?)… Stride la differenza con certi progetti “moderni” anche se ormai sorpassati (perché risalenti a oltre 25 anni fa) di ponti a 6 corsie (!), inutilmente mastodontici, dei veri obbrobri architettonici ed estetici, che qualcuno si ostina ad imporre alla città… 

Progettato e costruito per il transito giornaliero di pochi carri trainati da cavalli o da buoi, oggi il “ponte in ferro” sopporta il peso di migliaia di autoveicoli, compresi autoarticolati spesso carichi e quindi molto pesanti (che passano impunemente nonostante i divieti). Vibrazioni, scossoni, sollecitazioni, pesi eccessivi che si verificano migliaia di volte al giorno sono le maggiori sfide per la sua integrità strutturale, ma quelle più gravi sono state e continuano ad essere quelle del tempo e dell’usura. 

Certo, è un po’ malandato, la sua salute non è perfetta, anzi gli acciacchi dopo così tanti anni di servizio pressoché ininterrotto sono molti e in qualche caso evidenti ad occhio nudo. Eppure ne ha passate di tutti i colori: dalle numerose piene (l’ultima, quella del 2000, ha sfiorato le travate in ferro!) ai bombardamenti della II guerra mondiale che hanno distrutto la sezione a scavalco del fiume, poi ricostruita con tecniche e materiali più moderni; dalla discesa di iceberg (inverni del 1929 e 1947) al cedimento della seconda pila in sponda cremonese (quella rinforzata nel 1978 da una corona di tubi di ferro riempiti di cemento); senza contare la mutilazione della travata ferroviaria, asportata nel 1990, e i danni causati da incidenti automobilistici, il più grave dei quali avvenuto nell’agosto 1995 (molti ricordano la colonna di fumo che si alzò improvvisamente nel cielo, il calore provocato dalla combustione di un’autocisterna che trasportava carburante danneggiò seriamente la struttura).

A complicare le cose, fra gli anni Sessanta e gli Ottanta del XX secolo, ci si è messa anche l’escavazione di sabbia dal fondale del Po, indiscriminata, che ha contribuito a sottrarre 5/6 metri di materiale, “scoprendo” così una parte delle fondazioni che erano state concepite per rimanere interrate in eterno (la presenza del nuovo ponte ferroviario fornisce una “protezione” dalla forza dell’acqua durante le piene).

La magra storica di questa estate 2022, arrivata a livelli impensabili, non ha di certo fatto bene alle strutture del ponte: i mattoni delle pile erano stati realizzati con un impasto speciale per renderli resistenti a permanere sott’acqua per decenni, eppure dagli anni Novanta del XIX sono rimasti spesso e per lunghi periodi all’aria in quanto il Po è sceso fino a raggiungere – quest’anno – gli 8 metri e mezzo sotto lo zero idrometrico (da individuare nel cambio di materiali delle pile, a metà fra i blocchi di granito bianco e i sottostanti mattoni)… Ed ora attende con impazienza un nuovo intervento di restauro che possa prolungarne la vita in modo ulteriore.

 

Roberto Caccialanza


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