6 gennaio 2025

Il racconto della battaglia sul Po a Cremona. Quando Bianca Maria Visconti al comando delle armate cremonesi mise in fuga i veneziani

Cremona 1426, la flotta veneziana lanciò l'attacco nella primavera. L'attacco partì da Venezia e il comandante era Francesco Bembo. Giunti a Cremona, per prima cosa incendiarono il grande ponte che occupava tutti i punti strategici del fiume, prendendo in scacco il duca di Milano Filippo Maria Visconti. Il capitano generale dell'armata Francesco Bembo ordinò di rafforzare con altre 16 navi la testa di ponte posizionata nei pressi di Cremona e verso la fine di giugno con la sua flotta, superando gli sbarramenti difensivi eretti presso la città, attraversò la foce del fiume Adda risalendo sino a Pavia, dando così uina ulteriore prova di forza al duca di Milano. 

Primavera 1427, dal Ducato di Milano, Filippo Maria Visconti fece scivolare sulle acque i suoi galeoni e li posizionò presso Casalmaggiore, spingendosi sino a Brescello. L'ammiraglio Veneto Stefano Contarini accettò lo scontro che avvenne il 7 agosto nelle acque intorno a Cremona. La battaglia fluviale durò 10 ore e i viscontei furono sconfitti : furono affondati sei galeoni. 

Le truppe superstiti del duca di Milano riuscirono a riparare in quel di Pavia. Filippo Maria Visconti masticava amaro e si preparò a lanciare contro il doge di Venezia la più grande battaglia fluviale di quel tempo. Fu così che il 20 giugno 1430 era tutto pronto nelle profonde acque larghe 1 km presso Cremona. Furono costruiti tre suggestivi fortilizi in legno: un castello fu posto sulla riva sinistra, opposto ad un altro castello speculare sulla riva destra. Ivi un terzo castello in legno fu alzato nel bel mezzo del fiume Po. Il torrazzo di Cremona, la torre più alta d'Europa già in quel tempo, fu utilizzata come osservatorio che permetteva di scorgere chicchessia sino a 50 km di distanza.

Migliaia di navaroli, guastatori e fanti vennero mobilitati il 20 giugno 1431. La flotta veneziana comandata da Nicolò Trevisan era composta da 32 galeoni, 48 barche falcate e vario altro naviglio; si scontrò presso Zibello nel parmense verso sera. La flotta milanese era composta da 28 galeoni da guerra, di cui uno grandissimo e altri 28 galeoni da carico con a bordo milizie terrestri al comando dei capitani Piccinino e Sforza assoldati da Filippo Maria Visconti. 

La flotta viscontea dovette arretrare sino a Cremona, colà era in agguato il conte di Carmagnola, capitano dei veneti, con il suo esercito. La battaglia fu durissima, il sistema difensivo allestito dai Cremonesi funzionò con una manovra combinata terra- fiume. La flotta del doge fu sconfitta e il grande stendardo di San Marco venne incendiato. Colarono a picco 30 galeoni e 70 navi da carico con munizioni e viveri. Furono fatti prigionieri 8000 militi con una rovinosa fuga a rotta di collo dei superstiti.

Il 25 ottobre 1441 in Cremona, Bianca Maria Visconti sposò Francesco Sforza. Bianca Maria aveva 16 anni, Francesco Sforza 40 anni, si unirono in matrimonio nella antichissima cappella monastica di San Sigismondo alle porte della città, diventando di fatto il Signori di Cremona. 

Cremona, 2 ottobre 1447, la Signora di Cremona Bianca Maria Visconti scriveva al marito Francesco Sforza (occupato militarmente nell'assedio di Piacenza) che le milizie della Serenissima Repubblica stavano invadendo il loro territorio, ma che l'intenzione era di assediare Cremona. Avevano già bruciato cascinali e mulini, saccheggiando e lasciando rovine e distruzione al loro passaggio. 

Dopo avere preso e saccheggiato Piacenza, Francesco Sforza tornò fulmineo all'ombra del grande torrazzo, accanto alla sua adorata sposa. Passarono il Natale nel loro nido d'amore, il castello di Santa Croce, eretto dal suo antenato Bernabò Visconti nel 1370 presso l'antichissima chiesa di Santa Croce. In quei tempi, le operazioni militari venivano interrotte d’inverno e tutti gli eserciti ubbidivano ai loro Signori e capitani. La flotta veneziana, giunta fra il 1447 e il 1448 nel cremonese, fu posizionata strategicamente presso Casalmaggiore. 

La vera ragione della presenza in arme della Serenissima nelle acque Cremonesi venne presa dal Doge in seguito alla decisione di Francesco Sforza di candidarsi a duca di Milano. Essendo spirato l'ultimo della stirpe dei Visconti, Filippo Maria il 13 agosto 1447, padre della sua sposa Bianca Maria Visconti, erede legittima. Il Doge cercò così di togliere la roccaforte di Francesco Sforza, punto di forza strategicamente posizionato sullo scacchiere alpino- padano- appenninico.

Bianca Maria Visconti e la battaglia sul fiume Po

Francesco Sforza era fuori Cremona affaccendato nel suo lavoro di capitano delle sue milizie, perciò giocoforza a Bianca Maria toccò il comando delle operazioni militari per difendersi dall'attacco imminente veneziano. Era lei a dettare gli ordini, strategie e posizionamenti; quindi, scrisse una missiva al distretto parmigiano di riunire tutti gli uomini che militavano sotto le insegne sforzesche, di raggiungere Cremona al più presto e di portare al seguito biada, militi da piede e da cavallo: li avrebbe collocati sui bastioni merlati che punteggiavano le mura a difesa del ponte di Cremona.

Il “cotto cremonese”, opera d'arte che si alzava verso il cielo sopra Cremona, svettava con le possenti mura, le 62 torri, i 77 campanili e le 62 torrette, staccate dalla rassicurante merlatura; in tutto, oltre 200 torri. Passò il duro inverno e giunse la primavera del 1448. Tutto era pronto, gli assalitori veneti erano allertati e a disposizione del proprio comandante; gli assaliti, i lombardi, guidati dalla duchessa viscontea non da meno. La flotta sotto le insegne di San Marco sferrò per prima l'attacco e giunse davanti a una Cremona ancora sbigottita e atterrita; gettò le ancore aprendo il fuoco con le bombarde e martellando le mura dentro e fuori la città e con maggiore violenza si colpì il ponte di Cremona.  Andrea Quaini, ammiraglio della Serenissima flotta, riuscì a fare sbarcare le milizie nonostante la strenua difesa dispiegata lungo le rive del grande fiume. 

Urlanti e frementi, i Cremonesi dardeggiarono con gli archi e le saettanti frecce contro i legni delle imbarcazioni venete che erano ben protette, perciò fu scarso l'effetto dei suoi galeoni, usi alle battaglie navali e fluviali. L'esito della battaglia era incerto: il popolo cremonese in arme dentro e fuori la città ed in acqua era conscio del terribile momento: la sconfitta, la resa e il saccheggio, l'incendio e la rovina di Cremona.

Ebbene, Bianca Maria Visconti piena di ira e di ardore, ma fredda e lucida, essendo stata sin da infanta usa alle questioni di Stato, frivole, artistiche, diplomatiche e militari ruppe gli indugi ed entrò nella sala del suo maniero ove erano custodite le armi e le corazze, quindi toglie dalla custodia la propria armatura damascata che indossava nelle parate militari, fece inquadrare i soldati in arme e, montando a cavallo, uscì dal suo castello alla testa dei suoi fedeli armigeri, armi in pugno sul ponte di Cremona, ove con grande destrezza scagliò una lancia che colpì un soldato veneto.

I soldati Cremonesi, visto ciò, si lanciarono sul ponte riuscendo a gettare nelle acque la compagnia nemica sbarcata. Completarono l'opera il capo presidio Giacomazzo Guarna Salerno e l'ingegnere militare Bartolomeo Gadio, posizionando un ponte fatto di graticci che permise ai Cremonesi di raggiungere un'isola sul Po e di saettare con dardi acuminati le serenissime navi. Vennero calate le poderose macchine da guerra con arte millimetrica, lanciando le saette dai bastoni. A questo punto, il comandante ammiraglio veneziano capì che la battaglia era persa e fece levare le ancore verso Casalmaggiore. Francesco Sforza, informato di quanto sopra e occupato nei pressi di Milano in scaramucce, rimandò l’assedio di Lodi. Portò il suo esercito contro i veneti facendo partire la sua flotta da Pavia trovando il ponte di barche a Cremona sguarnito e proseguì per Casalmaggiore. Colto di sorpresa, l'ammiraglio Veneto Querini lottò invano e dopo una difesa disperata non trovò di meglio che incendiare la superba flotta veneziana.

Luigi Dossena


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