29 gennaio 2025

Barberina Strepponi da Cremona. Il legame con il Maestro Verdi e il confessore don Giovanni Avanzi

Barberina Strepponi, sorella della seconda moglie del maestro Giuseppe Verdi, sepolta a Cremona dove ha a lungo vissuto, è stata ricordata a Busseto (Parma) in occasione delle celebrazioni per il 124esimo anniversario della morte del maestro Verdi. A ricordare lei e don Giovanni Avanzi (il sacerdote più caro ed intimo amico del Cigno di Busseto e di Giuseppina Strepponi oltre che di Barberina, nato a Soarza e quindi ormai a due passi dal cremonese) è stato don Luigi Guglielmoni, parroco di Busseto e di Roncole Verdi, fine teologo ed esperto di storia. Lo ha fatto, don Guglielmoni, durante la messa in suffragio di Giuseppe Verdi.  “La nostra vita – ha detto il sacerdote (già studente nel seminario di Cremona e molto conosciuto e stimato anche in terra cremonese) - è una ragnatela di relazioni. Ognuno di noi, e tutti insieme siamo anche il frutto dei rapporti che riusciamo a intessere con gli altri. Nessuno è una monade, un’isola. Questo vale anche per i “grandi della storia”, come Giuseppe Verdi. Anche per lui alcune persone sono state determinanti: certamente i suoi genitori, Carlo e Luigia Uttini, poi Antonio Barezzi, la sua prima Sposa Margherita, i suoi Maestri Provesi e Lavigna; di certo Giuseppina Strepponi, poi sposata nel 1859 nella chiesa di Collonges-sous-Salève, in Savoia; altra figura importante è Maria Filomena, che viene adottata dai coniugi Verdi nel 1869, a 10 anni perché crescesse nella loro casa come una figlia. Tra le persone che entrano nella vita di Giuseppe Verdi e Giuseppina Strepponi – ha ricordato il parroco -  c’è don Giovanni Avanzi, che nasce a Soarza il 6 gennaio 1812 e muore a Spigarolo il 17 aprile 1896. Studia nel Seminario di Fidenza e nel 1841 inizia il suo ministero a Busseto. Nel ’44 è trasferito a San Giuliano Piacentino e nel 1857 è parroco a Vidalenzo, dove rimane ben 33 anni, prima di essere trasferito a Spigarolo dal 1890 al ’96. E’ il Confessore della Strepponi, profondamente religiosa, ma anche sua sorella Barberina residente a Cremona fa riferimento a lui. In una lettera del 16 dicembre 1884 Scrive: ‘Sono persuasa che proveranno una dolce consolazione di codesta loro generosità verso un amico loro affezionatissimo, che le poche risorse d’una parrocchia non gli permettono di soddisfare a’suoi modesti desideri’.

Dunque, don Giovanni è definito ‘un amico affezionatissimo’ a Giuseppe e Giuseppina: è un signore per educazione e un colto umanista. Aveva un anno in più del Maestro e diventano amici quando don Avanzi è canonico a Busseto e il Maestro ha iniziato la propria carriera e si è già affermato con il Nabucco. Don Giovanni gode di molta stima in casa Verdi, che molto spesso lo invita anche a pranzo  a Villa Sant’Agata. Giuseppina gode di essere nella sua casa, che lei chiama ‘tana’, ‘dopo aver fatto con l’illustrissimo Professor Verdi la zingara per molti mesi…’ (12 maggio 1881 da Sant’Agata).Lo stimano per la cultura, l’apertura di pensiero, la libertà interiore riguardo all’Unità d’Italia e alla questione romana, cioè il rapporto della chiesa con lo Stato italiano, formatosi nel 1861. Al senatore Piroli nel 1882 Verdi scrive: ‘Voi conoscete l’Avanzi e sapete che, oltre che essere dottissimo, è liberale quantunque prete ed onestissimo. Dove sono mai i preti dei villaggi e dei piccoli paesi che sappiano qualcosa? Avanzi è un fenomeno ed i preti dovrebbero accusarlo per troppo sapere’. Non solo, ma diventa l’elemosiniere dei coniugi Verdi per varie opere di carità: loro si fidano e tante volte gli scrivono: per quel caso, se i soldi che le abbiamo dato non bastano, chiesa e provvediamo’.

"È un sacerdote che, come il Maestro, non ama la notorietà e si sente più adatto al piccolo gregge per amare realmente le persone, senza riserve. Verdi vorrebbe portarlo parroco a Busseto, convinto che potrebbe smuovere l’ambiente stantìo ma alla fine don Avanzi rinuncia. ‘Sarebbe stato un gran bene se quei del paese avessero saputo apprezzarlo’. Più tardi viene nominato cavaliere della Corona d’Italia e direttore delle Scuole di Busseto. Celebra lui – ha ricordato don Luigi - il matrimonio di Maria Filomena nella Cappella dei famigliari a Sant’Agata, è proprio di casa, custode di tanti segreti e di speranze. Quando muore sua madre Rosa, la Strepponi avvisa don Giovanni, definito ‘buono e venerato amico’ e gli chiede di pregare con lei e con Barberina. Umile, pio, patriottico, don Giovanni ha contatti importanti. La contessa Maffei di Milano, amica di Verdi e molto praticante informa don Avanzi delle condizioni di salute di Alessandro Manzoni. Si ritiene che don Avanzi abbia aiutato il Maestro nella comprensione della liturgia per la composizione della Messa da Requiem e di altri brani di musica sacra. Quanti aspetti – ha rimarcato don Guglielmoni nella sua magistrale omelia -  evidenzia questa bella vicenda, che forse dovrebbe far riscrivere tante biografie del Maestro, spesso fatto passare come ateo e anticlericale. Com’è bello pensare ad un’amicizia sincera tra una famiglia di artisti e un prete senza titoli onorifici e incarichi di prestigio nella diocesi. Avere un prete per amico, avere una famiglia come amica: che occasione feconda di scambio, ieri come oggi. Giuseppina e Giuseppe apprezzano in don Avanzi la preparazione culturale: ma oggi i preti hanno sempre meno tempo per leggere, aggiornarsi, studiare.

Eppure, il mondo cambia così velocemente e c’è bisogno di fermarsi, di farsi aiutare, di non ridursi a mestieranti!  Verdi e Giuseppina apprezzano in lui l’umiltà (non approfitta dell’amicizia con la Famiglia Verdi), l’onestà e la mediazione presso i casi di bisogno dei paesi vicini. Loro fanno del bene attraverso di lui, senza mettere mai la firma (si fidano, si comunicano i casi di bisogno). Loro lo valorizzano come sacerdote, che celebra i sacramenti con loro e per loro, è presente nei loro eventi familiari. Il prete non porta se stesso ma rimanda al Signore, non accentra l’attenzione degli altri su di lui ma addìta il Signore e cammina con altri verso di Lui.  Infine, Giuseppe e Giuseppina intravedono nel ministro di Dio non uno che è di parte, non uno che si limita a difendere il passato, ma uno che è attento ai segni dei tempi e si lascia animare dalla speranza. Per questo è aperto e lungimirante, capace di guardare avanti e collabora con ogni persona di buona volontà, a prescindere da schemi preconcetti. Il rapporto della Famiglia Verdi con don Avanzi insegna tanto alla nostra Comunità e a me, che quest’anno celebro i 50 anni di ordinazione sacerdotale”. Barberina, giusto aggiungerlo e ricordarlo, abitava in centro a Cremona e da lei il maestro Verdi si recava spesso per gustare i celebri marubini.

È del resto ben noto che Cremona era di fatto il luogo degli affari del Cigno di Busseto.  Barberina Strepponi riposa nel quinto androne della crociera di levante del cimitero cittadino e la sua tomba è costituita da una semplice lastra marmorea con una croce quasi del tutto cancellata   ed una sola epigrafe: “Barberina Strepponi, una prece”. Esiste anche una foto dell’archivio Ricordi che la ritrae nel 1900 nel giardino di Sant’Agata, alla sinistra dell’anziano, illustre parente che, compiaciuto, seppur irrigidito in una posizione del tutto innaturale, guarda con un sorriso arguto nell’obiettivo. Lei, Barberina, è l’unica vestita di nero, anche se, dalla posizione che occupa nell’immagine, è anche l’unica che possa godere della familiarità col maestro. Gli altri si atteggiano in posa, fingendo una innaturale naturalezza: chi ha le mani in tasca, chi infilate nel panciotto, ostentando un atteggiamento quasi sfrontato. Lei no, guarda nell’obiettivo con un sorriso spontaneo, le dita delle mani che giocherellano con il cameo di un lungo collier. Barberina abitava esattamente in corso Cavour, dove ora sorge la Galleria XXV Aprile. Le sue finestre davano verso la strada, in corrispondenza della sede della Camera di Commercio e forse Cremona farebbe bene a ricordarla di più e meglio, anche semplicemente portandole un mazzo di fiori al cimitero.

È ricordata soprattutto come una persona buona: e le persone buone, in un modo costellato di cattiverie, banalità e pressapochismo, vanno ricordate e prese da esempio. Barberina e Giuseppina sono anche ricordate nella  mostra “Pregiatissimo Signor Canonico… - La vita dei coniugi Verdi nelle lettere di Giuseppina Strepponi a don Giovanni Avanzi” che fino al primo febbraio è allestita, a Busseto, nella monumentale sede della Biblioteca della Fondazione Cariparma. Una delle lettere è datata 17 gennaio 1870 ed è quella in cui Giuseppina Strepponi, che in quei giorni era a Genova, avverte il canonico della morte della madre Rosa Cornalba, avvenuta  il 13 gennaio 1870 a Cremona (dove la donna viveva, evidentemente, insieme a Barberina). Nel testo la Strepponi evidenzia che la morte è avvenuta “come lampada a cui manchi alimento” e chiede al sacerdote, definendolo “buono e venerato amico” di pregare con lei e con Barberina.

Per quanto riguarda invece la corrispondenza partita da Cremona, a firma di Barberina Strepponi (deceduta a Cremona il 6 settembre 1918), spiccano in particolare due documenti (non esposti in mostra ma attentamente e gelosamente custoditi in biblioteca) : in uno di questi Barberina si rammarica per la morte della nipote del canonico e nell’altra, datata 1887, invece, si felicita con lui per l’avvenuta nomina a Cavaliere della Corona d’Italia. Interessante anche una lettera del 1868 in cui la contessa Maffei di Milano informa l’Avanzi delle ottime condizioni di salute di Alessandro Manzoni. Barberina, sorella minore di Giuseppina, fu battezzata il 16 gennaio 1828 con i nomi di Giovanna Maria Barbara Elena e cinque mesi dopo il padre Feliciano fu licenziato dal posto di maestro di cappella ed organista del Duomo di Monza. A causa del suo precario stato di salute (era affetta da corea elettrica, una malattia nervosa cronica) tenne in costante preoccupazione i coniugi Verdi che in più occasioni la ospitarono nella villa di Sant’Agata e si recarono con lei a Montecatini e Tabiano Terme.

Anche dopo la morte della sorella rimase in costante contatto col maestro Verdi, come testimoniano sia la foto a Sant’Agata del 1898 che l’ultima lettera del Cigno indirizzata proprio a lei. Inoltre nel testamento del 18 maggio 1900 il maestro scrive: “Lascio alla Barberina Strepponi, mia cognata, dimorante a Cremona, vita natural durante l’usufrutto del fondo denominato Canale, dell’estensione di circa centodiciotto biolche, da me comprato dal signor Pedrini Francesco di Cortemaggiore con rogito Dott. Carrara Angelo di Busseto, e lego la proprietà del fondo stesso alla signora Peppina Carrara maritata Italo Ricci, figlia primogenita della Maria Verdi maritata con Alberto Carrara".  Le due sorelle, Barberina e Giuseppina, si videro per l’ultima volta il 14 ottobre 1897 proprio a Cremona. L’11 novembre Giuseppina venne quindi colpita da polmonite e tre giorni dopo morì. Ora riposa, accanto al marito, nella cripta della Casa di riposo per musicisti “Giuseppe Verdi” di Milano dove, in occasione dell’anniversario della morte del Cigno, il Comune di Busseto, per interessamento diretto del sindaco Stefano Nevicati, ha fatto pervenire un mazzo di fiori. Infine, ripescando sempre dall’omelia di don Luigi Guglielmoni, ecco che un accenno è stato fatto anche al maestro Ferdinando Provesi, uno dei primi insegnanti di musica di Verdi ed anche qui i riferimenti cremonesi abbondano. In tempi recenti è stato celebrato a Torricella del Pizzo, grazie all’iniziativa dell’associazione Amarcord e all’intuizione  del suo presidente Ernesto Marchetti.

Il legame emiliano-lombardo, a riguardo del maestro Provesi, è nato in modo quasi fortuito, si potrebbe dire rocambolesco. La sua figura è stata, in questi anni, al centro di importanti studi effettuati dal maestro Dino Rizzo, insigne musicologo e musicista bussetano, autore anche di preziosi studi dedicati alla figura del maestro Giuseppe Verdi e di importanti ricerche sugli organi dei nostri territori. Come scrive il maestro Rizzo sul Dizionario Biografico degli Italiani (volume 85 – 2016) e per la Treccani, Ferdinando Provesi “Nacque a Parma il 20 aprile 1770 da Davide, di professione servitore, e da Brigida Faraia; di due fratelli e due sorelle si hanno scarsissime notizie. Lo zio Noè Provesi (Parma 1730-1810 circa) era incisore e ritrattista. Della formazione di Provesi non si hanno notizie certe. Sposatosi a Parma con Rosa Fornelli il 16 aprile 1791, divenne padre di Pietro Giovanni Raimondo il 30 agosto 1792 (forse morto ancora infante) e di Caterina Teresa Maria Cecilia il 25 settembre 1795. Trasferitosi con la moglie e la figlia a Sissa (nella Bassa parmense) come organista nella parrocchiale, alla fine del 1799 fu incarcerato, posto in isolamento e incatenato, in attesa di processo con l’accusa di furto sacrilego: ignota l’entità e la modalità del reato. Nei componimenti che indirizzò come suppliche a Ferdinando I di Parma (Parma, Biblioteca Palatina, Mss., Pezzana, 570: Elegia; Misto, A.21: Alcune poesie […] scritte in tempo di sua carcerazione in Sissa) Provesi vantò origini nobili e un’accurata formazione letteraria e musicale e lamentò un’infanzia condizionata dalla malattia. Il 14 agosto 1801 fu condannato al confino perpetuo in Compiano in Val di Taro (nell’Appennino parmense), dove venivano isolati gli oppositori politici, ma già il 15 settembre 1801 Provesi fu dichiarato evaso dal domicilio coatto. Attraversato il Po, (1804) si rifugiò nella confinante seconda Repubblica Cisalpina.

Continuò l’attività nella Bassa cremonese: nel 1804 a Torricella del Pizzo, Scandolara Ravara, San Martino del Lago, Soresina, indi a Cremona. Il 13 febbraio 1810 fu nominato organista a Soresina, cittadina in cui esercitò anche l’insegnamento delle belle lettere. Nel settembre del 1816 era a Casalmaggiore, dove invano supplicò il posto di organista del Duomo. Nel novembre del 1818 da Cremona si trasferì ad Asola, nel Mantovano, avendo accettato la nomina triennale di maestro di cappella e organista nella cattedrale, con annessa la docenza di musica vocale e strumentale nella scuola comunale. Contro la nomina di Provesi presentò ricorso il precedente organista, Nicola Cestana: l’incarico, sospeso in attesa del giudizio, fu confermato a Provesi nella primavera del 1820. Ma intanto, l’8 novembre 1819, Provesi aveva inviato a don Giovanni Bernardo Ballarini, parroco nella collegiata di S. Bartolomeo a Busseto (nella Bassa parmense), la richiesta per divenire suo maestro di cappella e organista. A Busseto, antica capitale dello Stato Pallavicino, proclamata città nel 1533 da Carlo V, vi erano un teatro di corte nella Rocca Pallavicina (vi si davano opere e farse) e una Società filarmonica di strumenti a fiato fondata nel 1816 da vari dilettanti di musica, tra cui i fratelli Orlando e Antonio Barezzi e Giuseppe Demaldè, cognato di Antonio Barezzi, alunni di Pietro Ferrari, il maestro di cappella e organista della collegiata morto nel 1817. Proprio nel 1820 Busseto conobbe la ripresa d’importanti attività culturali.

Il 15 febbraio furono riaperte le scuole di grammatica inferiore e superiore, di umanità e retorica, soppresse nel 1806; il Monte di Pietà riaprì la biblioteca, chiusa nel 1811, e tornò a finanziare la scuola di musica vocale e strumentale interrotta nel 1817 con la morte di Ferrari. Il 12 giugno 1820, ottenuta la nomina in Collegiata, Provesi e la moglie risultano rientrati nel restaurato Ducato di Parma, retto da Maria Luigia d’Austria, residenti in affitto in una casa del filarmonico Demaldè. Il musicista non aveva tuttavia comunicato alle autorità comunali di Asola la rinuncia all’insegnamento, anzi proseguì la corrispondenza come se continuasse a esercitare l’incarico, ma una segnalazione anonima e la conseguente verifica misero in luce le sue assenze e inadempienze. Non potendo obbligare Provesi al rispetto del contratto triennale, in quanto residente in altro Stato, nel gennaio del 1821 le autorità asolane accettarono le sue tardive dimissioni. Dall’attività svolta a Busseto e dalle lettere superstiti (Busseto, Biblioteca della Fondazione Cariparma) emergono le idee anticlericali e liberaleggianti professate da Provesi, in sintonia con la maggioranza dei Filarmonici, nonché l’indole energica e poco incline alla mediazione. Immediati furono gli scontri con il clero e i suoi fautori. Al parroco Ballarini, impegnato a difendere l’immagine della Chiesa e a incrementare il prestigio della Collegiata in seno alla diocesi di Borgo San Donnino (l’odierna Fidenza) mediante liturgie arricchite dal canto gregoriano in alternanza con brani polifonici, Provesi fornì musiche di conio melodrammatico sia nella struttura sia negli organici: vi si avvertono i tratti distintivi di Haydn e di Rossini. Gli stessi autori riecheggiano nei drammi e nelle farse che, presumibilmente librettista di sé stesso, Provesi allestì nel teatro di corte della Rocca.

La cultura letteraria di Provesi lo portò a contrapporsi al clero anche nell’insegnamento: dall’ottobre 1823 all’aprile 1824 insegnò umanità e retorica nel ginnasio, ma fu infine rimpiazzato con uno studente del seminario di Piacenza. Proseguì con l’insegnamento della filosofia nella propria abitazione, attività lodata pubblicamente dalle autorità comunali. Impegnato nella diffusione della poesia greca e latina, tentò senza successo il riordino dell’Emonia, l’accademia poetica costituita nel Settecento da sacerdoti e nobili bussetani. Soddisfazioni, invece, provennero dalla gestione della Scuola di musica, che Provesi aprì anche alle ragazze, e dalla direzione della Filarmonica, che in pochi anni egli trasformò in un’orchestra completa degli archi e del controfagotto. Nel novembre del 1823 il decenne Giuseppe Verdi, giunto a Busseto per frequentare il ginnasio dalla vicina Roncole, dove già svolgeva l’incarico di organista nella chiesa di S. Michele, conobbe Provesi. Come tutti gli alunni, con Provesi il ragazzo perfezionò la lettura musicale, l’orecchio e la memoria tramite il canto corale nel coro della Collegiata. Dopo due anni di attività (1823-25) Provesi ammise Verdi al corso quadriennale di composizione (1825-29). In quel periodo si instaurò fra loro il rapporto tipico da maestro ad apprendista. Verdi aiutò Provesi nello svolgere gli obblighi contrattuali in Collegiata: realizzò il basso continuo all’organo; come copista produsse le parti staccate per il coro e l’orchestra; completò brani che l’insegnante abbozzava nel ‘partimento’; adattò agli organici vocali e strumentali disponibili brani di musicisti attivi nel Ducato, come Ferdinando Paer, Nicola Aliani, Paolo Bonfichi, Alfonso Savi, Giuseppe Nicolini e Giuseppe Alinovi; compose musiche originali da eseguire in Collegiata in vece dei numerosi brani che ogni anno Provesi doveva scrivere per contratto.

La permanenza di Provesi a Busseto fu contrassegnata da difficoltà economiche. Tra le cause, fu la malattia della moglie Rosa Fornelli che una delibera del 26 agosto 1828 del consiglio del Monte di pietà indicò come «malattia d’utero», forse la stessa che il 26 settembre 1816 un medico di Casalmaggiore aveva certificato come «colica isterica». La moglie morì nel 1828, dopo un intero anno trascorso a letto. Provesi convolò successivamente a nozze con Caterina Crippo, proveniente da Parma (non ebbero figli). Morì a Busseto il 26 luglio 1833, lasciando alla vedova numerosi debiti. Giuseppe Demaldè barattò l’affitto arretrato con l’archivio musicale di Provesi, che in seguito venne poi rimesso a disposizione dei Filarmonici. Alla morte di Demaldè le 240 composizioni di Provesi, ossia i brani sacri per soli, coro e orchestra (Messe, Requiem, salmi, inni, mottetti), compresi quelli realizzati con il giovane Verdi per la Collegiata, alcune sinfonie e adagi strumentali, i frammenti del dramma serio La clemenza di Cesare, il melodramma semiserio in due atti Euriso e Camilla ossia La costanza alla prova, la farsa in due atti Una difficile persuasione, le due farse in un atto 'Le nozze campestri' e 'L’ebreo di Livonia', il melologo Pigmalione tratto da Rousseau (declamazione alternata a interventi strumentali), oltre alle copie realizzate da Provesi dell’opera seria in due atti Eduardo e Cristina di Rossini e dell’Adagio introduttivo dell’oratorio Cristo sul monte degli ulivi di Beethoven, furono affidate al Monte di pietà di Busseto (Biblioteca della Fondazione Cariparma, Fondo della Società filarmonica).

Altre composizioni sacre manoscritte sono custodite a Casalmaggiore, Archivio del duomo di S. Stefano; una composizione è a Parma, Biblioteca Palatina, Sezione musicale; un’altra a Monchio, Archivio parrocchiale. Manoscritti organistici sono conservati nelle biblioteche dei Conservatori di Firenze e di Brescia e nella biblioteca privata di Luigi Ferdinando Tagliavini a Bologna; cfr. anche Sonate, Adagi e Sinfonie per organo, ed. critica a cura di D. Rizzo, Bergamo 2002. Ferdinando Provesi fu anche autore di versi d’occasione (Archivio di Stato di Parma, Raccolta Manoscritti, b. 74bis/I.2a, doc. 5)”. Le musiche organistiche di Provesi sono state registrate, tra l’altro, in disco da Dino Rizzo (Provesi & Lavigna, maestri di Giuseppe Verdi: sinfonie, sonate, adagi e fughe per organo, Milano 1999, Multimedia San Paolo MCD113); i brani abbozzati da Provesi e completati da Verdi sono stati registrati dall’Orchestra e coro G. Verdi di Milano, direttori Riccardo Chailly e Romano Gandoli (G. Verdi, Messa solenne, Libera me, sacred works, London 2001, Decca CD 467 280-2). Provesi è giustamente ricordato  per essere stato “il più importante” tra i primi insegnanti di musica di Giuseppe Verdi. Ebbe tra i suoi allievi anche Margherita Barezzi, la prima moglie di Verdi.

Eremita del Po

 

Paolo Panni


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commenti


Claudio

29 gennaio 2025 18:12

Fra un po' di tempo, anche i loculi di tale androne verranno "espropriati" ed i resti, se non reclamati da eredi, presumo vengano deposti nell' ossario comune. Mi auguro che sia riservata, in onore del Maestro, una degna sepoltura per i resti della cognata Barberina, specificando sulla stele o lastra di chiusura, il grado di parentela "a segnalazione storica" per i posteri dei rapporti familiari di Verdi con la nostra cittá.

Rosella

29 gennaio 2025 18:47

Ancora una volta Panni ci aiuta a fare memoria;" MEMORIA IUVANT" dicevano i latini, ma per la nostra fede ricordare è molto di più, significa "riportare nel cuore" e far rivivere le presenze di amore e di bene che ci hanno visitato. Ed è ciò che fa questo articolo, con figure note,come G.Verdi e le sorelle Strepponi, e meno note come quella di Don Giovanni Avanzi: una figura sacerdotale straordinaria relegata in una piccola parrocchia a santificarsi e a santificare; il miracolo di una fedeltà silenziosa che ha fruttificato doni di grazia e santità che probabilmente solo Dio conosce.