9 febbraio 2023

In Diocesi di Cremona sono 75 i profughi ucraini ospitati e seguiti da Caritas. All'inizio del conflitto ne furono accolti 150

«Soffre di diabete. È arrivato a Castelleone con un’apparecchiatura che non si usa in Italia. Così, lo abbiamo accompagnato in farmacia dove hanno adeguato le cure con strumentazioni e farmaci in uso qui da noi», racconta sul sito di Caritas Cremonese Franco, referente Caritas della zona di Castellone. «Abbiamo accolto una mamma che ha lasciato il marito in Ucraina a lavorare. Aveva bisogno di ascolto e dialogo, più che di assistenza materiale», è invece la testimonianza di suor Giulia di Caravaggio. «Yuliia e le bambine sono tornate in Ucraina e sono in grosse difficoltà. Sono senza lavoro, sotto i bombardamenti, con luce e acqua razionati», aggiunge Paolo di Casalbuttano. «Abbiamo ospitato una ragazza di 17 anni con la mamma. Si è integrata, ha stretto nuove amicizie e segue l’attività di danza grazie alla scuola di danza Il Laboratorio in sinergia con l’oratorio di Cristo Re», racconta Lia di Cremona.

Continua in tutto il territorio diocesano, anche se ridimensionata rispetto a quasi un anno fa, l’accoglienza della popolazione ucraina in fuga dalla guerra. E continuano le storie e i racconti, dei profughi e degli operatori e volontari Caritas che li stanno accompagnando.

Da 148 persone accolte all’inizio del conflitto, oggi sono 75 quelle rimaste nel nostro territorio. C’è chi vuole rimanere in Italia e costruirsi un nuovo futuro qui. Chi ha lasciato i propri cari in Ucraina e vorrebbe tornare per riprendere la sua attività lavorativa e rivedere familiari e amici, ma non lo fa perché i bombardamenti continuano. Chi è tornato in Ucraina nonostante la situazione critica e ha ancora bisogno di sostegno economico e alimentare. Chi è partito, ma non si sa dove e come si trovi.

Con lo scoppio della guerra in Ucraina, Caritas cremonese si è da subito attivata sul territorio diocesano, in sinergia con le Istituzioni, per aiutare i profughi organizzando una rete di accoglienza capillare. Grazie alla disponibilità delle diverse Zone pastorali, Caritas è riuscita a rispondere al fabbisogno primario dei nuclei familiari. Purtroppo, le previsioni di un conflitto breve sono continuamente smentite e anche Caritas si sta preparando a sostenere un’accoglienza lunga.

Durante la prima fase dell’accoglienza, Caritas si è adoperata per la fornitura di alimenti, vestiti, medicine e beni di prima necessità, l’accompagnamento sanitario (vaccinazioni Covid e infantili), l’avvio di corsi di italiano e il sostegno per l’iscrizione a scuola dei più piccoli.

La fase che si st attraversando ora, dopo quasi un anno, è focalizzata sull’integrazione di chi è rimasto e sul sostegno di chi ha deciso di tornare. Una fase che, oltre alla fornitura di beni di prima necessità e all’insegnamento della lingua italiana, richiede attività che riguardano la ricerca di un lavoro e di un alloggio proprio, l’organizzazione del tempo libero e di occasioni religiose.

I profughi rimasti a Cassano sono stati spostati in appartamenti privati messi a disposizione dai parrocchiani o in affitto temporaneo, mentre lavorano. Quindi, stanno acquisendo una certa autonomia. 

Anche ad Agnadello, un nucleo familiare grazie al lavoro di due figli in smart-working riesce ad essere autonomo. 

A Caravaggio, poi, i nuclei rimasti partecipano alle attività di alcune società sportive, grazie alla Fondazione “Aiutiamoli a vivere”, racconta suor Giulia. 

Un altro aggiornamento arriva proprio dalla città, dall’oratorio di Cristo Re. «Uno dei profughi che ospitiamo è adolescente ed è qui con la mamma. Sta seguendo la scuola ucraina online e fa fatica ad integrarsi. Attendono solo la fine della guerra per ritornare a casa dal padre. Ci sono invece due donne adulte che si stanno integrando bene: la figlia parla piuttosto bene l’italiano e lavora», aggiunge Lia.

C’è chi invece non è rimasto in Italia e ha scelto di ripartire, ma continua a interagire con i nostri gruppi in diocesi, come le famiglie di Casalbuttano. «Fra tutti si è creato un bel clima di condivisione ed effettiva empatia. Quando sono ripartite, il loro saluto è stato emozionante e, anche ora, stiamo mantenendo i contatti», raccontano i volontari. 

Tutti, comunque, chi con sguardo breve e chi con sguardo lungo, hanno un obiettivo preciso: «Vogliono rientrare in Ucraina», sottolineano da Castelleone.

Nel frattempo, dunque, l’accoglienza dei profughi ucraini continua su tutto il territorio diocesano e c’è sempre bisogno di sostenere le attività che Caritas cremonese mette in campo per questo scopo. Ecco come fare.

 

Come effettuare donazioni per i profughi ucraini

  • attraverso la Fondazione San Facio (La donazione è deducibile se fatta con bonifico, assegno o versamento postale):
    – conto corrente bancario IBAN: IT 57 H 05156 11400 CC0540005161
    – conto corrente postale n. 68 411 503.
  • Direttamente alla Caritas Cremonese:
    – conto corrente bancario IBAN: IT 74 E 03069 11400 100000061305
    – uffici di via Stenico 2B a Cremona

 

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