10 aprile 2025

In scena l'eccezionale talento dei fratelli Jussen, dioscuri della musica: successo travolgente per il duo pianistico olandese al teatro Ponchielli

La stagione concertistica del Teatro Ponchielli si avvia alla sua conclusione, in attesa dell’imminente Monteverdi Festival, riservandoci ancora tre eccezionali appuntamenti. Memori delle vibranti emozioni date dall’ascolto delle grandi masse orchestrali degli ultimi appuntamenti, stasera abbiamo rivolto l’attenzione a una dimensione musicale solo apparentemente opposta. La gioia della fratellanza celebrata da Beethoven nella Nona Sinfonia ha preso corpo (e che corpo) in una fratellanza di sangue, grazie al duo pianistico degli olandesi Lucas & Arthur Jussen

Il programma ha rispecchiato alla perfezione il titolo della stagione musicale di quest’anno, con un Crescendo di titoli che ci hanno accompagnato in un percorso affascinante tra i secoli: per il brano d’apertura di questo recital la compostezza apollinea dell’Andante und Allegro Brillante op. 92 di Felix Mendelssohn Bartholdy, a seguire la Fantasia in Fa minore D940 di Franz Schubert, per poi  tuffarsi a capofitto in due meravigliosi capolavori del ‘900: La Valse di Maurice Ravel e la versione per due pianoforti de Le sacre du Printemps di Igor Stravinskij.

Non ce ne vogliano gli estimatori delle esecuzioni filologiche sul fortepiano, ma a nostro avviso è più godibile un’interpretazione delle composizioni di Mendelssohn e Schubert come quella ascoltata stasera piuttosto che certe riletture asfittiche e senza mordente che senza alcun dubbio rispettano tutti i crismi della prassi esecutiva storicamente informata ma che a volte lasciano l’ascoltatore con un senso di insoddisfazione.

L’affiatamento dei fratelli Jussen ha dato spettacolo per eleganza, leggerezza, purezza del tocco e padronanza tecnica. Simbiosi è il termine giusto: l’unico che può attagliarsi ai due giovani pianisti. Sin dalle prime battute il pubblico è rimasto rapito dal loro dialogo serrato ma fluido, in cui ogni gesto, ogni respiro, sembravano condivisi in una dimensione quasi telepatica.

Quattro mani, venti dita, che, come in un quadro di Balla, si sono rincorse in un turbinio di note sulla tastiera, rifrangendosi, intrecciandosi e scomponendo lo spazio e la luce intorno ad esse.

Florestano o Eusebio? Eusebio o Florestano? Le due anime nate dalla fervida immaginazione di Robert Schumann si sono sdoppiate e raddoppiate nelle silhouettes longilinee di questi due giovani e avvenenti musicisti. Robert e Clara avrebbero benedetto l’esecuzione odierna dell’Andante e Allegro brillante op. 92 di Mendelssohn, pezzo brillante e vivace, che ha permesso ai due pianisti di giocare in equilibrio tra la leggerezza dell’incipit e l’energia frizzante dell’Allegro, un po’ Florestano nell’esuberanza, ma poi repentinamente Eusebio nella delicatezza e cesellatura dei pianissimi, senza mai sovrastarsi a vicenda, ma sempre sostenendosi con comunanza d’intenti strabiliante. 

La struggente Fantasia in fa minore D. 940 di Schubert ha messo in luce la loro sensibilità interpretativa: un flusso lirico continuo, attraversato da ombre romantiche, restituito con tocco morbido e frasi scolpite con cura. I momenti di intimità e sospensione sono stati gestiti con una delicatezza quasi cameristica, lasciando affiorare tutta la malinconia schubertiana.  Schubert riservò un’attenzione particolare al genere musicale delle fantasie nella sua produzione, e questa forma così intrisa di poesia e felice elaborazione melodica ha dato la possibilità agli esecutori di mettere in evidenza la loro essenza di creature quasi soprannaturali, angeli di novalisiana memoria, in bilico tra slancio vitalistico e cupio dissolvi, ambasciatori celesti del divino attraverso la musica.

Con La Valse di Ravel, i due interpreti hanno preso posto ognuno al proprio Fazioli e hanno trasformato i due grancoda in un’orchestra danzante e rutilante di colori. Una riduzione, quella di Ravel, che non fa rimpiangere la versione per orchestra: il compositore francese ha descritto grazie al suo genio compositivo la decadenza e lo splendore di un’epoca in disfacimento, e lo ha fatto usando la musica come una lente deformante che trascina verso l’inevitabile vertigine e implosione finale: tutto ciò è stato reso da una lettura sensuale e inquieta, sospesa tra sogno e disintegrazione, in cui la precisione ritmica e l’intelligenza timbrica dei pianisti hanno raggiunto vette straordinarie. L’oro e il nero dei due superbi strumenti hanno duettato, secondo una perfetta armocromia, con le capigliature e gli abiti dei due musicisti, che in questo brano hanno dato sfogo a tutta la tavolozza della loro teatralissima espressività. 

Il culmine della serata è arrivato con Le Sacre du Printemps di Stravinskij, proposto nella versione per due pianoforti. Un Everest tecnico e interpretativo, affrontato con un virtuosismo e una fisicità impressionante. La violenza primitiva, il ritmo incalzante e i contrasti esplosivi della partitura sono stati resi con una potenza che non ha mai sacrificato la chiarezza. I due fratelli si sono districati con straordinaria bravura tra le mille insidie della partitura, e hanno costruito un suono che sembrava scaturire da un unico corpo a quattro mani, in una fusione perfetta di visione e potenza: i fortunati spettatori del Ponchielli hanno potuto rivivere quella “impressione terrificante” e “magnifico incubo” di cui nel 1913 scrisse Claude Debussy a Igor Stravinskij, a proposito della prima, storica esecuzione che fecero i due di questa trascrizione a casa del critico Laloy.

Un concerto davvero sorprendente, grazie all’innegabile valore aggiunto della presenza scenica estremamente glamorous dei fratelli: angeli contemporanei, simboli di bellezza e ispirazione divina, con la loro musica che si è librata tra i regni della perfezione formale e della sensibilità poetica, in un’immersione totale, dove tecnica e cuore, ragione e passione si sono abbracciati sul palcoscenico.

Applausi grondanti gioia da parte dei purtroppo non numerosi spettatori presenti in sala; come reclamato bis la sublime e celestiale Aria dalla Matthäus Passion di Bach “Aus Liebe will mein Heiland sterben”: meritato trionfo dunque, per questi spettacolari talenti, già di fama mondiale, che mieteranno sicuramente sempre maggiori successi sulle scene mondiali nei prossimi anni.

Prossimo concerto mercoledì 16 aprile alle 20.30 con il quintetto vocale Alti & Bassi.

Fotoservizio Gianpaolo Guarneri (FotoStudio B12)

Angela Alessi


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