I fratelli Anghinelli, maestri dell'archeologia della bassa Cremonese e Mantovana, l'avevano scritto più e più volte. Da San Luca (metà Ottobre) a metà novembre è il periodo d'oro dell'osservazione archeologica di superficie: campi arati o appena seminati, poca vegetazione e per lo più spontanea, terra bagnata e facile da asportare, luce e temperatura perfetta, pietre e reperti che luccicano nel terreno. Domenica mattina, complici le fortissime piogge e i canali all'orlo della piena, era possibile osservare un fenomeno rarissimo quanto importante. L'idrografia storica di Cremona e delle sue campagne, disegnata a partire dal 218 a c. dagli agrimensori romani,è tornata protagonista in più punti. Sia in città, sulla via Giuseppina all'altezza della Pasticceria Betti col Cavo Coperto diventato un torrente in piena, e nelle campagne dove era possibile vedere acquitrini e ristagni d'acqua assenti in alcuni casi da secoli. Tra questi, uno dei più impressionanti, lungo la strada che da Caruberto arriva a San Martino al Lago. Non una vera e propria scoperta ma la conferma delle parole di Don Peternazzi da Scandolara Ravara, parroco di San Martino e appassionato conoscitore della storia cremonese recentemente deceduto.
"Il lago", mi aveva raccontato più volte durante interviste/chiacchierate, "Era dietro quei campi, sulla strada che va verso Castèl (Castelponzone)". E infatti eccolo, dopo le copiose piogge degli ultimi giorni, lì dove diceva il don. Il lago, il 'Lacu Delmona' delle lapidi poste davanti alla chiesa parrocchiale di San Martino, l'elemento naturale che ha dato il nome al paese, scomparso da almeno 150 anni ma completamente prosciugato solo nel 1927 in occasione degli scavi del nuovo Navarolo, tornava miracolosamente alla luce in una larga depressione argillosa proprio di fianco al canale. Una conca percettibile solo grazie all'acqua che vi ristagna. In un campo non ancora arato, a 3 mesi dal recente raccolto e sorprendentemente in linea coi due decumani più orientali della prima colonizzazione di Cremona (218 190 a.c.) sono spuntate piante lacustri, canne, arbusti spontanei che ricalcano quelli delle golene e dei bodri (dal greco bothros=buco) oggi presenti solo a chilometri di distanza, verso il Po, ma che un tempo punteggiavano (Stagno Valburga, Lagazzi del Vho, Stagni San Lorenzo Aroldo) tutta questa zona, ricca di acque superficiali. Lui, il Lacu Delmona, chissà quante storie potrebbe raccontarci. Lui che protesse per secoli il Castelletto dei Ponzoni dalle incursioni del nemico mantovano. Lui che vide transitare i militi appiedati Cremonesi 'Armati di lughe alabarde, (gli Sguròt') che nel 1080 (battaglia di Volta Mantovana) fecero a pezzi le retroguardie papaline di Matilde al Sagradello, cementando la vittoria di Enrico IV e l'amicizia tra Cremona e l'Impero. Il lago era alimentato dalla Delmona vecchia, un torrente scomparso di cui restano tracce dietro Castelponzone/Guadetto, dov'era 'Al viansòon', una spiaggia dove solevano riposarsi e nuotare i contadini della zona. Il lago era curiosamente posto a sud est delle ultime tracce centuriali del 218- 190 a.c. in linea con i decumani qui accompagnati da fosse di scolo delle acque superiori. Era forse in questa zona così ricca di storie (Santuario e pozzo di Caruberto, Sagradello, Cascina di S. Faustino e Jovita) il confine sino al 40 a.c.? Era questo specchio d'acqua che divideva la Cremona romana coi suoi rettilinei bonificati e le ville nelle campagne e i villaggi dei Celti, spinti ai margini della provincia e sospinti verso l'Oglio e il Po durante la prima colonizzazione?
commenti
Monica
24 ottobre 2024 11:45
Che meraviglia...
Elena Milan
25 ottobre 2024 16:06
Andando un po di tempo fa sugli argini penso di S. Martino vedevo nel boschetto di pioppi dell acqua che con il sole luccicava, mi sono chiesta sarà forse qualche pozzanghera, o era un rimasuglio del lago, scusi l espressione poco adatta