18 marzo 2022

L'odissea della Camerata di Leopoli e quella solidarietà di Cremona già 25 anni fa. Musicisti in seminario e concerti nelle parrocchie

C'è una storia di 25 anni fa che lega Leopoli, città dell'Ucraina oggi sotto assedio, e Cremona. Una storia di vicinanza e solidarietà che è bene ricordare per far capire come la mobilitazione di questi giorni dei cremonesi per gli ucraini non sia nata dal nulla. Nei reportage di guerra dall'Ucraina ricorre spesso il nome dell'antica città di Leopoli, patrimonio Unesco e dove ormai risuona spesso l'allarme aereo. Tant'è che gli abitanti si sono preparati al peggio avvolgendo e proteggendo le statue e piazzando sacchi di sabbia vicino ai punti di interesse artistico. Le vetrate delle chiese sono protette con pannelli. Il magnifico Cristo Salvatore della cattedrale armena è stato messo al sicuro in un bunker.

Leopoli è a circa 70 km dal confine con la Polonia. Tracce della dominazione polacca e austroungarica sono evidenti nell'architettura della città, che unisce stili diversi dell'Europa centrale con le chiese dalle caratteristiche cupole verdi. Dall'invasione russa Leopoli è diventata luogo di raccolta e smistamento degli aiuti umanitari giunti dall'Europa, e via di fuga verso la Polonia per migliaia di profughi. Leopoli, un tempo Polonia, venne annessa all'Urss nel 1945 con la popolazione polacca trasferita nel vicino stato. Dal 1991 è una città dello stato indipendente dell'Ucraina.

Ma torniamo al legame Cremona-Leopoli. E' la storia del complesso sinfonico “La Camerata di Leopoli” allora diretta da Michail Kopilevic bloccata a lungo in Italia in quell'estate del 1997  da un impresario disonesto e da un pullman datato che non voleva più mettersi in moto. L'insieme ucraino venne aiutato e ospitato con grande generosità dai cremonesi. Così Luciano Panena, sul periodico “Provincia Nuova” raccontava quel che accadde in quell'estate del 1997. (m.s.)

“Si è conclusa felicemente la Odissea del complesso sinfonico “La Camerata” di Leopoli, diretta Michail Kopilevic che dopo non poche vicissitudini è riuscito a ritornare in patria, cioè nella bella Ucraina da dove era partito con grandi speranze che, però, si sono tramutate in grandi apprensioni a causa di un pullman molto “datato” e di operatori culturali che non hanno potuto mantenere integralmente impegni già sottoscritti.

Tutto era andato per il meglio fino all'inizio del mese di agosto, quando la Camerata era partita da Leopoli.

Il tramite era stato il soprano Svetlana Petruscheva, ormai cremonese, anzi sospirese di adozione, giunta due anni orsono sotto il Torrazzo per girare a Cremona un documentario artistico, poi “stregata” dal fascino della nostra città e talmente colpita dalle “rosse pietre” della antica torre e delle bellezze circostanti che aveva deciso di fermarsi definitivamente.

Era stata quindi la bruna Svetlana a far da tramite tra la Camerata ucraina e don Bernardino Terlizzi del monastero di Perdifumo (Salerno) presso Paestum, organizzando una serie di concerti che avrebbero dovuto svolgersi in agosto, in quella bella zona d'Italia. Ma all'ultimo momento sono mancati i fondi. La Camerata però era già in viaggio e tutto assumeva toni inaspettatamente drammatici.

Alle note musicali, questa volta, Cremona sostituì delle note, anzi degli squilli di solidarietà e Gian Carlo Corada ne fu veramente l'alfiere. Bisognava tamponare quella situazione precaria in cui era venuta a trovarsi la compagine ucraina. Ed agli squilli di Corada non fu insensibile don Maurizio Galli, rettore del Seminario diocesano, che sciolse tutte le sue campane, mettendo a disposizione parte del seminario per i pernottamenti (...). Don Maurizio scese in campo anche sotto l'immancabile approvazione del vescovo Nicolini. A coronare il tutto subentrò l'APT che sotto la presidenza di Alfeo Garini e la direzione di Gaiardi organizzò con loro un concerto in piazza Zaccaria a cui se ne aggiunsero presto altri due: il primo a Robecco nella chiesa parrocchiale e il secondo nel cortile dell'oratorio di Pescarolo (...)

La Camerata, in quei giorni, venne pure ricevuta in Palazzo Vescovile da Mons. Nicolini che è stato felicemente ritratt dal pittore Slepchenko, al seguito dell'orchestra. (…)

In quei giorni abbiamo avvicinato quei musicisti che ci hanno confidato acute riflessioni sullo stato attuale della vita nella loro patria. Non ci è sfuggito il fatto che, dopo il crollo del regime sovietico, l'equilibrio dell'economia ucraina apparve subito piuttosto precario. Manca quasi totalmente l'incentivo all'attività economica e commerciale. Gli insegnanti e i musicisti si trovano oggi in condizioni molto disagiate. Leopoli ha un milione di abitanti con dodici università e centomila studenti. Ben cinquantotto sono le associazioni culturali giovanili, sei grandi teatri e quindici musei. Quella che si nota è l'enorme sperequazione esistente tra cultura ed economia (…).

Dopo il successo conseguito a Cremona e dintorni la Camerata di Leopoli è stata richiamata nel salernitano dove si è esibita in ben sette concerti (…). Dopo l'ultimo, quando la Camerata doveva ritornare in patria perchè stavano scadendo i “visti”, ecco che il solito diavoletto ci mette ancora la coda: quel benedetto pullman ancora si guasta e irreparabilmente. Questa volta il guasto era veramente serio ed occorrevano pezzi di ricambio ed i pezzi, se ancora esistono, stavano solo nell'ex Unione Sovietica (…). E' stato il presidente della Provincia di Salerno a far ospitare tutta l'Orchestra nell'Hotel Venezuela di Montesano Scalo, ove la stessa esegue un concerto e soggiorna due giorni. Il ritorno viene quindi assicurato dalla Amministrazione provinciale di Salerno (6 milioni) e da parte della Società Montesano di Salerno (2 milioni). Alla generosità del Nord ha fatto riscontro quella del Sud. I bravi orchestrali hanno quindi modo di ritornare in patria con un pullman tutto nuovo ingaggiato dlala Provincia salernitana (…). Ma la autentica protagonista di questa drammatica odissea è stata la soprano Svetlana Petruscheva che aveva puntato sulla sensibilità degli italiani. Certamente, però, mai avrebbe pensato di doversi trovare in situazioni tanto drammatiche (…).

Molte affinità uniscono ucraini e italiani nel nome di Salomea Kruscenisky, il grande soprano ucraino che aveva debuttato in Italia al Ponchielli nel 1896 e aveva vissuto poi tanti anni a Firenze, accogliendo nella sua scuola anche Giacomo Lauri Volpi”.

Luciano Panena

Nelle foto il Cristo messo in sicurezza, profughi a Leopoli e la soprano Petruscheva


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