21 dicembre 2024

L'oratorio di Casamarza, oggi sepolto dai rovi ma sempre rimasto nel cuore dei fedeli di Cicognolo. La storia di questa località ha origini molto antiche: fu un campo militare in epoca romana

E’ ancora al suo posto da oltre due secoli, a sorvegliare la sua campagna, silenziosa e ormai rassegnata ad essere dimenticata, coperta da rovi ed arbusti che sembrano non volerle lasciare scampo. Se volete passare a vederla però dovete cercare bene nella campagna tra Cicognolo e Vighizzolo, dopo aver percorso una manciata di chilometri lungo una stretta strada che si srotola tra i campi fino ad arrivare ad un piccolo nucleo abitato che porta il nome di Casamarza, località di Cicognolo.

Giunti qui, dovete aguzzare bene la vista perchè sarà ben difficile trovare quell’antico oratorio che c’è, ma ormai non si vede più: serve un buon lavoro di osservazione per scorgere quei mattoni in cotto che cercano di emergere da sotto una coltre di edera e rovi che, ormai da qualche anno, la ricoprono per intero, dopo aver invaso prima l’interno, poi abbattuto il tetto e una parete e quindi avvolto l’intero edificio, in un abbraccio soffocante che non lascia più spazio all’architettura della chiesetta.

Eppure i fedeli di Cicognolo sono sempre stati molto legati a questo piccolo oratorio di campagna, tanto che una quindicina di anni fa venne presa l'iniziativa di restaurarla e sembrava cosa già fatta. Ma quei rovi oggi ci raccontano che in  realtà la storia ha preso una piega diversa dalle intenzioni dei cicognolesi.

Lo origini romane nel "Campus Martius"

Ma non potendoci occupare della storia più recente, fatta ormai solo di arbusti e mura diroccate, parliamo di quella più antica, perché la località Casamarza ha origini che corrono indietro nei secoli fino all’epoca romana quando lì sorgeva un fortilizio, da cui sarebbe derivato anche il toponimo ‘Campus Martius’, probabilmente in riferimento ad un campo di addestramento militare -Martius dunque in riferimento a Marte, dio della guerra- o forse, secondo altre ipotesi, ad un luogo in cui era presente un sacello pagano dedicato al dio Marte.

Secondo altre ipotesi invece il nome sarebbe di derivazione greca e quindi l’origine del luogo potrebbe risalire alla dominazione bizantina di questi territori. Quel che è certo è che il nome nei secoli non è sostanzialmente variato ma ha semplicemente seguito l’ammodernarsi della lingua fino a diventare ‘Casa Marzia’, 'Casa Marza' e quindi contratto nella forma attuale ‘Casamarza’. 

L'accampamento e il 'castrum'

Parlando della parte documentata della storia di questa località, ossia quella di cui si conservano testimonianze scritte, le prime carte che citano Casa Marza risalgono al 1214 e parlano proprio di agglomerati fortificati o quantomeno circondati da palizzate difensive.

Nel 1856 Angelo Grandi nella sua opera fa riferimento a ‘Casa Marza o Castel Manfredi’ ma bisogna fare attenzione a non confondere un eventuale ‘castrum’ (o accampamento fortificato) presente a Casa Marza con il castello della famiglia Manfredi che invece è un vero e proprio castello di origine medioevale (poi ricostruito nel XIX secolo) e che sorge al centro dell’abitato di Cicognolo; Angelo Grandi comunque descriveva così Casa Marza: “Questo casale dicesi esser sorto sulle rovine del sunnominato castello assai forte, e di non poca celebrità nella storia cremonese dei tempi di mezzo. Nelle circostanze di questo caseggiato nel dissodare il terreno si sono trovati, e tuttor rinvengonsi dei ruderi, che dinotano per certo. essere avanzi del demolito castello o d'altri fabbricati, che vieppiù estesa rendevano la località”

Sappiamo poi che nel 1441 erano presenti tre chiese in quello che è l’attuale territorio di Cicognolo: San Donnino di Caliano (antico borgo oggi non più esistente, assorbito poi dall’abitato di Cicognolo), San Lorenzo di Cicognolo e San Matteo di Casamarza.

Ma attenzione perchè tale chiesa dedicata a San Matteo non è la ‘nostra’ povera chiesa, che invece è successiva al XV secolo ed è a tutti gli effetti un oratorio campestre, dedicato alla Madonna del Divino Amore, come recitava l’iscrizione "Io sono la Madre del Bel Amore" che si poteva leggere in rilievo nella parte superiore della facciata esterna, evidenziata dall’intonaco color ocra. 

Un umile oratorio di campagna di cui si sta perdendo la memoria

Ed eccoci finalmente alla chiesetta di cui si parlava in apertura di questa storia: l'edificio sacro venne edificato sul finire del XIX secolo per volontà di Giovanni Sinelli, proprietario terriero: era la classica chiesetta di campagna, semplice ed umile nella sua architettura, composta da un’unica navata sormontata dal tetto a capanna sul quale si ergeva fiera una semplice croce in ferro battuto, come una vedetta a presidio della sua campagna. 

La chiesa era protetta da un portone in legno massiccio ed all’esterno il piccolo sagrato accoglieva i fedeli che per raggiungerla avevano attraversato un ponticello in pietra sul fosso che separava la chiesa dalla strada. Il tutto recintato da una rete metallica interrotta da un cancellino in ferro battuto, di cui si riescono a distinguere le bacchette arrugginite tra i rami e gli spini, mentre a lato della facciata principale si trovavano due cespugli di rose selvatiche rosse e bianche, cresciuti lì come per completare un dipinto dal perfetto sapore bucolico e rendere omaggio a Maria Vergine.

Pure l’interno dell’oratorio era semplice ma accogliente, come la gente che viveva in questa campagna e che si recava devota alla celebrazione della messa: le pareti azzurrine, dello stesso colore delle vesti di Maria, erano decorate da una semplice cornice bianca lungo tutto il perimetro; sopra l’altare in pietra una nicchia dove una statua della Madonna di Lourdes vegliava sui fedeli in preghiera. Qui la messa veniva celebrata in modo semplice, allietata dal semplice canto dell’assemblea; non c’erano paramenti ricchi per la piccola chiesa, gli arredi sacri erano dei semplici candelabri in ottone, i banchi rustici in legno e una via crucis sulle pareti laterali. Era usanza che il parroco, che arrivava da Cicognolo, indossasse l’abito talare che era riposto in una cassa di legno, custodita nella casa padronale, al di là della strada rispetto alla chiesetta. Le messe e le celebrazioni vennero officiate fino al 1968, poi se ne perse l’usanza e con essa, poco alla volta, si perse anche la chiesa, sepolta oggi sotto una coltre inespugnabile di rovi ed edera.

Ci hanno provato i cicognolesi e ci hanno creduto davvero nel sogno di ridare dignità a questo luogo di culto, ma col tempo hanno dovuto arrendersi all’idea di lasciar andare quelle mura benedette perse per sempre. Per fortuna qualcuno anni fa scattò una foto dell’oratorio, quando era già ammalorato ma ancora riconoscibile. Senza quella fotografia, oggi sarebbe impossibile riconoscere quelle mura diroccate nascoste sotto la vegetazione e l’incuria.

nelle foto, alcune immagini scattate anni fa quando la chiesa era ancora riconoscibile e a confronto le foto attuali di quel che resta dell'oratorio coperto dai rovi

Michela Garatti


© RIPRODUZIONE RISERVATA




commenti