26 gennaio 2025

La Belle Époque. L'arte nella Parigi di Boldini e De Nittis. A Palazzo Martinengo di Brescia fino al 15 giugno in 80 capolavori la Parigi “a la mode” colta dal pennello di cinque grandi pittori

Bersaglio centrato anche per il 2025 dal Palazzo Martinengo di Brescia con l'allestimento della illuminante e raffinata mostra “La Belle Époque. L'arte nella Parigi di Boldini e De Nittis”, 25 Gennaio-15 giugno 2025. I curatori, Francesca Dini e Davide Dotti, come già nel precedente precedente successo nell'esposizione su “I Macchiaioli”, hanno saputo proporre una coinvolgente immersione nel frizzante mondo artistico della Parigi fin de siécle. 

In quel periodo Parigi, con i suoi due milioni di abitanti (Milano al censimento del 1861 arrivava a 160.000 e Roma a 200.000 e l'Unità d'Italia era appena in fasce: 1861 e 1870), era l'innegabile capitale della cultura e della vita artistica internazionale, ospitando da tutta Europa e dalle Americhe gli spiriti più curiosi ed innovativi. L''Esposizione Universale del 1889, nel centenario della Rivoluzione Francese, sancirà definitivamente la capitale francese come il faro della modernità. Si pensi che per la Torre Eiffel, prodigio ingegneristico, si usò per la prima volta l'energia elettrica al posto del vapore.

Nel 1863 Charles Baudelaire nel suo articolo su Le Figaro, dal titolo Il pittore della vita moderna, tratteggia le linee di una nuova estetica che l'artista deve saper cogliere ed interpretare, in sintonia con il “paesaggio urbano, le donne, la società, la moda”. 

Dopo i tragici avvenimenti degli anni '70, Parigi rinasce in modo inarrestabile, grandiosa, in una nuova età dell'oro. E' questa la Belle Époque, come scrive Francesca Dini nel bel volume dedicato alla mostra ed edito da Silvana editoriale, “segnata dal trionfo del modello borghese liberale e laico, dalla grande libertà di pensiero, da prodigiose scoperte scientifiche, da una decisiva accelerazione dei mezzi di trasporto, dalla nascita del turismo di massa, dal grande fulgore dei teatri e dei giornali”.

Da questa atmosfera stimolante e propositiva vengono assorbiti cinque giovanissimi pittori italiani: Giovanni Boldini, Giuseppe De Nittis, Federico Zandomeneghi, Vittorio Corcos, Antonio Mancini.

Tutti giovanissimi, pieni di ardore artistico, di formazione sia accademica che della contemporaneità italiana, e frequentazione dei macchiaioli, i cinque artisti, in momenti diversi, ma concatenati, si proiettarono nella ville lumière.

Non ci volle molto che le loro doti li mettessero in luce, grazie al massimo cacciatore di talenti dell'epoca, il gallerista Adolphe Goupil, signore incontrastato del mercato dell'arte europea e non solo, e successivamente dal gallerista Georges Petit.

I nostri “Italiani di Parigi”, così etichettati dal critico d’arte Diego Martelli, si muovono sulla scena parigina a partire dal 1870 con grande agilità, imponendosi all’attenzione internazionale, inventando il genere pittorico della tranche de vie, come nel caso di De Nittis e di Boldini che dipingono momenti della vita parigina colti sul vero, lungo i boulevard, o nell’intimità di giardini privati e di salotti esclusivi, oppure lasciandosi sedurre dal linguaggio impressionista, come Federico Zandomeneghi che contribuisce a fare della donna parigina una icona di moderna femminilità.bresciani

I curatori della mostra, Davide Dotti e Francesca Dini hanno disposto un percorso espositivo secondo sezioni monografiche dando ampiezza di sguardo a tutti e cinque i “nostri parigini”. 

Le 80 opere esposte provengono prevalentemente da raccolte private, normalmente precluse al pubblico, e da una serie di istituzioni museali come il Museo Giovanni Boldini di Ferrara, le Raccolte Frugone di Genova e il Museo Civico di palazzo Te a Mantova.

Grande l'entusiasmo di Davide Dotti che, con la consueta capacità comunicativa, insieme a Francesca Dini, ha accompagnato i giornalisti nell'atmosfera parigina della Belle Epoque, arricchendo il percorso con stimolanti retroscena dei singoli artisti. 

La vera sorpresa di tutta la mostra- ha sottolineato Dotti- è Vittorio Corcos, simbolo della mostra, con i suoi capolavori unici” che il grande pubblico imparerà a conoscere ed apprezzare. Un'attenzione particolare andrà rivolta a Antonio Mancini “genio e sregolatezza” che non seppe resistere alla travolgente vita parigina finendo in un ospedale psichiatrico, lasciandoci però dei meravigliosi ritratti di scugnizzi. 

Il percorso espositivo si apre si apre con le esperienze di Giuseppe De Nittis e Giovanni Boldini. Giuseppe De Nittis, “il cui soggiorno nella capitale francese s’interruppe tragicamente nel 1884 con la sua morte a soli 38 anni, ha celebrato i riti della vita moderna, esaltando il vivere borghese dei salotti parigini, ma anche ritraendo en plein air, con un vedutismo nuovo e personale, gli angoli più pittoreschi ed eleganti di Parigi, come quelli dei suoi parchi e giardini (Al laghetto del giardino del Lussemburgo, 1877) dove s’incontrano amazzoni e cavalieri, dame eleganti a passeggio o in conversazione sulle panchine (Sulla panchina agli Champs-Élysées, 1875)”. Non mancano le splendide tele dedicate all'amata moglie Leontine (Léontine che pattina, 1875) e quelle che evidenziano la sua fugace adesione all’impressionismo, con Boulevard Haussmann a Parigi (1877) e Campo di neve (1880). Interessante la sperimentazione di tecniche pittoriche come l’acquerello e il pastello (Ritratto di signora in giardino, 1882), e a indagare con inediti tagli visivi come alcuni scorci di giardini interni visibili attraverso una porta aperta. 

Giovanni Boldini giunge a Parigi nel 1871 “con un bagaglio di esperienza decennale trascorsa tra le fila dei macchiaioli. Nella capitale francese si uniformò allo stile alla moda in quegli anni, quello che aveva nel pittore francese Ernest Meissonier e soprattutto nello spagnolo Marià Fortuny dei modelli cui guardare e ispirarsi. Nel giro di pochi mesi, tuttavia, Boldini intraprese una propria strada autonoma che lo portò a creare, insieme a Giuseppe De Nittis, il nuovo genere pittorico della tranche de vie che, pur mantenendo una certa riconoscenza alle lezioni degli artisti precedenti, risultò fortemente influenzata dal fascino della metropoli che Boldini ritrasse con il suo stile nervoso e sensuale. Di questa fase, a Brescia vengono esposte alcune opere di grande importanza, come L’ultimo sguardo nello specchio (1873), Berthe esce per la passeggiata (1874), o l’acquerello Al parco (1872)”. 

Sul finire degli anni Settanta dell’Ottocento il linguaggio di Boldini si evolve dipingendo pagine di giornalismo pittorico in cui esprime lo spirito del tempo e il suo amore per la città come dimostrano le tele Carro con cavalli alla Porte d’Asnières (1887) e Alle Folies Bergère (1885). 

A rendere universalmente noto ed amato Boldini resta la carriera ritrattistica, suo genere pittorico prediletto, attraverso il quale lascerà un segno indelebile nel suo tempo, divenendo il più raffinato interprete della “femminilità suprema” e della “pariginità” della donna moderna. Sul finire del secolo Boldini perfeziona il ritratto mondano nel segno di una eleganza estrema che tende ad astrarre il personaggio raffigurato in una dimensione a parte, ma che risulta così inserito nello spirito del tempo da divenirne emblema e icona. Ne sono un esempio, tra gli altri, gli splendidi ritratti di Miss Bell (1903), La passeggiata al Bois de Boulogne (1909) e Ritratto della principessa Radziwill, 1910. 

Ma che dire del veneziano Federico Zandomeneghi che arriva a Parigi nel 1874, imbevuto di slancio macchiaiolo e già famoso per le opere di figura e non indifferente alla pittura di paesaggio en plein air, già dal 1876, e poi con straordinari capolavori come Al caffè Nouvelle Athènes (1885), Visita in camerino (1886), Place du Tertre (1880), Il tè (1892); in queste opere, Zandomeneghi predilige i temi tratti dalla realtà urbana e domestica contemporanea e dà vita ad una sorta di “moderno umanesimo”, equidistante dall’arte di puri valori degli impressionisti maggiori e dalla vena narrativa dei naturalisti. 

Ad aggiungere una marcia in più alla mostra, sono le sale dedicate ad Antonio Mancini che, con i suoi scugnizzi napoletani, commuove e incanta per il suo eccezionale virtuosismo pittorico (Scugnizzo con chitarra, 1877; Il piccolo Savoiardo, 1877), e Vittorio Corcos, qui presente con alcuni dei suoi capolavori più famosi (Le istitutrici ai Campi Elisi, 1892; Messaggio d’amore, 1889; Neron Blessé, 1899) capaci di trasmettere la felicità di un’epoca, segnata dal trionfo dell’eleganza e del lusso, in una Parigi, città mitizzata, sognata e agognata in ogni luogo del pianeta. 

Notevole l'entusiasmo critico di Davide Dotti per il Corcos, da lui considerato una vera e propria riscoperta. Di formazione classicista presso l'Accademia di Firenze e successiva,mente allievo del Morelli a Napoli, una volta giunto a Parigi e inserito nella “scuderia” pittorica di Goupil dovette realizzare dei dipinti leziosi con stralci di vita borghese all'aperto, soprattutto giovanissime donne dallo sguardo languido avvolte in sete fruscianti e tulle vaporosi. Questo perché tali opere erano amate e richieste dalla clientela internazionale di Goupil. Un tocco in più del Corcos era “il velo di cipria” che sapeva magistralmente soffiare sulle sue opere per sottolinearne l'atmosfera ovattata. Ma il Corcos ad un certo punto rifiutò le imposizioni del gallerista per respirare un'aria nuova, che gli proveniva dalla sua grande capacità artistica, senza briglie di mercato.

Ad arricchire ulteriormente l'esposizione bresciana ci pensano due sale con una selezione di elegantissimi abiti femminili prodotti nelle Maison di Haute Couture più raffinate, e di affiche disegnate da illustratori quali Cappiello, Dudovich e Metlicovitz e di vetri artistici realizzati da Emile Gallé e dai fratelli Daum.

Il 24 gennaio a presentare la mostra, oltre ai curatori, la dinamica presidente dell'Associazione “Amici di Palazzo Martinengo” Roberta Bellino che con questa nuova chicca celebra il decennale delle grandi mostre allestite, con ben 520.000 visitatori. 

Le istituzioni erano rappresentate dal sindaco di Brescia Laura Castelletti e da Nicoletta Bontempi, presidente della Fondazione Brescia Eventi.

Palazzo Martinengo Brescia

25 gennaio – 15 giugno 2025

Orari di apertura
mercoledì, giovedì e venerdì, dalle 9.00 alle 17.00;
sabato, domenica e festivi, dalle 10.00 alle 20.00
lunedì e martedì chiuso

Informazioni: mostre@amicimartinengo.it | www.mostrabelleepoque.it | T. 392.7697003

Prenotazioni scuole e gruppi:mostre@amicimartinengo.it | T. 392.7697003

Daniela Gallo Carrabba


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