Le 4 ghiacciaie in città per conservare la carne. Il primo frigorifero dal macellaio di via Platina. La fabbrica del ghiaccio
Con il gran caldo di questi giorni, aria condizionata e frigoriferi sono al massimo della potenza. Ma come facevano i cremonesi di un tempo a conservare la carne durante la stagione calda? Serviva il ghiaccio. Questo fu addirittura occasione di una guerra sul Po tra Casalmaggiore e il vescovo di Parma (leggi qui). Ma a Cremona città? Lo racconta quel grande cronista che fu Mario Levi in "Vecchia Cremona".
Alla fine dell'Ottocento "tutto pagava tassa di pedaggio; anche i carri di ghiaccio che affluivano (dal Po e dalle campagne durante l'inverno, ndr) per rifornire le ghiacciaie dei macellai. Allora di grosse ghiacciaie a Cremona ve n'erano quattro, oltre ad alcune private: una in palazzo Mina, con ingresso verso via dell'Oca, l'altra in via Breda, sotto i giardini dell'oratorio parrocchiale di S.Agostino; la terza in piazza del Comune, quasi di fronte al Battistero; la quarta in corso Stradivari. Erano locali sotterranei, il pavimento in terra battuta, i soffitti a volta. Si accedeva a queste ghiacciaie attraverso una porticina praticata nel muro o una botola aperta nel selciato. Il ghiaccio cominciava a giungere all'inizio di dicembre ed i carichi continuavano ad affluire per tutto l'inverno, sino a quando la ghiacciaia era quasi piena. Il ghiaccio arrivava in lastroni; ma gli operai lo sminuzzavano, lo portavano con grossi mastelli all'interno dell'embrionale frigorifero, lo comprimevano a colpi di mazza di legno. Formavano così uno strato compatto alto due o tre metri, a seconda della capascità della ghiacciaia; ed in ultimo, verso l'inizio della primavera, ve n'era ormai tanto che gli operai, per non urtare contro la volta, dovevano procedere carponi. Era su quello strato che veniva deposta la carne. Con il volger delle settimane il ghiaccio si scioglieva e, di conseguenza, l'altezza della massa diminuiva; il terreno assorbiva l'acqua.
Vi era un commercio vero e proprio per la produzione e la vendita del ghiaccio. Alcuni agricoltori avevano stretto accordi con i macellai. Quando in certi campi perfettamente pianeggianti non vi erano nè colture nè seminagioni, venivano riempiti d'acqua; poi si aspettava che il grande freddo notturno lavorasse quell'acqua fino a congelarla. Se l'inverno era mite, i macellai anzichè il ghiaccio, immagazzinavano la neve; che in caso di scarse precipitazioni locali facevano giungere da altre città.
Il primo frigorifero automatico realizzato a Cremona funzionò agli inizi del Novecento nella macelleria del signor Attilio Varani, sotto i portici di via Platina. Si trattava di un frigorifero con motore a gas, fornito dalla ditta Calpestri di via Solferino, costruito dalla ditta tedesca Langhen e Wolff. Inutile dire che questo nuovissimo apparato, attirò l'attenzione di tutti i macellai della città. Ma proprio quando qualcuno di essi stava per decidersi ad imitare il signor Attilio Varani, ecco sorgere in via Pedone, in un grande capannone, attualmente adibito a magazzino di macchine agricole, un frigorifero di proprietà della ditta Eminente, che non soltanto dispose le prime celle frigorifere, ma cominciò a fabbricare ghiaccio in stecche. La ditta Eminente, lavorò per poco tempo: due o tre anni dopo (1910) il Comune si assunse la gestione del frigorifero e se lo costruì ex novo presso il macello".
Nella foto la ghiacciaia di Palazzo Mina (da Cremona sotterranea)
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