13 novembre 2023

Matthew Hardie, lo Stradivari di Scozia che da un tagliere per la carne ricavò un violino. I suoi strumenti conservati alla Biblioteca Nazionale

Nel 1891 il quotidiano scozzese Edimburgh Evening News decise di raccontare una piccola storia del passato, storia che non aveva bisogno di venir ricordata, dato che nessuno la conosceva, ma andava proposta come qualcosa di nuovo nonostante avesse più di 100 anni.

A tutti gli effetti era una storia nuova perché il protagonista non trovò mai, durante la sua vita, un riconoscimento ufficiale o anche ufficioso del suo talento, tanto è vero che questa storia nasceva dalla fossa comune destinata ai poveri nella chiesa di Sant Cuthberg, luogo destinato all'ultimo riposo, senza neanche una targa che ricordasse, di una persona particolare. Lo zampino di quell'articolo nasceva dalla fama mondiale ottenuta dai racconti di Arthur Conan Doyle e dello Stradivari che veniva suonato da Sherlock Holmes, secondo la tradizione che lo accompagnava fin dagli esordi. Lo scrittore Conan Doyle era di Edimburgo e aveva collaborato in gioventù con l'Evening News nella sezione sportiva, da fedelissimo verso la sua appartenenza e provenienza Doyle era stato in grado di scoprire e far scoprire piccole storie di grandi uomini scozzesi dalle quali prendeva ispirazione per i suoi scritti.

Matthew Hardie riposava in quella fossa comune dal 1826, luogo destinato ad ospitare, dal 1858, anche il suo figlio unigenito Thomas, pure lui senza una targa o un ricordo di qualsiasi tipo. I due Hardie erano finiti in un dimenticatoio che non perdona, luogo destinato a coloro che, pur con un talento unico, vengono dimenticati già durante la loro esistenza, a maggior ragione quando finiscono in una fossa comune. Matthew era un liutaio, un liutaio che aveva dedicato la sua vita alla costruzione di violini, era nato a metà del XVIII secolo e, fin dalla prima gioventù passata sotto le armi, aveva lavorato il legno prima come falegname poi rivolgendo le sue attenzioni al taglio artistico. Non aveva un curriculum d'eccezione Matthew, non aveva studiato a Cremona ma aveva letto di come Amati aveva cambiato la storia della liuteria rendendo uno strumento come una piccola opera d'arte. I primi passi del giovane Matthew non sono facili ma riescono a segnare il passo verso una conferma del suo talento e del suo saper fare; verso la fine del '700 il liutaio scozzese riesce a creare strumenti di eccezionale qualità, con forme e suoni che gli valgono l'appellativo di “Lo Stradivari di Scozia”, i musicisti delle orchestre più importanti si avvalgono del suo lavoro sia per strumenti nuovi che per la manutenzione di quelli in loro possesso. La sua fama lo porta a lavorare anche per i musicisti della orchestra dei Reali di Russia ma il XVIII secolo, con tutti i suoi cambiamenti, sta per finire e Matthew comincia a soffrire di una certa carenza di legno di qualità per la produzione dei suoi violini. Sarà figlio del suo tempo il signor Hardie, involontario protagonista quella rivoluzione industriale che stava cambiando il modo di vivere ma soprattutto di lavorare, rivoluzione dalla quale verrà schiacciato, prima attraverso la chiusura di molte orchestre scozzesi poi, a causa dello sviluppo del lavoro dell'uomo, da una concorrenza al ribasso che lo taglierà fuori dagli affari. Il tempo è ciclico e l'economia spesso lo segue facendo soffrire di più i lavori artigianali.

La concorrenza era dotata di violini mediocri ma prodotti quasi in serie, fatto che lo allontanerà dal mercato grazie a prezzi ben più contenuti di quelli che Matthew riusciva a proporre. Agli inizi del 1800 Matthew comincia a soffrire quel tremendo processo di sostituzione dell'artigianato verso una industria che si curava meno del prodotto, cerca di rientrare nel mercato ma, pur abbassando la qualità dei suoi archi, non trova lo spazio per vivere tranquillamente.

Agli albori del 1800 “Lo Stradivari di Scozia” incontrerà Antonio Stradivari dato che, in una serata volta a raccogliere fondi per fargli proseguire la sua attività, Matthew potrà tenere in mano e studiare con cura un violino Stradivari, il modello Alday, del quale riuscirà a farne una eccellente copia. Ma l'incontro tanto sognato da quel liutaio servirà a poco, qualche anno dopo, ridotto in miseria, verrà incarcerato per debiti lasciando a suo figlio Thomas la bottega, nella speranza che potesse uscire, senza riuscirvi, da quella condizione di povertà in cui versava. La vita di Matthew era sempre stata dedicata alla liuteria tanto che, nel 1821, viene invitato a casa di un grosso proprietario terriero per riparare un suo violino, entrando in cucina Matthew vide un grosso tagliere per carni fatto con un pregiato legno d'acero, chiederà al proprietario quel tagliere per trasformarlo in un violino che qualche mese dopo consegnerà alla moglie, sbigottita, del padrone di casa. Dimenticato, anzi mai ricordato, da tutti finirà in quella anonima fossa comune fino a quando uno dei più famosi scrittori di sempre non fece scaturire quella scintilla che riporterà l'attenzione su quel lavoro così affascinante che aveva in Cremona la sua culla. Oggi la Biblioteca Nazionale di Scozia custodisce e mostra diversi archi creati da Matthew, in una sorta di lento ma inarrestabile cammino verso la meritata notorietà “Lo Stradivari di Scozia” verrà inserito, grazie a quella scintilla, tra i maestri d'arte di Scozia a a conferma del suo, personalissimo e sottostimato, talento.

 

Marco Bragazzi


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