Non solo grandi voci, gli "Alti e Bassi" stregano il Ponchielli con un viaggio nella storia e nel ritmo giocoso di un divertimento per tutti
È sempre un’esperienza ammaliante per i sensi, farsi trasportare dalla sola voce umana, senza alcun accompagnamento. Lo è ancor di più se invece di una sono cinque le voci che cantano, come scrivevano gli antichi, in ‘estrema consonanza’. Una pratica, quella dell’esecuzione cosiddetta ‘a cappella’ che ha origini nella notte dei tempi e che ha navigato, pressoché intatta, in tutta la storia della musica. E bene ha fatto la direzione artistica del Teatro Ponchielli a proporre al pubblico la performance del quintetto vocale Alti & Bassi composto da: Paolo Bellodi, Andrea Thomas Gambetti, Diego Saltarella, Alberto Schirò e Filippo Tuccimei.
Si diceva della navigazione nel tempo e nello spazio di questa forma d’arte e l’esibizione di questo complesso ha proprio riflesso questa capacità di non eclissarsi mai spaziando proprio in un repertorio che ha coperto almeno quattrocento anni di musica. Dal coltissimo Johann Sebastian Bach fino a Enzo Jannacci, passando tanti altri miti della musica contemporanea Ennio Morricone, Elvis Presley, i Queen, il fabuloso Quartetto Cetra. Non dimenticando poi le diverse colonne sonore dei Cartoons americani della Disney che così tanto hanno inciso nella vita di coloro che sono stati bambini tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta.
Un piacevolissimo carosello di note. Di ricordi. Di immagini che hanno proiettato l’ascoltatore su di una fantasmagorica e improbabile macchina del tempo. Emozioni e fantasie di anni passati si sono rincorse tra i severi stucchi del teatro cremonese. Momenti passati sono tornati improvvisamente ad affacciarsi alla memoria dei presenti. Ritorni che hanno alimentato, perché no, un senso di nostalgia per gli anni fuggiti nell’alternarsi delle stagioni della vita. Rievocazioni di giochi infantili. Semplici. Giocosi, come la rievocazione de La vecchia fattoria, con tutti quei suoni onomatopeici per antonomasia.
E frammenti di immagini, per chi c’era, della televisione in bianco e nero dove il Quartetto Cetra furoreggiava e dove poi tornava ad essere ascoltato tra le mura domestiche in artigianali mangiadischi o nei più moderni mangiacassette. O ancora le note dei complessi che hanno sancito, per molte generazioni, il passaggio dall’età della fanciullezza a quella esplosiva e sentimentale della giovinezza: piena di libertà, di amore e di sentimenti, tutto vissuto con grande freschezza e voglia di vivere. E non è mancato un omaggio, direi emozionate, alla grande Mina , la cui voce aleggia sempre nella sua Cremona.
Il complesso vocale è stato mirabolante per compattezza e uniformità del suono: frutto di un’invidiabile tecnica di personale e di gruppo. Consolidata da un’intesa artistica che dura da più di trent’anni.
E ha altresì brillato per la capacità di andare aldilà del semplice suono trasformando quelle note in una vera e propria performance artistica fatta di parole. Di autoironia garbata e piacevole. Di capacità di coinvolgere il pubblico accoccolato nel morbido tessuto del teatro. Trascinato nei ritmi non solo del languido jazz ma anche in quello del rock: quello vero. Quello del grande Elvis Presley .
Musicalmente belli tutti gli arrangiamenti. Mai banali. Utili a dare nuova linfa anche a pezzi ormai entrati nella cultura musicale mondiale.
Alla fine un grande selfie dal palco che ha immortalato la fragorosa cascata di applausi del pubblico del Ponchielli.
Le foto sono di Gianpaolo Guarneri (FotoStudio B12)
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