Polesine Zibello, 51enne arrestato per l’omicidio della madre, rischia l'ergastolo
Ha vissuto e lavorato per diversi anni nella Bassa Cremonese l’indiano di 51anni arrestato in questi giorni a Polesine Zibello (Parma), con la pesantissima accusa di aver ucciso la madre di 70 anni. Omicidio pluriaggravato: di questo deve rispondere l’uomo che, in caso di condanna, potrebbe anche rischiare l’ergastolo. Da mercoledì l’uomo sta trascorrendo la sua personalissima e non invidiabile estate in cella, a Parma, in attesa dell’interrogatorio di garanzia. Nel frattempo al suo avvocato d’ufficio ha già rigettato ogni accusa, negando di aver colpito la madre (che lo aveva raggiunto dall’India dieci mesi fa) e parlando di semplice malore. Ma i primi risultati degli accertamenti medici dicono che la donna è stata colpita; ci sono testimoni che affermano di aver spesso udito furiosi litigi provenire dal suo appartamento posto in centro a Polesine Parmense e, dettaglio non di poco conto, c’è anche il fatto che il 51enne avrebbe tentato di allontanarsi quando la madre era ormai in coma. Di questo e di altro dovrà risponderne ovviamente nelle sedi giudiziarie competenti.
Ad arrestarlo sono stati, dopo 36 ore di lavoro ininterrotto tra interrogatori, accertamenti e verifiche, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Parma che hanno dato esecuzione ad un decreto di fermo adottato dal Pubblico Ministero di Parma a carico del cittadino indiano, R. B. le sue iniziali, classe 1974, gravemente indiziato del delitto previsto di omicidio pluriaggravato a carico nientemeno che di sua madre G. K., di 70 anni. Al fermo dell’indiziato del delitto i carabinieri sono pervenuti dopo indagini serrate, condotte appunto per 36 ore di seguito -senza alcuna interruzione, neppure notturna- personalmente dal Pubblico Ministero di turno esterno, con il prezioso ausilio dei Carabinieri del Comando Provinciale di Parma e dei reparti territoriali (in particolare dei carabinieri di Polesine Zibello e della compagnia di Fidenza). Le indagini sono state avviate a seguito della comunicazione, da parte della Direzione Sanitaria dell’Asl di Parma (alle ore 18.30 circa del 4 agosto ), del decesso di una donna di Polesine Parmense a causa di “emorragia cerebrale con segni di traumatismo esterno”. A seguito di tale notizia il pm di turno esterno attivava immediatamente un articolato dispositivo investigativo, composto da personale della Stazione carabinieri di Polesine Zibello, del Nucleo Operativo carabinieri di Fidenza, e dal Nucleo Investigativo carabinieri di Parma.
Tutto il personale dell’Arma convergeva in Polesine Zibello, ove si recava personalmente il Sostituto Procuratore della Repubblica di Parma, che pertanto assumeva direttamente la direzione delle indagini. Tale strategia si palesava subito vincente, dal momento che consentiva di acquisire in sede notizie rilevanti, così colmando il gap di conoscenze che erano mancante nelle prime ore, posto che l’allarme per le condizioni di salute della donna era stato lanciato già alle ore 8:15 della mattina, allorquando un’ambulanza del 118 di Busseto -a richiesta di uno dei familiari della donna (risultato poi essere l’ indagato)- si era portata in Polesine Zibello, per prestare soccorso alla suddetta donna, colpita da un malore in casa secondo quanto riferito da chi aveva lanciato l’allarme. Dopo i primi soccorsi eseguiti dal personale sanitario del 118, vista la gravità dello stato di salute in cui versava la signora, sul posto giungeva, previa richiesta dell’infermiera componente l’equipaggio, l’eliambulanza di Parmasoccorso. A quel punto la paziente, ormai in coma, veniva trasportata presso l’Ospedale Maggiore di Parma, dove la stessa poi moriva nelle ore successive.
In occasione dell’intervento dell’equipe dei soccorritori non veniva allertata alcuna forza di polizia, e questo spiega il perché le indagini siano state avviate solo dopo la morte della donna. Le investigazioni -come detto condotte sul posto personalmente dal P.M. e dagli organi di Polizia Giudiziaria - iniziavano con la raccolta delle informazioni, rivelatesi preziose, da parte dei volontari dell’ambulanza, che possono essere così sintetizzate: giunti sul posto, venivano accolti dal figlio della donna, che esponeva le patologie della madre; - quest’ultima versava in condizioni critiche in quanto era in coma e presentava sul corpo alcuni segni riconducibili a traumatismi pregressi rispetto alle operazioni di soccorso; nel corso dell’intervento si verificava un litigio tra le persone presenti in casa, che arrivavano alle mani, al punto che un uomo cadeva in terra; uno dei presenti -che non parlava la lingua italiana- attraverso un conoscente collegato telefonicamente aveva rappresentato la necessità di richiedere l’intervento dei carabinieri in quanto la donna in stato comatoso era stata picchiata; Quanto al personale sanitario e parasanitario, come rimarcato anche dal Procuratore dottor Alfonso D’Avino, il loro contributo può essere così ricostruito: sul corpo della donna, erano visibili lividi (alla guancia sinistra e su entrambi gli arti superiori) nonché un occhio nero, oltre che un taglio; - alla richiesta sulle origini delle lesioni, il figlio della donna (attuale indagato), aveva rappresentato che la mamma era caduta circa due settimane prima; - in ospedale la degente era stata sottoposta a Tac, che aveva evidenziato una emorragia cerebrale sinistra, oltre ad un segno di avulsione dentaria. Da alcune persone abitanti in prossimità dell’abitazione della donna, si apprendeva di frequenti liti e di grida femminili di dolore provenire dalla casa, ormai ricorrenti da diverso tempo; inoltre, emergeva che da qualche mese, all’interno dell’abitazione, viveva la donna che era stata soccorsa e che conoscevano come madre del 51enne indiano, che lavora alle dipendenze di una azienda del territorio. Al fascicolo di indagine venivano acquisiti ulteriori elementi da cui è emerso un complesso quadro di conflittualità familiare tra l’indagato, da un lato (peraltro sovente incline al bere) e la sua convivente, dall’altro, con la madre dell’indagato (ovvero la vittima) che prendeva apertamente le parti della nuora, determinando con ciò le reazioni del figlio indagato. In questo complesso quadro familiare vanno collocati anche alcuni fratelli dell’indagato, a loro volta schierati a difesa della madre che, giunta in Italia da circa 10 mesi, aveva iniziato a convivere con il figlio R. B. in via Verdi, a Polesine.
Dal materiale dichiarativo raccolto è emerso dunque un quadro indiziario grave a carico dell’indagato, che avrebbe assunto, praticamente da subito, una condotta maltrattante ai danni della madre, consistita in aggressioni, percorre, violenze pressochè quotidiane, dovute generalmente all’abuso di sostanze alcoliche da parte dell’indagato, tanto che la donna (da sempre schieratasi in difesa della nuora, a sua volta vittima di soprusi) aveva manifestato l’aspirazione a tornare in India per timore di essere uccisa. L’ultima condotta violenta -da ritenersi all’origine del decesso- sarebbe avvenuta in data 2 agosto, quando l’indagato, per l’ennesima volta, avrebbe colpito in maniera violenta la madre al capo, cagionandole quelle lesioni che, a distanza di poco meno di due giorni, le avrebbero cagionato uno stato comatoso da cui era derivato il decesso della stessa. Le prime conferme alla ricostruzione operata nel decreto di fermo sono venute dal preliminare esame esterno del cadavere, dal quale è emerso un “quadro di natura traumatica, polidistrettuale, interessante prevalentemente l’emivolto sinistro” (compatibile con il colpo dato al capo dell’anziana donna, all’origine della emorragia dimostratasi poi letale), ma altresì interessanti gli arti superiori e gli arti inferiori, riconducibili all’azione di corpi contundenti, riferibili a momenti lesivi diversi. L’autopsia -che verrà eseguita a breve- consentirà di chiarire tutti i punti ancora suscettibili di approfondimenti dal punto di vista medico-legale. Lo stesso dicasi per le altre attività investigative già avviate e parallelamente da svolgersi. Il decreto di fermo è stato emesso per fronteggiare il pericolo di fuga dell’indagato che, immediatamente dopo il decesso della madre, per un verso ha cercato di sviare i soccorritori circa la natura del malore insorto nella madre, ed ha anche abbandonato prontamente l’abitazione, allontanandosi dalla provincia parmense per raggiungere un conoscente in zona (sembra nel Cremonese) distante dalla sua abitazione, al fine (evidentemente) di far perdere definitivamente le proprie tracce, così rendendosi di fatto irreperibile alle ricerche.
In definitiva a carico dell’indagato si ipotizza il delitto di omicidio, aggravato per essere stato commesso in occasione della commissione del delitto previsto dall’art. 572 c.p. (maltrattamenti, consistiti in abituali atti di violenza, fisica e verbale, di disprezzo ed umiliazione, così impostando i rapporti di convivenza familiare a criteri di sopruso, vessazione e sopraffazione e provocando, altresì, nella donna uno stato di costante timore per la propria incolumità) ed altresì, aggravato per essere stato commesso nei confronti dell’ascendente. L’indagato, con la richiesta di convalida del fermo da parte della Procura della Repubblica, sarà messo a disposizione del Gip, dinanzi al quale -in omaggio al principio della presunzione di innocenza potrà esporre tutti gli elementi a propria discolpa, dopodichè il Gip valuterà se convalidare o meno il fermo e, in ogni caso, se applicare o meno una misura cautelare. Nel frattempo, in attesa appunto dell’interrogatorio di garanzia, R.B. resta in cella e, come anticipato, l’uomo prima di trasferirsi nel parmense aveva vissuto e lavorato per diversi anni in provincia di Cremona.
Eremita del Po
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